Solennità Epifania, oggi l’omelia di Vescovo Lauro
«I Magi sono l’immagine degli uomini e delle donne che non si stancano di sognare, desiderare, cercare. Per questo sono capaci di gioire»
Il 6 gennaio, la Chiesa celebra la solennità dell’Epifania, con il racconto evangelico dell’incontro tra Gesù bambino e i Magi giunti dall’Oriente, guidati da una stella.
In cattedrale l’arcivescovo Lauro ha presieduto la S. Messa animata dalla Cappella musicale del Duomo e trasmessa in diretta streaming e TV.
«I Magi – ha sottolineato don Lauro nell’omelia, citando anche il poeta Turoldo – sono l’immagine degli uomini e delle donne che non si stancano di sognare, desiderare, cercare. Per questo sono capaci di gioire.
«Inoltre, non si lasciano fermare dai propri errori, in loro c’è la disponibilità a riprendere il cammino, ad aprirsi alle novità, a modificare i propri schemi e le proprie visioni.»
Una capacità essenziale, lascia intuire don Lauro commentando le parole del profeta Isaia, per contrastare un «mondo al buio», dove «il male non ha fantasia, è ripetitivo» e dove, invece, «sempre nuovo è l’Amore di Dio».
«All’opposto dei Magi – argomenta monsignor Tisi – troviamo Erode, i sacerdoti e gli scribi del tempio. Il primo è l’icona di tutti coloro che hanno come obiettivo della vita se stessi, le proprie performance, la cura della propria immagine. L’ossessione per sé non guarda in faccia a niente e a nessuno.»
Quanto a scribi e sacerdoti, essi per il vescovo di Trento sono la «plastica immagine di tante nostre comunità: come gli scribi hanno in mano la Parola e i Sacramenti, ma come loro non attendono più niente e nessuno, chiusi nei loro riti e nel loro tempio, nel lamento e nella recriminazione».
«Domandiamo – è l’auspicio di monsignor Tisi – per tutta la nostra Chiesa, in quest’anno giubilare, di lasciarci smuovere dalle stelle che troviamo dentro l’umano del nostro tempo segnato da uomini e donne resilienti, abitati dalla tenerezza e dal farsi prossimo.»
Per don Lauro la strada alternativa è segnata.
«Riconoscere che nulla ci manca, il Salvatore Gesù è in mezzo a noi.
«Di qui l’invito a passare dal lamentarci del mondo ad illuminarlo con la nostra testimonianza. Non senza lasciarsi sorprendere – conclude l’Arcivescovo – anche dalla testimonianza di tanti fratelli e sorelle migranti che stanno animando e rivitalizzando le nostre comunità.»