Il 2 maggio 1945 finiva, per l’Italia, la Seconda guerra mondiale
Che fine hanno fatto Rodolfo Graziani, Albert Kesselring, Rudolf Rahn e Karl Wolff?
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato il resoconto della fine di Benito Mussolini e dei gerarchi fascisti nei giorni dopo la proclamazione del 25 aprile.
La guerra, tuttavia, finì formalmente per l’Italia il successivo 2 maggio e i delitti, da entrambe le parti continuarono anche dopo.
Abbiamo già parlato di Herbert Kappler condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine e Walter Reder condannato all'ergastolo per la strage di Marzabotto.
Qui vogliamo ricordare la fine che hanno fatto quattro personaggi che ebbero un ruolo importante nella guerra civile italiana: il maresciallo Graziani e i tedeschi Kesselring, Rahn e Wolff.
Rodolfo Graziani
Rodolfo Graziani era nato a Filettino l’11 agosto 1882.
Venne impiegato nel Regio Esercito italiano durante la prima guerra mondiale.
Nel primo dopoguerra aderì al fascismo, divenendone una delle figure di spicco.
Ebbe responsabilità di comando durante le guerre coloniali italiane: nella riconquista della Libia (1921-1931), nella guerra d'Etiopia e successivamente nella repressione della guerriglia abissina (1936-1937).
Il suo ruolo in Libia e i suoi metodi brutali gli valsero il soprannome di «macellaio del Fezzan».
Per la conduzione della guerra in Etiopia, fu definito criminale di guerra dalla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra.
Durante la seconda guerra mondiale divenne comandante superiore e governatore generale nella Libia italiana subentrando nella carica a Italo Balbo.
Nella campagna del Nord Africa comandò l'esercito italiano durante l'invasione italiana dell'Egitto e l'operazione Compass, la quale portò ad una catastrofe militare segnata dalla sua totale disfatta strategica: le forze militari italiane, numericamente superiori di quattro volte a quelle britanniche ma inferiori in addestramento tattico e carenti in armamenti, veicoli, e unità di corpo, subirono una delle più grandi sconfitte della loro storia.
Graziani giustificò la sua posizione descrivendo lo scontro tra italiani e britannici come «lotta della pulce contro l'elefante», per poi chiedere l'esonero dal suo incarico. Mussolini lo sostituì, attribuendogli la piena responsabilità della sconfitta e aprendo un'inchiesta sul suo operato.
Dopo un periodo di ritiro accettò da Mussolini l'incarico, nell'allora constituendosi governo della Repubblica Sociale Italiana, di Ministro della difesa nazionale (dal 6 gennaio 1944 Ministero delle forze armate), che mantenne fino al crollo finale del 1945, prendendo parte alla lotta contro gli anglo-americani e nella repressione antipartigiana.
Nel dopoguerra, a causa dell'uso di gas tossici e dei bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa durante la guerra d'Etiopia, fu inserito dalla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra nella lista dei criminali di guerra su richiesta del governo etiope, ma non venne mai processato.
La richiesta di estradizione presentata dall'Etiopia fu negata dall'Italia nel 1949.
Fu invece processato e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo. Scontati solo quattro mesi fu scarcerato.
Aderì quindi al Movimento Sociale Italiano, del quale divenne presidente onorario.
Mori a Roma in tutta serenità l’11 gennaio 1955.
Feldmaresciallo Albert Konrad Kesselring
Albert Kesselring era nato a Marktsteft, in Baviera, il 30 novembre 1885.
Dopo aver prestato servizio in artiglieria durante la prima guerra mondiale, entrò a far parte della nuova Luftwaffe di cui fu uno dei principali organizzatori.
Durante la Seconda guerra mondiale comandò con notevole efficacia flotte aeree nel corso dell'invasione della Polonia, della campagna di Francia, della battaglia d'Inghilterra e dell'operazione Barbarossa. Durante queste campagne diresse una serie di incursioni aeree contro agglomerati urbani nemici.
Nel novembre del 1941 divenne comandante in capo tedesco dello scacchiere Sud ed ebbe il comando generale delle operazioni nel Mediterraneo, che comprendevano anche le operazioni in Nordafrica.
Mentre la collaborazione con il generale Erwin Rommel fu spesso difficile, nel complesso seppe mantenere buoni rapporti con i dirigenti politico-militari italiani.
Dall'estate del 1943, e soprattutto dopo l'8 settembre di quell'anno, assunse il comando supremo di tutte le forze tedesche in Italia e condusse la lunga campagna difensiva contro gli Alleati. Verso la fine della guerra, dal marzo 1945, comandò le forze germaniche sul fronte occidentale senza poter evitare la resa finale.
Kesselring mantenne il controllo dell'Italia occupata con grande durezza, represse il movimento di Resistenza e fu responsabile di numerosi crimini di guerra, sia contro i partigiani sia contro la popolazione civile.
Per questo fu processato dagli Alleati e condannato a morte, sentenza poi commutata in ergastolo per intervento del governo britannico.
Fu in seguito rilasciato nel 1952 senza aver mai rinnegato la sua lealtà ad Adolf Hitler.
Pubblicò in seguito le sue memorie intitolate «Soldat bis zum letzten Tag» ("Soldato fino all'ultimo giorno").
Morì in tutta serenità a Bad Nauheim il 16 luglio 1960.
Rudolf Rahn
Rudolf Rahn era nato a Ulm il 16 marzo 1900 e fu un diplomatico tedesco.
Prestò servizio durante la Repubblica di Weimar prima e per il Regime nazista poi. Fu plenipotenziario del Reich e ambasciatore presso il governo della Repubblica Sociale Italiana.
Ricevette l'incarico il 10 settembre 1943. Questo ruolo gli assegnava, nel territorio occupato italiano, «una posizione predominante, mentre il comandante militare del medesimo territorio aveva competenze limitate, vale a dire “meramente militari”»
Rahn riceveva direttive dal ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop. L'11 settembre dello stesso anno, in occasione dell'anniversario della firma del Patto Tripartito, Rudolf Rahn venne nominato anche ambasciatore del Reich presso la RSI.
Rahn ebbe un ruolo fondamentale anche nella costituzione del governo della RSI: fu lui infatti il 22 settembre 1943 a convincere il maresciallo Rodolfo Graziani ad accettare di diventare ministro della Guerra.
Nella Repubblica Sociale l'ambasciatore Rahn divenne di fatto il vero e proprio detentore del potere, contro il quale il governo italiano non era in grado di imporsi, anche grazie alla stretta collaborazione con il Governatore Militare Italiano Tedesco e Comandante supremo delle SS e della Polizia in Italia Karl Wolff.
Nei primi giorni di maggio del 1945 fu catturato dagli Alleati in Alto Adige.
Rahn comparve come testimone al processo di Norimberga e nell'immediato dopoguerra subì un processo di denazificazione.
Tornato alla vita civile fu anche direttore della Coca Cola tedesco-occidentale.
È autore del libro di memorie Ambasciatore di Hitler a Vichy e a Salò, pubblicato nel 1950.
Morì in tutta serenità Düsseldorf nel 1975.
Karl Friedrich Otto Wolff
Karl Wolff era nato a Darmstadt il 13 maggio 1900.
Si arruolò appena diciassettenne nell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale, raggiungendo il grado di capitano.
Nel 1931 Wolff si iscrisse al Partito nazista e nelle SS, trovandosi ben presto a capo dello stato maggiore generale di Himmler.
Nel 1939 venne anche nominato ufficiale di collegamento tra Himmler e Hitler.
Nel luglio del 1943 fu inviato da Himmler in Italia in qualità di governatore militare e di comandante supremo delle SS e della Polizia nel Nord Italia, con il compito di liberare Benito Mussolini, arrestato il 25 luglio 1943, e assumere il comando del territorio italiano.
Tra i suoi compiti principali rientrava la repressione della Resistenza italiana: i sospetti venivano internati nei campi di concentramento di Fossoli e di Bolzano per il successivo invio in Germania.
Già a partire dall'ottobre 1944 iniziò i contatti con i comandi partigiani per il possibile ritiro delle truppe tedesche dall'Italia; a tal proposito tra marzo e aprile 1945 s'incontrò con Allen Dulles, capo del servizio segreto statunitense, e con i generali Terence Airey, inglese, e Lyman Lemnitzer, statunitense.
Nell'aprile 1945 Wolff, all'insaputa di Hitler, negoziò la resa con gli Alleati di tutte le forze tedesche operanti in Italia.
Il generale Wolff era un nazista convinto e fedelissimo del Führer e il suo intervento fu dovuto essenzialmente a ragioni di carattere personale: tentava di evitare una condanna per crimini di guerra.
Infatti il generale, imprigionato alla fine della guerra fino al 1949, non venne incriminato nel processo di Norimberga proprio grazie all'interessamento di Dulles.
Appena scarcerato dagli alleati fu portato di fronte a un tribunale tedesco e condannato a quattro anni di prigione, ma in realtà vi trascorse una sola settimana, grazie all'appoggio dei dirigenti dell'OSS statunitense.
Nel 1962 venne nuovamente processato per aver preso parte alla deportazione di 300.000 ebrei verso il campo di Treblinka, e condannato a quindici anni di prigione.
Fu rilasciato dopo sei anni per motivi di salute.
Dopo la scarcerazione Wolff continuò a vivere in Germania Ovest.
Morì in tutta serenità il 17 luglio 1984 a Rosenheim.