I referendum sono stati un flop con vinti e vincitori

Schlein e Landini stanno provando a indorare la sconfitta, ma il verdetto è forte e chiaro

Una cosa è certa: i referendum abrogativi voluti dalle sinistre sono stati un flop.
L’affluenza al voto è stata complessivamente del 30,6%, ben lontana dal quorum previsto dalla legge del 50% più uno degli aventi diritto al voto.
E chi è andato a votare non è stato compatto: per i 5 quesiti sul lavoro, l’88,80% ha votato per l’abrogazione, il restante 11,20% ha votato contro. Come dire che in realtà ha votato per l’abrogazione solo il 27,17% degli aventi diritto.
Per il referendum sulla cittadinanza agli stranieri, il 64,87% di voti è stato a favore e il 35,13% contrario. I contrari dunque in questo caso sono stati ancora meno: il 19,85%.
 
Alcune considerazioni.
Molti propongono di raddoppiare il numero di firme per ottenere i referendum, che da 500.000 passerebbero a 1.000.000. Questa soluzione renderebbe più difficile la racconta di firme sufficienti, comportando il calo della possibilità di questi flop.
Per contro, qualcuno vuole togliere o modificare la soglia del quorum. La Costituzione ha previsto di dare voce al popolo, ma con giudizio. Quindi semmai va trovata un’altra soglia più ragionevole, purché abbia delle validità coerenti con la costituzione.
 
Noi ci siamo permessi di fare un volo pindarico.
Se volessimo ponderare il quorum alle ultime elezioni politiche, la cui affluenza è stata del 63,91%, i referendum sarebbero stati validi raggiungendo il 31,95% più 1. 
I referendum quindi non sarebbero passati comunque, in particolare quello sulla cittadinanza.
Non è un’ipotesi peregrina: il quorum potrebbe essere ponderato sulla media dell’affluenza al voto delle ultime 5 elezioni politiche.
 
Quanto alle dichiarazioni della Schlein «14 milioni di voti, più di quanti ne ha presi Meloni», anche qui è bene ricordare che non tutti i votanti hanno optato per il SÌ, ma solo il 27,7%. 
Quindi i suoi 14 milioni scenderebbero a 12.400.000, all’incirca quelli presi dal centrodestra nel 2022.
E, in tutti i casi, non è un paragone che regge.
 
Quanto a Landini, che ha denunciato «un’evidente crisi democratica», è bene ricordare che questa È la Democrazia. 
Inoltre afferma di non aver voluto fare dei referendum una leva politica... Ma se fa politica da quando è stata eletta la Meloni!
E, particolare non da poco, a chi gli chiede se si dimette, risponde: «E perché?».
Vive in un mondo a parte.

Comprendiamo che la democrazia porti con sé degli effetti indesiderati, complicando non poco la vita dei cittadini.
Ma non va neanche pensato lontanamente un ritorno al passato. È bene guardare al futuro. Che in questo caso si tratterebbe di un ritorno al futuro..
Ma siamo certi che il buonsenso potrà anche migliorare le cose.

GdM