Gli Italiani in piazza per dimostrare sul riarmo dell'Europa

Ma la questione sta nel manico: l’Unione Europea così com’è non va bene, va rifatta di sana pianta, a partire dalla Costituzione Europea

Anche a Trento si sono svolte oggi le manifestazioni a favore o contro il riarmamento dell’Europa e, nonostante il maltempo, sono scesi in piazza fra le 300 e le 400 persone.
In piazza Lodron si erano radunati i pro-Ucraina, collocabili nel centrosinistra per via della presenza della onorevole Sara Ferrari de PD.
In piazza D’Arogno si sono radunati quelli assolutamente contrari al riarmamento dell’Europa..
Inoltre, immancabilmente, c’erano i sostenitori di una Palestina libera.
Il gruppo antimilitarista è partito da piazza D'Arogno per sfilare nelle vie del centro scandendo i propri slogan.
I gruppi sono comunque stati separati da polizia e carabinieri in tenuta da sommossa, che però non sono dovuti intervenire.
Secondo gli osservatori, in piazza erano più i contrari all’Europa in genere di quelli che, al contrario, vogliono un’Europa forte.
È bene precisare però che una dimostrazione di piazza non va presa come un sondaggio, quindi non si può dire che a Trento ci siano più europeisti o più disfattisti.
 
Ciò premesso, esprimiamo il nostro modo di vedere le cose per l’Europa.
L’Unione Europea è stato il sogno che la generazione del dopoguerra ha coltivato per decenni.
È stata «inventata» da tre grandi uomini di stato - Degasperi, Schumann e Adenauer - che, dopo due guerre mondiali che sono costate 60 milioni di morti, l’unico modo per impedire altri conflitti era quella di fondare una Unione Europea.
I principi fondamentali per raggiungere lo scopo erano tre: la cancellazione dei confini, la moneta unica e l’esercito comune.
I primi due, come si sa, siamo riusciti a raggiungerli. Il progetto di un esercito comune fu fermato dai francesi (e in particolare da De Gaulle) che volevano ricostruire la grandeur francese.
La mancanza di quest’ultimo scalino è emersa in tutta la sua dura realtà allo scoppio del conflitto Russo Ucraino e, ancor di più, con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.
 
In questo frangente l’Europa si è accorta non solo di non disporre di una forza militare propria, ma anche di non aver un leader europeo in grado di parlare a nome di tutti gli Stati.
Se Putin avesse voluto trattare con l’Unione Europea, con chi avrebbe dovuto parlare? Di certo non con Ursula von der Leyen.
E così Putin e Trump stanno trattando la sorte dell’Ucraina sena neanche prendere in considerazione l’Unione Europea che si trova proprio in mezzo tra Russia e USA.
A questo punto, la decisione di investire 800 miliardi per aumentare le difese dell’Unione a spese dei singoli stati risulta ridicola.
Sappiamo che per costruire un esercito europeo ci vorranno cinque o forse dieci anni, come del resto sono stati necessari anni per l’accordo di Schengen e per l’introduzione dell’Euro.
Ma se mai cominciamo, mai lo raggiungiamo.
 
Aumentare la potenza dei singoli stati della UE ha tre contro indicazioni abissali.
La prima è che se tutto rimane come adesso con 27 singoli eserciti, per quanto potenti, non sono paragonabili agli armamenti di Russia, USA, Cina, e così via. E coordinarli in un teatro di guerra è praticamente impossibile.
La seconda è che far rinforzare le singole forze armate alimenta gli spiriti nazionali, quando invece si deve puntare sulla diffusione di una mentalità federale.
La terza è che non si può «autorizzare» i singoli Paesi a sbordare dai bilanci scorporando i bilanci per la difesa. Comunque la si voglia vedere, si ratta di fare debiti e, visto che la civiltà europea convoglia la maggior parte delle proprie risorse nel sistema sociale, sarebbe devastante.
La von der Layen doveva quantomeno mettere in diedi un meccanismo come quello attivato per il PNRR: indebitarsi per conto dei suoi stati. E iniziare a pensare a un esercito europeo, capace negli anni ad assorbire gran parte di quelli dei singoli Paesi.

No, vista così, non si può dare torto a chi non vuole aumentare le spese per le armi e neanche a quelli che vedono nell’Europa un ostacolo al punto di volerne uscire.
Ma visto che noi l’Europa l’abbiamo voluta e in gran parte anche costruita, dobbiamo prendere la tovaglia per i quattro angoli e gettare tutto dalla finestra per ripartire daccapo.
Anzitutto vanno rifatte le istituzioni. Parlamento, Commissione Europea, Consiglio Europeo, Eurogruppo e tutto il resto.
Non è possibile che il Parlamento Europeo non sia in grado di legiferare, che i vari esecutivi debbano raccordarsi tra loro, che ci voglia l’unanimità di 27 stati, che uno stato possa decidere di lasciare l’Unione (come ha fatto la Gran Bretagna).
Quindi si deve partire dalle basi: va fatta una Costituzione europea. Sono stati fatti alcuni tentativi in tal senso, tutti abortiti.
Ma non si più attendere. Se non partiamo con la Costituzione Europea che stabilisca le regole del gioco e soprattutto la sovranità sui componenti della UE non si riuscirà a fare nulla.
Finché non ci sarà una Costituzione firmata da tutti gli stati, l’Unione Europea resterà una fabbrica di intenzioni destinate a lastricare l’inferno.

GdM