El Camino de la Vera Cruz/ 3 – Di Elena Casagrande
Anche nell’era del GPS una tappa facile può diventare un incubo. Ma a Illueca, il paese del Papa Luna, ricevo un’inaspettata carezza che mi calma e incoraggia

Il paese di Talamantes.
Link alla puntata precedente.
Quando «qualcuno» si impunta non c’è verso di smuoverlo
«Penso
che stiamo facendo il giro dell’oca. Guarda il mio GPS!» – sillabo
sottovoce a Matteo, che è al telefono. Lui, di tutta riposta, continua
con la sua riunione, facendomi segno di tacere.
Ad un certo punto,
però, sbotto: «Leggi le indicazioni di questo cartello. Noi non dovevamo
prendere il GR 90. Avremmo dovuto essere a Trasobares e non qui» - gli
rispondo.
Ed è in quel momento che, confrontando le località del
tabellone col suo GPS (dato che - a suo dire – il mio funziona male…),
finalmente si convince che siamo fuori dal cammino. A questo punto
decido di «guidare» io fino a Talamantes. Sto «fumando» dal nervoso.
L’unica è sfogarmi facendo i 6 km all’ora.
Dubbi nel Parco Naturale del Moncayo.
Arrivando tardi niente giretto turistico nel paesino di Tierga
Tutto
da rifare. Ed è così che, in cammino, le tappe facili sulla carta
diventano le più difficili. Ma non cederemo mai alle «app» (tipo quella
della Francigena) che suonano se sbagli strada: tanti pellegrini
guardano il cellulare tutto il tempo. Meglio perdersi in questi
paesaggi, tra il giallo-argento delle montagne brulle, il ruggine di
alcune coste ed il verde delle macchie di pini e degli alberi lungo il
fiume Isuela. Arriviamo a Tierga giusto per la cena. Dormiamo dalla
signora Esther che ci cucina «revuelto de gambas y hongos» (uova
strapazzate con gamberi e funghi) e «pluma de iberico con patatas»
(piuma di maiale con patate). Per fortuna è estate e il bucato dei
nostri vestiti si asciugherà lo stesso, anche se lo facciamo alle 9 di
sera. Forse, adesso, potrò respirare e sistemare lo zaino, il mio
piccolo mondo.
I segnali di Talamantes.
Le miniere di ferro della zona erano collegate già dall’antichità alla rete viaria romana
Non
sappiamo ancora quale sarà la meta di oggi, perché non si riesce a
trovare nessun alloggio dopo la cittadina di Illueca e noi non vogliamo
fermarci lì: troppo pochi km… dovremmo farne di più! Ma agosto è il mese
delle «fiestas» (sagre)
e gli hotel sono prenotati da tempo. Ci mettiamo in marcia con questo
pensiero. Da Tierga passava la strada romana che da Zaragoza (la romana
Caesaraugusta) andava a Tarazona (Turiaso) diretta ad Astorga (Asturica
Augusta). Ancora oggi sono visibili dei tratti lastricati, oltre a
diramazioni minori verso i paesi vicini. Sorge il sole e lo spettacolo
dei mandorli e degli olivi baciati dall’aurora ripaga dello sforzo.
Lungo il sentiero ciuffi di timo e «romero» (rosmarino) selvatici. Tierga era un importante centro «minero» (minerario), batteva moneta ed era servita da molte vie di comunicazione.
Lasciando Tierga.
I paesani ci avvertono che sarà difficile trovare da dormire in periodo di sagre
Attraversata
la zona montuosa delle miniere di ferro, finalmente si riesce a
scorgere Illueca. Al Caffè Aloha Teo telefona a qualche «casa rural»
(agritur), alla ricerca di un pernotto: tutto «completo» (occupato).
«L’unica è tentare all’Ufficio del Turismo, sotto il Palazzo della famiglia Martínez Luna» – ci dice la barista.
La signora Dori è gentilissima. Fa mille telefonate ma non trova niente, né a Viver de la Sierra, né ad Aniñon.
«Sempreché non vogliate dormire nel rifugio dei cacciatori, nel bosco, che ha delle panche ed un lavabo».
Al che io, guardando Teo perplessa, scuoto la testa e gli dico: «A questo punto fermiamoci qui».
Chiediamo se sia operativa l’«hospederia» (foresteria) del «palazzo papale».
«L’hotel ha aperto da poco: provate!» – ci risponde.
Il Palazzo del Papa Luna a Illueca.
Illueca diede i natali all’Antipapa Benedetto XIII, ma per tutti lui qui è il Papa Luna
La
stanza c’è! La prenotiamo, molliamo gli zaini in reception e poi
iniziamo la visita guidata alla parte museale del «Palacio». Qui nacque
Pedro Martínez de Luna, figlio di una delle famiglie più potenti di
Aragona. Laureatosi in giurisprudenza e diritto canonico a Montpellier,
fu nominato cardinale nel 1375 da Papa Gregorio XI. Convintosi che il
successore di quest’ultimo, Papa Urbano VI, fosse stato eletto
illegittimamente, lo abbandonò e partecipò all’elezione dell’antipapa
Clemente VII. A quest’ultimo successe lui, col nome di Benedetto XIII,
grazie ai voti dell’obbedienza avignonese, durante il Grande Scisma
d’Occidente. Nonostante la scomunica rimase sempre dell’idea di essere
il vero Papa e, sul letto di morte, disse ancora una volta: «Sum Papa»
(sono il Papa). A Illueca è conservata una ricostruzione della sua
testa. Il teschio, infatti, è l’unica parte superstite del corpo
dell’Antipapa, recuperato dagli abitanti, dal fiume Aranda, dopo la
profanazione delle truppe francesi durante la guerra di successione.
La ricostruzione della testa di Benedetto XIII.
In questo angolo di Aragona, Teo cerca un cappello e ricevo una sorpresa inaspettata
Dopo
la Messa nella vicina Iglesia di San Juan Bautista (Chiesa di S.
Giovanni Battista) Teo va per negozi, alla ricerca di un cappello, visto
che ha perso il suo. Il paese è noto per le scarpe e gli accessori:
tutti vengono a fare acquisti, ma Teo non trova nulla di «tecnico» e si
deve accontentare della paglia. Io, intanto, mi fermo alla pasticceria
dove Canal Sur Andalucia trasmette le corride. La proprietaria sa che
sono italiana. Si avvicina e mi parla del Friuli, che ha visitato grazie
a degli amici italiani che vivono qui.
«E di dove sono i suoi amici?» – le domando.
«Di Maniago.» – mi risponde.
«Ma sa che mia nonna era di Maniago? Abbiamo ancora casa lì» – le sussurro, sbiancando!
Lei tace e mi sorride. Per me, questa, è un saluto della nonna, la mia «anima gemella».
I
Teo alla ricerca di un cappello.
Nel Castillo-Palacio del Papa Luna l’hotel è molto curato e il personale si fa in quattro
Mentre
racconto a Teo di Maniago, bussano alla porta. È la ragazza del
personale con 4 contenitori in alluminio. Domani non faremo la
colazione, dato che partiremo molto presto e l’hotel si è offerto di
prepararcela da asporto. C’è di tutto: succhi, girelle alla cannella,
donuts, frutta, affettati, formaggi con noci e cubetti di «membrillo»
(cotognata), pane e pure il pomodoro «rallado» (tritato).
«Mai visto un cestino da viaggio del genere!» – commento, mentre sistemo e compatto il tutto.
Nonostante
gli sforzi, però, mi tocca riempire una borsa esterna ed ancorarla allo
zaino di Teo: impossibile stivare all’interno tutta questa roba.
Teo con la borsa delle vivande.
A Viver de la Sierra troviamo processione, banda, fiesta, i «pinxtos» e le ciliegie
È
ancora buio pesto quando lasciamo la stanza, diretti a Viver de la
Sierra, lungo la Ruta del Papa Luna. In paese c’è la processione di San
Cristoforo e San Barnaba. I santi sono decorati con fiori e con pagnotte
incellofanate. Per l’occasione è aperto il circolo culturale del paese.
Vende «pinxtos» (stuzzichini) appena fritti. Un villeggiante,
incuriosito dai nostri zaini, ci chiede se siamo pellegrini e ci indica
il «mojón» del Cammino della Vera Croce, all’uscita del paese. È lì che
troviamo degli alberi ancora pieni di ciliegie: non sono state raccolte.
Viver è famosa per i ciliegi e, in primavera, molti salgono qui per la
fioritura. A noi sembra di essere nel paese di Bengodi. Ne mangiamo a
piene mani…sembriamo dei bimbi! Nessuna voglia di riprendere a
camminare, ma poi bisogna.
La fiesta a Viver de la Sierra.
Si pregusta l’arte mudéjar già nei piccoli centri come a Torralba de Ribota
Ci
tocca salire ancora. Stavolta verso il parco eolico dell’Enel.
Dall’alto la Sierra e i campi di Torralba e Aniñon si stendono davanti a
noi, come un foulard. Manca ancora un po’ a Catalayud. Torralba de
Ribota ha una splendida chiesa mudéjar. «Mudéjar» erano detti sia il
mussulmano rimasto a vivere in Spagna dopo la Riconquista, in cambio del
pagamento di un tributo, sia lo stile artistico che si sviluppò in zona
tra il XII ed il XVII secolo, combinando elementi cristiani a decori
«islamici», per lo più geometrici, creati accostando mattoni rossi,
ceramiche colorate, legni e gessi. Il Mudéjar di Aragona, con le alte
torri delle sue chiese, è Patrimonio Unesco dell’Umanità. In paese non
gira nessuno. I 4 dell’Ave Maria che incontriamo sono al chiosco della
piscina. Non parlano con noi, nonostante li salutiamo: preferiscono
starsene al bancone, guardandoci di sottecchi.
Elena Casagrande – [email protected]
(La quarta puntata sarà pubblicata mercoledì 2 luglio 2025)
Torralba de Ribota.