«A condizioni insopportabili non si lavora!»
Il monito di CUB Trento SBM che cita le condizioni dettate dalla medicina
Con il caldo eccessivo i lavoratori rischiano effetti classificati come non letali (crampi, malessere e affaticamento) fino a quelli potenzialmente mortali (colpo di calore).
Nonostante il succedersi climatico di sempre più gravi «ondate di calore», da una parte le aziende continuano l’attività lavorativa a vantaggio del profitto ma a danno delle condizioni di lavoro e finanche della vita umana, dall’altra parte il governo rifiuta ogni responsabilità delegando alle istituzioni locali ogni eventuale provvedimento (comunque parziale).
Il rischio «alte temperature» va gestito e prevenuto a partire dall’organizzazione sul luogo di lavoro, non solo usando le norme di legge generali a tutela della salute (specialmente laddove risultano inapplicate). È indispensabile «arrivare il giorno prima e non il giorno dopo», un principio questo che è a fondamento dell’azione sindacale.
Secondo i manuali classici della medicina del lavoro le attività lavorative debbono rientrare in un intervallo che va da un massimo accettabile di 32°C per lavori leggeri a un massimo di 26.5°C per lavoratori che eseguono lavori pesanti.
In Italia le morti sul lavoro hanno una cadenza quotidiana: mediamente, ogni giorno muoiono tre lavoratori. Tra i tanti fattori di rischi ve n’è uno potenzialmente mortale ma di fatto sottovalutato: le alte temperature.
Solo apparentemente si tratta di un rischio «naturale», in realtà è un rischio strettamente connesso all’organizzazione del lavoro (alti carichi e ritmi, orari lunghi e massacranti, poca o nulla areazione, mancanza di acqua in quantità adeguata…).
Tra i lavoratori più esposti ci sono senz’altro quelli impiegati all’esterno: in agricoltura, nell’edilizia, nell’asfaltatura delle strade, nelle consegne in bicicletta; ma anche gli operai a contatto con fonti di calore o costretti in ambienti non climatizzati.
Le ordinanze provinciali di sospensione dei lavori all’esterno tra le 12,00 e le 16,00 vanno strappate e appoggiate, ma a condizione che le ore non lavorate siano coperte dalla cassa integrazione pagata al 100% e non recuperate dalle 16,00 in avanti. Altrimenti chi non può rientrare a casa nella pausa, perché abita troppo lontano, deve mettere a disposizione l’intera giornata per guadagnare lo stesso salario.
Come indicazione utile per tutti, va tenuto presente quanto previsto dalla legislazione vigente, in particolare i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato come da art. 44 D.Lgs. 81/2008: per garantire la prevenzione della salute e il rispetto della sicurezza, si può e si deve richiedere l’adozione immediata ed efficace di ogni misura necessaria a difesa dei lavoratori. In caso contrario, lavoratrici e lavoratori senza ulteriore comunicazione possono attuare ogni azione adeguata a difesa della incolumità come iniziativa sindacale anche con astensione da lavoro, la quale non dipendendo da loro responsabilità dovrà comunque essere retribuita dall’azienda.