Mascherarsi, perché? – Di Giuseppe Maiolo, psicanalista
I latini dicevano che almeno una volta all’anno era lecito impazzire...
Carnevale è sinonimo di maschera. Perché il mascherarsi è un gioco antico, anzi un rito, che viene da lontano e consente di dare spazio alla propria fantasia e liberare le parti represse.
Per questo i latini dicevano che almeno una volta all’anno era lecito impazzire.
Il carnevale ha rappresentato da sempre una sorta di valvola di sfogo collettivo perché consentiva ad ognuno di fare o dire ciò che non poteva essere detto o fatto nel corso dell'anno.
Mascherarsi o travestirsi così ha finito per assumere il valore di rappresentare i possibili volti nascosti nell'anima, il proprio io nascosto, l'altro che è in noi.
Un modo per far affiorare gli aspetti interni, quelli che generalmente si tengono nascosti anche a se stessi perché meno lucenti, forse satanici, comunque normalmente da esorcizzare.
Non a caso tra le maschere più comuni vi sono i diavoli, gli orchi, le streghe o figure mostruose e dagli aspetti inquietanti.
Caricature di cartapesta e abiti che danno spazio ad un immaginario collettivo di creature oscure e spaventose così come di bianchi fantasmi che immagini indefinite.
Indossare una maschera così vuol dire esprimere un aspetto che ci portiamo dentro ma anche, allo stesso tempo, provare ad espellerlo.
Nella baraonda dei giorni di carnevale, forse ne abbiamo perso consapevolezza e il gioco esibizionistico del mascheramento sembra solo una orgia ludica collettiva.
In realtà senza che ci si renda conto esprime, più di quanto non si pensi, quell’universo interiore che appartiene a tutti.
Per questo nei carnevali dei paesi nordici, anche adesso, la scelta di un mascheramento è un atto impegnativo, meditato, per nulla casuale.
Solo in apparenza, poi, la maschera nasconde.
Di certo copre il volto, ma allo stesso tempo afferma e indica quel Sé difficile da comunicare, inespresso e inesprimibile.
Rivela tratti inferiori, elementi inconsci a volte poco accettabili che solo nello spazio limitato di una festa è possibile vedere e mostrare.
Chi indossa una maschera, che si dipinge il volto o si traveste nei giorni di carnevale non modifica la propria personalità ma almeno prova a sperimentare una possibile trasformazione e si consente almeno per qualche ora, confuso nel delirio comune, di uscire da un ruolo, di evadere da una divisa e allentare quella corazza sociale e mentale in cui spesso ci si trova ingessati.
Giuseppe Maiolo
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Prof. Giuseppe Maiolo, psicoanalista
Docente di Educazione alla sessualità all'Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione.