TrentinoBookFestival di Caldonazzo, sabato 17 giugno 2017
Antonella Beccaria, Davide Rondoni e Antonello Dose nella 3ª serata della 7ª edizione
Il «caso Egitto», una dittatura sanguinosa
Giovane, aperto al mondo, ricercatore con delle proprie idee. Facile per tanti immedesimarsi in Giulio Regeni.
Un racconto di violenza, quello di Antonella Beccaria, giornalista de Il Fatto Quotidiano, che ha richiamato sabato sera tante persone alla Casa della cultura di Caldonazzo durante il Trentino Book Festival.
Ahimè il suo «Morire al Cairo» non è un romanzo, perché la violenza si riassume anche in freddi numeri: 1400 casi di violenza, 1.700 persone condannate a morte, 150 casi di persone scomparse solo a febbraio 2016 e nello stesso mese 85 torturati e 50 morti fra i detenuti.
All’incontro è intervenuto anche il ricercatore Lorenzo Ferrari, che ha sottolineato come «non ci sia un caso individuale Regeni, ma si debba parlare di un «caso Egitto».
L’uccisione di Giulio Regeni non è stato un incidente, ma rientra in un sistema di ricatti incrociati dove ognuno ha degli scheletri nell’armadio».
Li ha la Francia, con Hollande che è andato in Egitto in missione con gli imprenditori transalpini senza chiedere nulla del cittadino francese residente in Egitto Eric Lang torturato nel 2013 e morto dopo 13 giorni in cella.
Ma li ha anche l’Università di Cambridge, che ha mandato Regeni in Egitto e ora non vuole «sporcare» la propria reputazione.
«Regeni è un ricercatore – spiega Gaspare Nevola, professore di scienza politica all’Università di Trento – che è morto per delle idee. Su di lui si è riversato il male.»
Beccaria invita quindi a non attenersi alle versioni ufficiali.
«Nel libro, scritto assieme a Gigi Marcucci, abbiamo cercato di raccontare storie di altri Regeni.»
Tra i quali Davide Romagnoni, leader del gruppo musicale «Vallanzaska», incarcerato per aver fotografato un aereo al decollo.
Decidere di uscire dallo stato di preoccupazione della malattia
Antonello Dose ha portato sabato sera in Corte Trapp al TrentinoBookFestival oltre 500 persone ad ascoltare la sua «Rivoluzione del coniglio».
Friulano, papà ex seminarista presidente dell’Azione Cattolica del suo paese, ha raccontato la serie delle rivelazioni fatte ai genitori.
Dal voler fare l’attore, alla pratica buddista, all’omosessualità fino alla scoperta di essere sieropositivo.
«Hanno un po’ di paura – scherza il conduttore del Ruggito del Coniglio – quando dico che vorrei confidare qualcosa.»
«La rivoluzione del coniglio» sono tanti libri in un libro, molte storie che sono state ripercorse da Carlo Martinelli e dalle letture di Layla Betti accompagnata all’arpa da Lorena Coser.
In un capitolo ad esempio si parla di uno dei buddisti più famosi d’Italia, Roberto Baggio.
Forse il più talentuoso calciatore italiano di sempre che seppe anche andare oltre la ferita di quel rigore mandato sopra la traversa in finale a Usa 1994.
Dose ha parlato anche di malattia, sottolineando l’importanza di «decidere di uscire dallo stato di preoccupazione che genera la malattia. L’inferno vero del malato sono le persone che stanno attorno a lui».
Un compagno di Dose decise per amore di passare dalla specializzazione in sistema nervoso centrale alla virologia e Antonello ha potuto beneficiare di cure più all’avanguardia provate negli Stati Uniti.
Agli Stati Uniti dedicati anche altri passaggi del libro, tra i quali la visita al museo della bomba atomica di Los Alamos, «dove mi ha impressionato il fatto che non ci fosse nemmeno una foto di una vittima».
Serata d’estate animata anche dai rintocchi della vicina chiesa intitolata a San Sisto secondo. Dose vorrebbe una «Nazioni Unite delle religioni, con nessuna fede che si sente superiore alle altre».
La solitudine è vinta dall’amicizia e dall’amore, non dalla comunicazione
Davide Rondoni, che si definisce un «cattolico anarchico di rito romagnolo», porta al Tbf nel giardino del Blue Coffee «La natura del bastardo».
«Non è un libro autobiografico – scherza – ma descrive la naturalezza come esito del lavoro. La purezza non esiste».
Ascoltando Rondoni si associano facilmente routine e accadimenti della quotidiana.
«In una vita reificata oggi siamo un esercito di dati».
Maddalena Bertolini legge le liriche di Rondoni, che tra un sigaro ed un sorso di succo di mela offre tantissimi spunti, dialogando anche con Dacia Maraini che lo ascolta dalla prima fila.
«Dacia – le dice – io non riesco a scrivere come voglio, penso nemmeno tu.»
La poesia diventa un sovvertimento del pensiero in un momento nel quale «beviamo tutti le tisane, cosa che 10 anni fa non avremmo mai fatto. Siamo affamati di vita naturale perché sentiamo di essere stati per un po’ fuori casa».
Rondoni schifa il «cosare l’uomo», ma anche, e giustamente, il fatto che l’arte in certi casi venga descritta come unico frutto dell’intelligenza combinatoria. «Pensare che il computer faccia arte fa fuori la nascita, che è vista come un atto scandaloso».
La tremenda dimensione della solitudine, quella dell’«uomo monade», «è la fine della comunità. Perché, anche per morire, bisogna avere un contratto con il notaio?».
In questo «divide et impera» sono amicizia ed amore che vincono la solitudine. Con l’amore che è più forte della morte, come dimostra la telefonata di Gloria da Londra per ringraziare la madre mentre sta bruciando all’interno del palazzo.
Rondoni mette un campanello d’allarme anche per la scuola: «i ragazzi dai 6 ai 19 anni ormai leggono solo ciò che sono costretti a leggere».
Il poeta romagnolo conclude con una proposta.
«Perché non dedicare tutta l’edizione 2019 del TrentinoBookFestival all’Infinito di Leopardi?»
E il naufragar m’è dolce in questo… lago :-)