73ª Mostra dei vini del Trentino: Il grido di dolore di Giacomoni

La qualità è ottima, i prezzi sono troppo bassi. Ma c'è poco da festeggiare Dal 15 al 18 maggio, al Teatro Sociale e a Palazzo Roccabruna

È stata presentata alla stampa la 73ª Mostra dei vini del Trentino, la cui inaugurazione è prevista per le ore 18 di venerdì 15 maggio al Teatro Sociale i Trento, dove sarà ospitata - insieme a palazzo Roccabruna - fino al 18 maggio. Le aziende presenti saranno 60. I vini e i distillati in degustazione saranno 243. Gli appuntamenti a tema saranno 18.
Per la prima volta nella sua storia, però, la Mostra è stata presentata in un clima di forte pessimismo dovuto a una crisi mondiale che sembra vanificare gli sforzi, i sacrifici e i successi di una vita intera, e con uno scenario in prospettiva che sembra disegnato da Munch.
«L'anno scorso la crisi la vedevamo all'orizzonte. - Ha esordito Roberto Giacomoni, presidente del Consorzio vini del Trentino. - Adesso ci siamo dentro in pieno. Il vino sfuso non si riesce più a vendere. Il mercato al consumo cerca solo vini di prezzo basso. I tradizionali mercati del Trentino sono praticamente fermi e quelli fuori dall'area euro, a causa del cambio sfavorevole, sono scomparsi.»



Giacomoni (a destra nella foto) chiede sostegno a tutti, dalla stampa all'ente pubblico, ma soprattutto ai consumatori.
«Mai come quest'anno il rapporto prezzo qualità è così favorevole per i consumatori. - ha ricordato ai giornalisti affinché amplifichino il concetto. - Con la crisi che c'è non si deve cercare il vino che costa la metà dello scorso anno, perché a parità di prezzo oggi si può avere del vino di grande qualità.»
Facciamolo dunque questo passo di qualità, dato che non costa un solo centesimo in più. Poi, quando i prezzi torneranno a salire, magari potremmo permetterci di mantenere il nuovo standard.
«Le difficoltà che incontrano i nostri agricoltori in questo momento sono perfettamente immaginabili, - prosegue Giacomoni. - Se solo proviamo a pensare che il 60% delle oltre 1.600 aziende agricole possiede meno di un ettaro.»
Se in Trentino un ettaro che produceva uva di qualità poteva rendere anche 20.000 euro all'anno, adesso si parla ci possibili cifre dimezzate. Di fatto è dunque una svalutazione generalizzata un po' di tutti i fondi agricoli trentini.
«Ci pare che sia giunto il momento di recuperare i principi che avevano ispirato i padri fondatori della cooperazione in Trentino» è l'amara considerazione di Giacomoni.

Ma i guai stanno per venire anche dall'Unione Europea. Nel 2012 le «quote» scompariranno. Forse l'uomo della strada non si rende conto di che cosa significhi. Oggi come oggi, non si possono più piantare nuove viti. Per farlo, quindi, bisogna acquisire le cosiddette «quote» da chi ha intenzione di cederle, cioè da agricoltori che hanno deciso di venderle per cessata attività vinicola.
Le quote hanno un vero e proprio prezzo di mercato, e possono essere acquisite in qualsiasi parte dell'Europa e non solo nella zona dove interessa piantare nuove viti.
Il principio è che la produzione agricola deve essere regolamentata per evitare dannosi eccessi o cali di produzione, ma in buona sostanza servono per evitare di inflazionale il prodotto e quindi il suo prezzo. Evidentemente qualcuno ha visto in questo un limite alla liberalizzazione del mercato e ha pensato cene di far saltare il sistema, cosa che avverrà puntualmente fra tre anni.
Nel 2012 chiunque potrà piantare viti a piene mani. Il prezzo del vino, come si può immaginare, crollerà. Ma il vantaggio per i consumatori sarà un po' come la vittoria di Pirro, perché un'antica legge economica detta che «il vino scadente scaccia quello buono». Questo perché il prezzo basso non consentirà spazio alle produzioni di eccellenza. E allora che senso avrebbe far crollare il prezzo se poi ci sarà solo vino di scarsa qualità?
«È una fortuna che le quote non siano state liberalizzate adesso - commenta amaramente Giacomoni. - Crisi su crisi, a questo punto il Trentino potrebbe chiudere con la produzione del vino.»

Un aspetto, quello delle quote che andranno a sparire, che va inquadrato anche in chiave aziendalistica. Chi le ha acquistate ha buttato via i soldi e chi non le ha ancora vendute ormai non troverà più dove piazzarle.
Ma dal punto di vista contabile il ragionamento è ancora più impietoso. Si provi a pensare a chi ha delle quote a bilancio. Come aggiustarlo contabilmente, dato che sono a tutti gli effetti delle immobilizzazioni immateriali? Dovrà azzerare il conto con la motivazione di «insussistenza attiva» o «sopravvenienza passiva», con le conseguenze che non vogliamo neanche accennare.
Francamente in questi momenti ci è difficile comprendere quali siano i principi ai quali si orientano i nostri governanti della Comunità Europea.
Una trentina d'anni fa l'illustre collega Paolo de Domenico, scomparso ormai da anni, aveva scritto il libro «Europei senza Europa», il cui titolo era significativo del momento storico che si stava attraversando. Oggi, probabilmente, ne scriverebbe un altro intitolato «Europa senza Europei».

Beh, consoliamoci almeno con gli eccellenti vini trentini, anche dopo i quattro giorni della Mostra.