Un V-Day per denunciare il miliardo di donne vittime di violenza
Ma si dimentica che ognuna di loro ha diritto alla Giustizia – L'angoscia di una donna trentina brutalizzata che si sente sola, dimenticata e abbandonata
Oggi è il «V-Day», giornata stabilita per ricordare che in tutto il mondo un miliardo di donne ha subito almeno una volta violenza da parte di un uomo. Anche il Trentino si è mobilitato per aderire all’iniziativa, come si può vedere leggendo il nostro servizio.
È sempre bello vedere che l’intera umanità si mobilita quando si tratta di sostenere valori di civiltà e di cultura. Così come è bello vedere che le autorità si impegnano in prima persona per testimoniare che le Istituzioni si mobilitano in tal senso.
Eppure sono i singoli casi che fanno cronaca, quelli che vengono troppo presto dimenticati anche se rappresentano la sofferenza autentica, quella vera di donne che sono state oggetto di violenza brutale.
Un anno fa avevamo pubblicato la triste storia (vedi servizio) di una donna trentina che ospitava il compagno nella sua abitazione. In seguito a una lite, per paradosso definita familiare, la donna era stata massacrata di botte dal suo uomo al punto di dover essere portata al pronto soccorso di Trento.
Non era stata una cosa da poco. Allora avevamo scritto che la prognosi era stata di 45 giorni, oggi sappiamo che è guarita solo dopo 85 giorni. Una vita.
Ovviamente sono volate denunce ed è partito il processo.
Dopo l’udienza preliminare - avvenuta lo scorso novembre - il processo si è arenato. La prima udienza, fissata per gennaio, è saltata per sciopero degli avvocati. Una seconda udienza fissata per fine gennaio è stata rinviata senza una data precisa.
La donna, non trovando risposte concretre, è venuta da noi per lamentare come la sua disavventura sembri non importare a nessuno.
Ci ha ricordato che la storia non è fatta solo di grandi manifestazioni come quelle che abbiamo descritto oggi, ma di un insieme inaccettabile di tante sofferenze individuali. Troppo spesso dimenticate.
Mentre migliaia di parole si perdono nel vento delle buone intenzioni, le grida di dolore rimangono nella sola sofferenza delle singole sventurate.
La donna in questione chiede solo che venga celebrato il processo.
Non le importa come andrà a finire. Avrà giustizia? Il violento verrà assolto? Ininfluente.
Ciò che chiede è di non essere dimenticata: dopo un anno ha diritto di sapere se un giorno potrà essere dichiarata vittima oppure di aver finto di essere stata brutalizzata.
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (vedi servizio di allora), avevamo elogiato il procuratore Amato per aver pronunciato le parole più importanti della conferenza.
L’unico modo per combattere concretamente il fenomeno, aveva detto, è quello di far sì che la giustizia operi in tempi rapidi.
«Siamo riusciti a concludere nel 2012 i procedimenti avviati nel 2011, – aveva precisato il Procuratore. – E, a vedere i dati del 2013, pare che riusciamo a mantenere gli impegni anche per l’anno dopo.»
Purtroppo, a quanto pare, le inchieste vengono sì concluse in un anno, ma i processi no.