«Il bosco, un equilibrio spezzato» – Di Daniela Larentis
Per ricordare la tempesta Vaia, a Trento la collettiva organizzata dal Gruppo Artisti Trentini La Cerchia – È visitabile a Palazzo Trentini fino al 20 dicembre 2019
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Di recente è stata inaugurata a Trento una mostra collettiva organizzata dal Gruppo Artisti Trentini La Cerchia, curata dal presidente Adriano Fracalossi.
Inaugurata lo scorso 20 novembre nella prestigiosa ambientazione di Palazzo Trentini in via Manci, con presentazione di Elisabetta Doniselli, l’esposizione è visitabile fino al 20 dicembre 2019 nei seguenti orari di apertura: lunedì - venerdì 8.30 - 17.30; sabato 8.30 - 12.00; domenica chiuso. Ad accompagnare l’evento un esaustivo catalogo (con testi critici di Fracalossi e Doniselli).
Si tratta di una collettiva nata con un duplice scopo, quello di ricordare la terribile tempesta Vaia abbattutasi lo scorso anno in Trentino, distruggendo vite umane e un immenso patrimonio boschivo, e quello di trasmettere al contempo un messaggio di speranza nel futuro, esortando alla cura del territorio e all’attenzione verso l’ambiente.
Il gruppo si è costituito a metà degli anni Ottanta del Novecento per promuovere e sostenere attività in favore delle arti visuali, in modo particolare di tipo espositivo, culturale e di partecipazione critica alle iniziative nel territorio (l’associazione organizza mostre, conferenze, incontri pubblici non esclusivamente in ambito locale).
Luisa Bifulco, Carla Caldonazzi, Paolo Dalponte, Bruno Degasperi, Domenico Ferrari, Adriano Fracalossi, Annalisa Lenzi, Silvio Magnini, Gianni Mascotti, Pierluigi Negriolli, Roberto Piazza, Stefania Simeoni, Giorgio Tomasi, Ilario Tomasi, Elisa Zeni e i due ospiti de La Cerchia, la sudamericana Eva Laura Moraga e il trentino Roberto Segati sono gli artisti che, con grande efficacia, hanno ricordato attraverso i loro lavori la tragedia che ha colpito i boschi e la bellezza naturale delle nostre valli, evento testimoniato fra il resto dagli splendidi scatti fotografici di Giorgio Salomon esposti in mostra.
Sottolinea Adriano Fracalossi nel suo intervento critico: «Il bosco, pur nella sua inequivocabile consistenza materiale, evoca in noi molteplici immagini e narrazioni che, se in parte possono coincidere e sovrapporsi, in altri casi si presentano contrastanti o talora opposte tra loro».
Così lo definisce: «Il bosco è materia, ma una materia viva e organica, che se da un lato attua un movimento verso la luce e il cielo, dall’altra, passando per un sottobosco fatto di arbusti, foglie secche, di rami spezzati e muschio, si protende con le radici verso il sottosuolo.
«Il tutto nell’ambito di un cielo vitale continuo che comprende deperimento e rinascita.
«Il bosco – prosegue – non è fatto solo di sguardi, ma anche di odori, di suoni e di contatti tattili, è un luogo dove i sensi interagiscono e si sovrappongono.»
Spendiamo alcune riflessioni percorrendo lo spazio espositivo, ammirando le opere che illuminano le pareti con le loro accese cromie. Noi siamo gente di montagna. Siamo cresciuti nella zona alpina, i giganti vegetali che popolano i nostri boschi sono esseri tanto straordinari quanto misteriosi, fanno parte non solo del nostro paesaggio ma della nostra storia.
Questi alberi incarnano i valori legati al nostro mondo, ci aiutano a conoscerlo e a rispettarlo, i boschi che ci circondano sono vivi, palpitano di vita: respirano, si nutrono, nascono e muoiono proprio come ogni essere vivente che popola il pianeta, ci fanno il grande dono di emettere ossigeno, danno l’impressione di vigilare a distanza sulle nostre vite, per questo e per molto altro ogni singolo albero abbattuto dalla furia di Vaia è una ferita ancora aperta, ogni singolo tronco caduto a terra ha un valore inestimabile.
I quadri, le sculture, le installazioni esposte rimandano al rapporto dell’uomo con la natura, un significato espresso anche dalla profondità dei versi di Massimo Parolini letti durante l’inaugurazione.
La poesia ha la capacità di meravigliare, è l’atto ancestrale della «contemplazione», come ci ricorda Andrée Bella nel libro «Socrate in giardino» (edito da Ponte alle Grazie), il quale dice che «nelle poesie, nel loro attingere alla dimensione sorgiva del linguaggio e del vivere, ci sembra ogni volta che si crei e si ricrei il senso del nostro abitare la terra».
La suggestione poetica di Massimo Parolini traduce la meraviglia ma anche la crudeltà della natura, soprattutto evidenzia la scelleratezza dell’uomo, unico responsabile dei disastri ecologici a cui, nostro malgrado, stiamo assistendo (in ambito culturale Parolini è molto conosciuto a Trento, è insegnante di materie letterarie presso le scuole superiori del Trentino, curatore d’arte, nonché promotore del Premio di Poesia Città di Trento, vincitore peraltro di importanti premi come il premio Giovanni Pascoli – L’Ora di Barga).
Dedichiamo ai lettori la potenza e la bellezza di alcuni suoi versi, tratti da «Lamento per uno schianto» (di Massimo Parolini).
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Ogni pianta è rimasta sola nella caduta nell’ultimo inchino alla vita: un bimbo sulle mammelle della terra predisposto a rientrare nel grembo... All’imbrunire ho udito il bramito di un cervo un balbettìo d’amore |
Spaesato senza confini da signoreggiare... Addio alla foresta Stradivari addio agli abeti di risonanza... la corda celibe di ogni violino silenzioso è un lamento senza suono: ed è per noi che rimanendo ce ne andiamo. |
Questa mostra forse potrà aprire un varco nelle nostre certezze, stimolando in ognuno di noi la voglia di approcciarsi all’ambiente in maniera diversa e più intelligente, nella consapevolezza che ogni decisione o non decisione di oggi ricadrà inevitabilmente non solo sulle nostre vite ma anche su quelle delle generazioni future.
Daniela Larentis – d.larentis @ladigetto.it