Storie di donne, letteratura di genere/ 118 – Di Luciana Grillo
Elvira Morena, Domani mi vesto uguale – «La nostra vita è una stazione ferroviaria dismessa che sa di ruggine e di alici marinate...»
Titolo: Domani mi vesto uguale
Autrice: Morena Elvira
Editore: Oedipus, 2015
Genere: Narrativa contemporanea
Pagine: 208, brossura
Prezzo di copertina: € 15,00
La dotta prefazione del professor Mele rischia di spaventare il lettore (o la lettrice) che vuole entrare nel mondo di un’autrice di professione medico, esattamente cardio-anestesista, alla prima esperienza narrativa.
Invece, tutto diventa semplice quando si conosce la protagonista - Sara Ferrara - violinista di fama: una donna matura, sensibile, capace di improvvise fughe e di incredibili incontri, innamorata della vita, del suo lavoro e dell’amore.
È l’amore che cerca in Ernesto, in Marco, forse in Pierre. Ma la sua ricerca è destinata alla delusione, quando si rende conto che Ernesto è un adulto rimasto bambino, legato in modo viscerale alla madre. Quando anche in Marco vede l’uomo che sa coniugare abilmente sesso e business. Quando infine Pierre le rivela la sua omosessualità non più repressa.
A Sara rimarrebbe l’amicizia di Sophie, ma anche l’amica flautista, con cui ha condiviso avventure e successi, è in fin dei conti una traditrice, colei che forse più degli uomini la ferisce.
E allora? A una donna di successo, bella e intelligente, non dovrebbero mancare altre chance, ma Sara è stufa di uomini che non sanno amare e di amiche che sanno far male, dunque rifiuta l’idea di un’avventura sterile, accetta semplicemente l’ammirazione del barman, osserva un sole pallido e la luce azzurrina dell’Opera de Paris e, con passo lieve, va incontro alla vita.
Il romanzo si lascia leggere gradevolmente. Il linguaggio dell’autrice è sempre accuratamente controllato.
Con poche parole la Morena esprime concetti compiuti. Ad esempio, per Sara «Gerusalemme è una città ostinata: bianca e basta», mentre «New York trova mille definizioni pronte a caratterizzarla, a renderla una città esclusiva: l’ombelico del mondo, la grande mela, il cocomero delle possibilità, la zucca dei morti viventi, la mami nera della libertà… New York non ti abbandona… Ti entra dentro e diventa parte di te. New York sei tu».
Quanto a Parigi, la città in cui Sara vive, è abitata da una «popolazione di nasi a virgola: profili francesi», e le donne della Morena «vivono macerandosi nel rimpianto di aver perso quell’ultimo treno…
La nostra vita è una stazione ferroviaria dismessa che sa di ruggine e di alici marinate.
Di fatto, cosa siamo? Donne irrisolte che vivono al passato e conservano in tasca quell’unico biglietto mai utilizzato.
No, non è così: Sara alla fine «quell’unico biglietto» saprà utilizzarlo.
Luciana Grillo
(Recensioni precedenti)