«Premio De Gasperi - Costruttori dell’Europa» – Gonzales

La Lectio Magistralis di Gonzales: «Rilanciamo l’economia sociale di mercato»

«Io credo nell'economia di mercato, ma credo anche che i cittadini non sono merci. Sono anche un sostenitore dell'austerità, ma non ad un'austerità che porta alla morte del malato, perché rappresenta un assurdo. Chi non cresce economicamente non può pagare i suoi debiti.
«L'Europa quindi deve avviare un nuovo ciclo di crescita e di modernizzazione. Non deve rassegnarsi alla marginalizzazione in un mondo globalizzato, schiacciata fra l'economia Usa e quelle asiatiche.»
 
Questa in sintesi l'applaudita chiusura dell'intervento di Felipe Gonzalez, il premier spagnolo, leader del Psoe, che a suo tempo traghettò il suo paese dalla dittatura alla democrazia e quindi all'integrazione nell'Europa comunitaria, nell'ambito della cerimonia per la consegna del premio Degasperi intitolato «ai costruttori dell'Europa», che coincide quest'anno con la Giornata dell'Autonomia.
Quindi, dopo la consegna del premio da parte del presidente Dellai, la lectio magistralis dello stesso Gonzalez, che ha sviluppato una interessante riflessione incentrata su globalizzazione, sovranità nazionale e entità sovranazionali.

«In questo contesto – ha detto Gonzalez, richiamandosi all'intervento di Dellai – dobbiamo chiederci come evitare il rischio di banalizzazione nel quale possono incorrere le stesse autonomie regionali.»
Gonzalez inizialmente è tornato ad uno dei momenti fondanti della costruzione dell'Europa unita, la creazione della Ceca, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Una decisione solo apparentemente tecnica, in realtà anche politica, perché all'epoca chi controllava la costruzione dell'acciaio controllava di fatto la grande industria, compresa quella di matrice militare.
 
«Oggi per molti cittadini l'Europa non ha senso. Si avverte un grande distacco da parte dei cittadini. Non lo si può trascurare. Questo distacco aumenta, e non solo per ragioni economiche. Cresce perché non si percepisce più l'impulso etico che sta alla base dell'Europa, basato sulla visione di un'economia sociale di mercato. L'ex-presidente del Brasile Lula Da Silva me lo ha detto recentemente: questo modello rappresenta un patrimonio dell'umanità, non dovete abbandonato.
«Tuttavia oggi questo modello è in crisi perché non è più competitivo nel contesto del mercato globale. Noi ci eravamo impegnati per un'Unione non solo monetaria, ma economica e monetaria. La risposta ai problemi posti dall'Unione monetaria, contenuta anche in un rapporto che avevamo elaborato su incarico delle autorità europee, vecchio ormai di due anni, è questa. Avevamo sottolineato la necessità di un'Europa economica e fiscale prima che monetaria.»
 
«Quando è iniziata la crisi, la Spagna aveva anche i conti pubblici migliori dell'Europa. – Ha continuato. – Dov'era la nostra debolezza? Nei conti privati. Il settore pubblico aveva cifre molto migliori anche di Germania e Francia. Erano le famiglie e le imprese ad essere indebitate. C'era quindi da un lato un indebitamento eccessivo, dovuto ad un livello troppo elevato dei consumi, e dall'altro una perdita di competitività della nostra economia. Ma queste erano circostanze che l'Europa non aveva previsto.
«Sono quindi d'accordo con la Merkel quando dice che ci vorrebbe più Europa. Ma bisogna chiarire il punto della governance democratica dell'Unione. Una governance solamente tecnica [chiaro il riferimento anche a Monti – NdR], che non risponde a nessuno del suo operato, non sarebbe accettata dai cittadini.
«Quindi il problema fondamentale è quello della democratizzazione delle istituzioni europee. Al tempo stesso abbiamo un problema strutturale, con le dinamiche della crisi. Dinamiche come quelle relative ai tassi di interesse sul credito, enormemente diversi fra paese e paese, che sembrano meramente tecniche, ma sono anche politiche.»
 
Il messaggio di Gonzalez, dunque, è chiaro.
«Io credo nell'economia di mercato, ma i cittadini non sono merci. Io sono anche un sostenitore dell'austerità, ma l'austerità che porta alla morte del malato rappresenta un'assurdità. Chi non cresce non paga, è impossibile che paghi. L'Europa deve avviare un nuovo ciclo di crescita e di modernizzazione. Ci sono degli Stati che possono guidare questa crescita. Non voglio rassegnarmi ad una Europa marginalizzata.»