Parliamone, per fermare la violenza alle donne – Di N. Clementi
L'esperienza di Lucia Annibali raccolta alla sua conferenza al MART di Rovereto
Le foto sono state scattate all conferenza tenuta da Lucia Annibali al Mart di Rovereto.
È passata da alcuni giorni la data dell’8 marzo, la festa internazionale della donna. Il nostro giornale non se ne è dimenticato e ha pubblicato ben cinque interventi di una certa importanza.
Una celebrazione che troppo spesso è associata a operazioni commerciali per vendere qualche mimosa e promuovere divertimenti più che allo scopo culturale della ricorrenza. Per questo motivo vogliamo riproporla, affinché il valore storico e politico sia sempre presente.
Questa giornata nasce soprattutto per ricordare che la popolazione femminile, in tutto il pianeta e di ogni estrazione sociale, rappresenta quella «metà del cielo» che subisce maggiori soprusi, violenze, discriminazioni, diseguaglianze e ingiustizie.
Il solo fatto di nascere donna in alcuni paesi del mondo è già di per sé una disgrazia. Gli organi genitali di un bambino, la creatura per eccellenza senza colpe, ne determinano il destino a pochi secondi dalla nascita.
Questo pensiero mi riporta ad un aneddoto: nel corso di una missione giornalistica con i soldati italiani, il nostro direttore era entrato in una abitazione sperduta dell’Afghanistan, insieme al medico militare. Dentro la casa avevano trovato due bambini: il maschietto era sano, pulito e ben vestito, mentre la bambina era macilenta, sporca e con abiti stracciati. Quando chiese quali problemi avesse la bimba, gli fu risposto «È una femmina».
Qualcuno ribatterà che queste cose succedono nel Terzo Mondo.
È vero, ma non possiamo assistere inermi alle stragi di bambine in Nigeria, come non possiamo fingere di non vedere le violenze psicologiche e fisiche, quelle che provocano sofferenza autentica a donne che vivono anche vicino noi.
Valsugana, 28 gennaio 2008: una ragazza di 24 anni si trova in macchina con suo marito, vagano nella notte per passare un po’ di tempo insieme; scoppia l’ennesimo litigio che scatena la violenza del giovane marocchino, geloso, possessivo, morboso, qualcuno dice pazzo, qualcuno dice «è la sua etnia a consentirgli di comportarsi in questo modo con la moglie».
Speculazioni che poco importano a Maria Chiara che alle 2 di notte si trova a vagare per la statale all’altezza di Cirè (località vicino Trento), scappa dall’uomo che ama, l’uomo che prima l’ha legata e picchiata, poi le ha gettato dell’acido muriatico in viso e infine l’ha abbandonata sul ciglio della strada.
A distanza di 7 anni, Maria Chiara porta ancora sul volto, e nell’anima, le cicatrici di quella notte, compresa la paura di ritrovarsi di fronte al suo ormai ex marito.
Sardegna, 16 aprile 2011: Valentina è una torcia umana dopo che il marito le ha gettato addosso del cherosene e le ha dato fuoco. Per uno scherzo del destino l’uomo è morto a causa delle fiamme da lui stesso causate, ma nei suoi piani era Valentina che doveva morire. La donna invece ce l’ha fatta e dopo 23 operazioni sta ricostruendo il suo volto e la sua identità dopo l’incontro con l’uomo sbagliato.
L’elenco potrebbe, purtroppo, continuare ancora a lungo. Basta leggere il nostro quotidiano e quasi ogni giorno vi sono notizie di violenza di genere che accadono anche qui, anche nel civilissimo Trentino. La cronaca è di giovedì 12 marzo 2015: la giovane mamma Carmela viene uccisa a coltellate dal marito.
L’ex marito è stato arrestato dopo otto giorni di fuga, ma la sua sorte è del tutto indifferente di fronte alla tragedia che ha provocato. Basti pensare ai poveri bambini…
Ma soffermiamoci a parlare di quello che è diventato l’emblema di questo tipo di violenza: si tratta della storia di Lucia Annibali, l’avvocatessa di Pesaro che il 16 aprile 2013 è stata aggredita con l’acido da un uomo incappucciato. E non ci è voluto molto a scoprire che il mandante era il suo ex fidanzato.
Non dunque una storia di miseria e ignoranza consumata in qualche remoto villaggio controllato da Boko Haram. I protagonisti sono due trentenni italiani, entrambi con un lavoro stimato e ben retribuito, due giovani fortunati della propria epoca.
Eppure, un uomo respinto ha scelto di vendicarsi nel modo più barbaro e vigliacco, perché lo scopo di chi sfregia spesso è associato a quello di cancellare l’identità, rubare la bellezza e la giovinezza dal volto, costringere la vittima a non riconoscersi allo specchio, costringerla a ricordare per sempre quel dolore che cancella anche il ricordo di se stessi.
A onor del vero, bisogna anche rammentare che le vittime di questi barbari attacchi non sono solo donne. Il caso più recente che ha coinvolto un uomo è accaduto a Milano dove due giovani, una bocconiana e un economista, hanno sfigurato l’ex fidanzato di lei.
La storia di Lucia Annibali, che è stata raccontata di recente dalla protagonista in un pubblico incontro presso il Mart di Rovereto, è però diversa da tutte le altre.
Lucia, infatti, ha subito deciso di parlare della propria esperienza, il che è una cosa rara per le vittime di attacchi con l’acido. La vergogna è tanta, il volto sfigurato non aiuta a mettersi di fronte a telecamere o giornalisti. Tante donne si chiudono nel proprio dolore e le ripercussioni sulla vita sociale e psicologica sono spesso tremende.
L’avvocatessa di Pesaro invece ha deciso da subito di rompere questo muro di silenzio, superato l’imbarazzo, lo shock e il dolore. Lucia ha raccontato la propria «storia di non amore», come la definisce lei stessa, nel titolo del suo libro «Io ci sono».
Con grande coraggio e autoanalisi, la giovane donna ha ripercorso la propria relazione tormentata con un uomo che non la rendeva felice, una storia fatta di soprusi e violenze psicologiche, una trappola mentale e sentimentale in cui troppe persone cadono accecate dal desiderio di amore.
Le parole di Lucia riassumono al meglio la speranza e la lotta che tutte le vittime di una relazione malsana devono, e possono, aspirare a perseguire.
«Ci sono giorni in cui non mi riconosco. Ho ancora metà naso da ricostruire, fatico a respirare, la mia faccia non è definitiva. A volte intravedo quella che sarà, altre volte non ci riesco e lo specchio mi restituisce lineamenti deformi. Una cosa che succede a tutte le donne, solo nel mio caso non è una percezione distorta, ma la realtà. «Nonostante tutto però non ho mortificato il mio corpo, anzi, mi sento più femminile perché finalmente sono in pace con me stessa. Per le donne vittime di violenza vorrei essere un appiglio per scuotersi e staccarsi pian piano dalla sofferenza perché trovino il coraggio di non farsi rubare la vita. Vorrei dire loro di volersi bene, perché certe storie nascono da una ferita interna che abbiamo noi, uno spazio aperto in cui entrano persone che, poi, ci fanno del male.» |
Le aggressioni con l’acido sono infami, devastanti e soprattutto difficili da nascondere. Ma è solo una della tante facce della violenza che può nascere all’interno di una coppia. Ormai la storia l’abbiamo sentita talmente tante volte che sembra scontato ripeterlo: la storia d’amore nasce sotto i migliori auspici, il partner sembra essere la vera anima gemella, poi qualcosa cambia, tanti piccoli indizi vengono sottovalutati perché ormai si vede tutto rosa. Si tende a giustificare, a far finta di non vedere, poi uno dietro l’altro si susseguono gli urli, i litigi, la gelosia morbosa, il controllo totale sull’altro, la manipolazione psicologica, la violenza fisica.
La casa si trasforma da nido d’amore a trappola mortale, e il peggio è che spesso le vittime sono troppo deboli psicologicamente anche solo per chiedere aiuto. L’esempio di Lucia è chiaro, spiazzante nella sua banalità: parlare. Dalle semplici parole può partire il percorso di rinascita, l’inizio di una nuova vita e di una nuova consapevolezza su cosa sia l’amore e cosa il «non amore».
Le disavventure delle donne vittime di violenza non finiscono mai.
Non tutte hanno il carattere e la forza di Lucia e il più delle volte nel corso dei processi devono subire l’umiliazione ulteriore di dover dimostrare di «non aver provocato la violenza del partner», e magari difendersi da avvocati che provano a rovesciare le carte in tavola.
E la violenza continua...
Per tutti coloro che si riconoscessero in una situazione di abuso e violenza di coppia può rivolgersi al sito http://www.centroantiviolenzatn.it/.
Al momento il servizio è rivolto alle donne, per tutti invece è sempre disponibile il vademecum sullo stalking http://www.pariopportunita.provincia.tn.it/filesroot/Documents/allegati/2012_LoStalking.pdf e ovviamente tutti riferimenti delle forze dell’ordine.
Nadia Clementi [email protected]