Intervista a Pietro Marsilli – Di Daniela Larentis

Docente dell’Utetd da 34 anni, il noto giornalista e storico dell’arte condivide i timori in merito a una realtà culturale che lui stesso ha contribuito a far crescere

Pietro Marsilli, fotoritratto ©.
 
Docente da più di trent’anni all’Università della Terza età e del tempo disponibile (Utetd) del Trentino, Pietro Marsilli, noto giornalista e stimato storico dell’arte, condivide le sue preoccupazioni in merito a una realtà culturale di alto valore che lui stesso ha contribuito a far crescere, un’istituzione che da 40 anni rappresenta un’eccellenza trentina e che pare abbia un futuro incerto.
È proprio lui. a segnalarci questo timore, condiviso peraltro da molti altri docenti, nel corso di una lunga chiacchierata nella quale evoca piacevoli ricordi legati alla sua lunga esperienza maturata.
Non c’è acredine nella sua voce, solo una nota di delusione e di profonda tristezza per ciò che sta accadendo, o meglio «per il non detto», per le notizie apprese dai giornali riguardo a significativi cambiamenti in atto, di cui tuttavia a tutt’oggi gli stessi insegnanti - sottolinea con amarezza - non sono stati messi al corrente.
 
Noi vorremmo spendere solo qualche riflessione sull’importanza di mantenere viva un’istituzione che ha un altissimo valore per la comunità, luogo privilegiato di formazione e di socialità per gli adulti trentini. Ognuno di noi è fatto per vivere in gruppo, come ci ricorda Aristotele l’uomo è un animale sociale.
Gli esseri umani vivono in un rapporto di interdipendenza nella comunità, in continua relazione con l’ambiente in cui sono immersi. Per le moltissime persone che frequentano l’Università della Terza età e del tempo disponibile passare delle ore insieme, arricchendosi culturalmente, rappresenta una grandissima opportunità di crescita personale, un momento prezioso di socialità, una irrinunciabile necessità, anche un modo per interiorizzare un elevato senso di appartenenza, insomma, un bisogno.
I bisogni, infatti, non sono solo quelli primari, cibarsi, vestirsi ecc., ma hanno a che vedere anche con la sfera relazionale, con il dispiegamento delle proprie potenzialità, lo spiega bene la teoria di Maslow (nella celebre «piramide dei bisogni» da lui descritta figurano quelli fisiologici, di sicurezza, ma anche quelli sociali, di stima, di autorealizzazione).
 
L’uomo è per sua natura un essere interrogante, ma quando «si diventa ciò che si è»? Succede quando ci si incammina al pensare, il famoso verso di Pindaro, ripetuto poi da Nietzsche, è emblematico… Frequentare le lezioni dell’Utetd può aiutare certamente molte persone adulte a maturare una maggior consapevolezza di sé e del mondo, in fondo non si finisce mai di imparare. Imparare è bello a tutte le età, per molti rappresenta anche una sorta di riscatto, il potersi dedicare a degli interessi che per mancanza di tempo prima erano stati accantonati, un modo per acquisire nuove competenze in vari ambiti.
Viviamo in un’epoca in cui molte persone stanno prendendo coscienza del fatto che allargare i propri orizzonti culturali sia fondamentale. Gli iscritti all’Utetd vivono per lo più una stagione della vita che, proprio grazie all’opportunità di poter frequentare i molti corsi disponibili, si presenta ancora ricca di stimoli culturali e relazionali. Nell’era del consumismo esasperato e dell’infelicità diffusa, non sarebbe forse un impoverimento per tutta la nostra comunità togliere loro questa opportunità di crescita? Nel tentare di dare una risposta, abbiamo rivolto a Pietro Marsilli alcune domande.
 

UTETD, Trento.
 
L’Università della Terza età e del tempo disponibile è una realtà culturale di alto valore che, come lei stesso ci ha riferito, «rischia di chiudere». Sono molti i docenti che si oppongono a tale prospettiva: quali sono le loro preoccupazioni?
«Le preoccupazioni sono basate su una constatazione molto concreta, fondata sul vuoto comunicativo, sul non detto. Gli anni scorsi, in questo stesso periodo, noi docenti eravamo tutti quanti ampiamente impegnati nel fornire alla segreteria i programmi per l’anno prossimo, si facevano delle proposte e controproposte per trovare dei felici punti di accordo, giugno era infatti dedicato a questo lavoro di programmazione. Non è stato ascoltato il parere di noi docenti coinvolti, non esiste un documento ufficiale, una piattaforma… le cose si fanno con proposte e controproposte, e documenti da poter vagliare.
«Niente di tutto ciò. Dispiace questa incertezza, questo trovarsi senza un timoniere. Quest’anno tutto tace, al contrario, abbiamo appreso leggendo i vari articoli pubblicati sui giornali che il presidente ha manifestato la volontà di mettere a disposizione della scuola trentina spazi dell’Utetd; l’Università della terza età e del tempo disponibile a Trento è sempre in sofferenza di spazi, alcuni li prende in affitto a terzi, pagando; io, ad esempio, da anni tengo la lezione nell’oratorio del Duomo, nell’aula Magna, che è di proprietà della Parrocchia del Duomo.
«Nelle valli è fondamentale l’appoggio che viene dato dalle amministrazioni comunali, molto spesso le lezioni si tengono nella Sala del Consiglio. Questa è la situazione riguardo agli spazi, ne abbiamo bisogno e dobbiamo tenerceli stretti, invece, il nostro presidente li offre generosamente al mondo della scuola. E noi, dove andremo? Siamo preoccupati…»
 
Dove avete appreso questa notizia?
«Dai media, non ci è stato detto nulla, non siamo mai stati coinvolti, non ci è stato mai chiesto un parere, un consiglio. E questo in vari ambiti: si parla di festeggiare i 40 anni di esistenza dell’Università della Terza Età e del tempo disponibile, a noi sarebbe sembrato ovvio, come docenti di questa istituzione, essere in qualche modo coinvolti, invece non è accaduto, è stato detto esplicitamente che a organizzare gli eventi per ricordare i 40 anni di vita dell’Utetd sarà incaricato un gruppo peraltro nemmeno trentino.
«Abbiamo appreso la notizia dai giornali, nient’altro. Lo dico davvero non con risentimento ma solo con grande dispiacere, del resto sono 34 anni che insegno all’Università della Terza età e del tempo disponibile, in decine di corsi diversi, a Trento città e nelle valli. Spiace vedere che il bagaglio di esperienze così acquisito non venga neanche preso in considerazione.
«Mi dispiace non certo per ripicca, o perché io abbia maturato chissà quale diritto, credo solo che potrei dare, come altri, un contributo in positivo. Ho lavorato in varie sedi, su vari argomenti, incontrandomi con diverse persone, con alcuni ho anche discusso, in un arco di tempo così lungo è normale avere anche degli scontri, ma sempre franchi, sempre costruttivi, sempre positivi con tutti quanti.»
 
I punti di contatto fra l’Utetd e il Territorio sono davvero tanti. Lei insegna da più di trent’anni all’Università della Terza età e del tempo disponibile, qual è il suo pensiero a riguardo?
«Parliamo di dati, di numeri. Io mi riferisco al 2019: parliamo di 6700 iscritti, dei quali 1500 a Trento città e ben oltre 5100 nelle sedi locali; parliamo di 780 corsi culturali, di 41 laboratori, di 200 corsi di educazione motoria, con il coinvolgimento di 78 comuni.
«Soltanto presso la sede di Trento siamo oltre 70 docenti, nelle sedi periferiche sono molti di più. Questi sono i numeri. L’Università della Terza età e del tempo disponibile svolge anche una funzione sociale di grande rilevanza, è un elemento aggregante della società, noi siamo orgogliosi di dare il nostro contributo, per tutte queste piccole realtà locali significhiamo tanto.»
 
A suo avviso quali sono i punti di forza e valore di questa istituzione?
«Negli anni ho avuto modo, direttamente o indirettamente, di entrare in contatto con altre università della terza età, Bergamo, Bologna, Milano, Siracusa, ce ne sono diverse; uno dei punti di forza e di valore di questa nostra istituzione è il fatto che, dal punto di vista economico, c’è un sano equilibrio tra le quote versate dagli iscritti, i contributi della Provincia, il coinvolgimento dei Comuni.
«Dal punto di vista culturale, senz’altro ci sono due anime nettamente distinte: a Trento città credo che abbia più peso l’aspetto culturale, nelle valli si può dire che forse abbia più peso l’aspetto sociale, umano. Due facce della stessa medaglia che esistono in parallelo.
«Parlando di altre realtà, faccio l’esempio di Bologna, là c’è un’Università della terza età di grande qualità, dove sono diversi i professori universitari della stessa Università di Bologna che, una volta andati in pensione, insegnano all’Università della Terza età e questo è davvero molto bello.
«Questi grandi professori, che hanno ancora una gran voglia di fare quello che hanno fatto per tutta la vita, tengono lezioni a livello altissimo. Tornando al Trentino, soprattutto nelle sedi periferiche, ci si aspetta senz’altro delle lezioni di alta qualità, ma anche di rispondere alle esigenze concrete delle persone, ad esempio ricordo i corsi seguitissimi di Diritto testamentario, piuttosto che quelli relativi alla coltivazione dei fiori da balcone o quelli sull’alfabetizzazione informatica e così via.
«Mi vengono in mente i nonni che vogliono imparare a muoversi in rete utilizzando la tecnologia e che si iscrivono a corsi specifici per essere più vicini ai loro nipoti, per poter capire il loro mondo quando parlano dei social, assecondando il desiderio di essere alla pari, di rimanere aggiornati. Tante volte le persone mi hanno fermato per strada raccontandomi che per loro seguire le lezioni rappresenta l’unica occasione di uscire di casa, mi riferisco a queste vecchine che rimangono da tutta la vita all’ombra del loro campanile, però almeno un giorno alla settimana hanno il piacere di uscire, si incontrano con le amiche, evadono mentalmente.
«Noi rispondiamo anche a queste esigenze molto sentite dalla gente. Fra gli utenti ci sono anche molti laureati, c’è anche il professore pensionato che ha insegnato a livello liceale ed è spalla a spalla con la nonnina monolingue-dialetto che racconta che il marito tiene stretto il telecomando e guarda sempre le partite, allora almeno un pomeriggio in settimana riesce a fare un’immersione culturale che la rende felice.
«Io devo calibrare le mie lezioni perché siano interessanti per l’uno e per l’altro contemporaneamente, è una sfida culturale bellissima, non è come fare lezione a scuola agli adolescenti, con il libo di testo, con il programma ministeriale, con la minaccia del voto, è proprio questo piacere di stare insieme nel mondo della cultura, nello specifico nel mondo della storia dell’arte locale.
«Anche se la maggioranza degli utenti è femminile, sta crescendo sempre più quella che scherzosamente chiamiamo la quota azzurra, sempre più uomini vengono a lezione anziché andare al bar a giocare a carte, hanno sempre più voglia di mettersi in gioco. Direi che questa voglia di mettersi in gioco e di crescere tutti quanti insieme è proprio ciò che ci connota.»
 
Lei che materia insegna?
«Insegno prioritariamente Storia dell’Arte Trentina, ma negli anni ho anche insegnato Storia Trentina o Storia dell’Arte in generale.
«Quante volte sono stato fermato da qualcuno che mi ha detto di essere andato a vedere quella chiesetta o quel castello di cui ci ho parlato a lezione…»
 
Quanti docenti sono coinvolti?
«A Trento città siamo più di 70, nelle sedi periferiche molti di più.»
 
Quanti giorni alla settimana è attivo il servizio?
«Anche qui c’è una differenza abissale fra le sedi periferiche e la città. Nelle sedi periferiche la norma sono uno o due incontri pomeridiani più un ulteriore incontro di educazione motoria, abbinato alla frequenza di uno dei corsi disponibili.
«Possono accedere ai corsi di educazione motoria solo coloro che frequentano anche gli altri corsi. Nella sede di Tento, invece, il ventaglio di offerte è infinitamente più vasto, ci sono corsi di mattina e di pomeriggio, dal lunedì fino al sabato mattina.»
 
In che termini verrebbe modificato il progetto Utetd?
«Non è stato detto concretamente nulla.»
 
Esiste un documento ufficiale che esprima l’intenzione di modificarlo?
«Non esiste un documento ufficiale che esprima l’intenzione di modificarlo e men che meno esiste un progetto di modifica ufficiale, un progetto alternativo. Ci sono state delle dichiarazioni del presidente ai giornali, ad esempio prima del lockdown, subito prima dello scoppio della pandemia, in cui dichiarava la necessità di cambiare tutto e di prestare attenzione ai carcerati o agli immigrati.
«Va benissimo, per l’amor del cielo, sono io il primo ad essere sensibile nei confronti di queste realtà così delicate; tuttavia vorrei evidenziare due aspetti, primo, non è per nulla in contraddizione con quello che stiamo facendo, secondo, non è così banale andare a insegnare nelle carceri o agli immigrati; sono cose diverse e non in contrasto, non in competizione l’una con l’altra.
«E mi rattrista davvero questa prospettiva di buttare alle ortiche l’esperienza formidabile maturata per un qualcosa che potrebbe essere volentieri affiancato, aggiunto, invece temo proprio, da quello che ci percepisce, che, al contrario, l’anno prossimo si rischi di non fare proprio nulla, ovviamente spero di sbagliarmi.
«Ho paura che si vada in questa direzione, con la scusa della sicurezza e del distanziamento sociale e quant’altro, temo che si finisca con il bloccare tutto quanto. Ripeto, spero di sbagliarmi…»
 
Se potesse lanciare un appello a chi si rivolgerebbe?
«Direttamente agli utenti che da anni frequentano l’Università della Terza età e a tutte le persone sensibili che attribuiscono valore a questa istituzione: credo che se ci fosse modo di organizzare una raccolta firme oppure se si cercasse di sensibilizzare l’opinione pubblica in qualsiasi altra forma, come per esempio scrivere lettere ai giornali, facendo sentire la propria voce a sostegno di questa università, sarebbe cosa certamente gradita, un’iniziativa utile per l’intera comunità.»

Daniela Larentis – [email protected]