Orientarsi al lavoro in un momento come questo – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con il prof. Nicola Mezzetti, mentore del programma #WCAP di Tim, docente di Ingegneria della qualità e dell’innovazione presso l’Ateneo di Trento
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Torniamo ancora una volta a parlare di lavoro e in particolare del mercato che lo circonda.
Sappiamo molto bene quali siano le difficoltà di questo particolare momento lavorativo: i giovani disoccupati in Italia sfiorano il 40% mentre i NEET (coloro che non studiano, non seguono programmi di formazione e non lavorano) hanno raggiunto il 13%.
Il tema è ovviamente complesso e molto variegato. Si può interpellare la politica, la mancanza di welfare, le aziende che si trasferiscono all’estero perché vessate dalle tasse e dalla burocrazia, il sistema formativo italiano che non prepara i giovani al mondo del lavoro e così via.
Le responsabilità sono molte e si potrebbe sviscerare ogni aspetto della questione da punti di vista molto diversi.
Noi oggi vogliamo parlarne sperando nel nostro piccolo di poter aiutare e dare speranza soprattutto ai giovani che non lavorano e che magari non l’hanno mai fatto, dilaniati dai dubbi e dalle domande su loro stessi e sul proprio ruolo nella società.
Già, perché ancora molti subordinano la ricerca di lavoro alla comprensione di ciò che si desidera fare. Una domanda che può sembrare banale ma che oggi, con l’alta specializzazione e la forte competitività del mercato, è fondamentale in quanto spesso i giovani non lavorano fino a 26-28 anni (quando finiscono gli studi universitari) e il mondo scolastico ha fornito loro molte conoscenze e un numero di competenze decisamente minore.
Per questo motivo diventa sempre più importante l’orientamento al lavoro, un percorso che si può affrontare anche durante gli studi per orientare meglio le proprie scelte, oppure subito dopo la laurea per capire come incanalare al meglio tanti anni di studio e di sacrificio.
Un percorso complesso se fatto da soli, difficile soprattutto per coloro che hanno una laurea non tecnica, come lettere, filosofia, beni culturali, ma che per fortuna in Trentino può essere affrontato anche grazie all’aiuto delle istituzioni.
C’è ovviamente l’Agenzia del Lavoro che fornisce assistenza e dà informazioni su tutte le possibilità dedicate ai giovani e non solo: corsi, finanziamenti alle nuove idee imprenditoriali, orientamento al lavoro, incontri dedicati alla preparazione del curriculum vitae e alla ricerca di un impiego e così via.
È notizia recente l’istituzione del SOL (Sportello Orientamento al Lavoro) ad opera della CGIL e aperto a tutti, anche a chi non è iscritto al sindacato. Si tratta di un punto di informazione e orientamento dedicato ai giovani e alle persone in cerca di lavoro o di re-inserimento nel mercato, offrendo assistenza e consulenza sulle opportunità, sull’apertura della partita iva, sui diritti di lavoratori atipici e precari.
Ovviamente questi servizi si avvalgono del supporto di esperti del settore, persone dunque che conoscono molto bene i meccanismi del mercato del lavoro, ma che hanno anche un buon metodo di coaching, conoscenze psicologiche e sociologiche, nonché ottime doti comunicative.
Il lavoro del consulente è sempre molto delicato e lo è forse ancora di più quando parliamo di occupazione e in particolare di disoccupazione.
Per chiarire alcuni aspetti di questa professione e scoprire le tecniche per dare un indirizzo alla nostra carriera abbiamo parlato con il prof. Nicola Mezzetti, consulente per le imprese sui temi della qualità e dell’innovazione, mentore del programma #WCAP di TIM, e docente di Ingegneria della qualità e dell’innovazione presso l’Ateneo di Trento.
Prof. Nicola Mezzetti, ci spiega in cosa consiste il suo lavoro e quanto è importante oggi occuparsi di orientamento?
«È difficile dare un nome al mio lavoro visto che ne faccio più di uno. Parto dicendo che ho la fortuna di insegnare quello che faccio per professione e di fare per professione quello che mi appassiona e che insegno.
«In pratica, perfeziono con lo studio – necessario per insegnare bene – ciò che faccio per professione e porto in aula, oltre alle conoscenze, anche esperienza concreta e competenze. I temi della qualità e dell’innovazione sono molto importanti sia nella pratica, perché qualità e innovazione sono fondamentali per il successo nella governance d’impresa, che per la costruzione di una cultura d’impresa moderna, lungimirante e di respiro internazionale.
«Perché, per trasformare il cambiamento che sta indebolendo molte aziende in opportunità, credo sia necessario modificare il modo in cui si vive il lavoro, sia individualmente che come sistema azienda.
«E qui nasce anche l’impegno che a titolo volontario dedico da oltre sei anni all’orientamento dei giovani al lavoro.
«Se è vero, come è vero, che quando non si trova il lavoro ideale ogni lavoro onesto va bene perché dobbiamo saperci mantenere secondo le nostre possibilità, è anche vero che è interesse sociale che ciascuno di noi sia impegnato in un lavoro che mette a sistema, al meglio delle possibilità, i propri talenti.
«In questa attività porto la conoscenza del mondo del lavoro che maturo direttamente sul campo e insegno ai giovani tecniche semplici che possono impiegare per valorizzare i loro talenti.»
Come è secondo Lei il mercato del lavoro post-crisi? Su cosa puntano le aziende per trovare nuovi dipendenti?
«Il mercato del lavoro post-crisi è cambiato. In primo luogo, le imprese sono più attente ad investire bene le proprie finanze e questo ha impatto sia sulla disponibilità di spesa verso altre imprese che sulla gestione del personale e delle nuove assunzioni.
«La minor quantità di denaro in circolazione ha messo molte imprese di fronte alla sfida della sostenibilità e, tutto d’un tratto, queste non solo hanno rallentato le assunzioni ma si sono anche trovate di fronte all’esigenza di migliorare il proprio grado di efficienza.
«Questo ha portato in breve tempo alla moda della ricerca dei talenti, ovvero di quei candidati che, nonostante la giovane, età fossero dotati di competenze già sviluppate e adeguate alle esigenze dell’azienda, e disposti ad accettare compensi di poco superiori a quelli dei coetanei.
«In secondo luogo, le conseguenze della crisi finanziaria hanno permesso alle aziende rimaste sul mercato di comprendere l’importanza dell’innovazione come fattore di differenziazione sul mercato.
«Tale presa di consapevolezza ha provocato sul mercato del lavoro una crescente domanda di competenze sulle nuove tecnologie, generando i profili delle cosiddette professioni del futuro.»
Quali sono le tappe da seguire per capire qual è il lavoro più adatto? Mi riferisco soprattutto ai giovani che hanno finito gli studi.
«Il sistema educativo che prepara i nostri giovani conserva un’impostazione classica, nel bene e nel male: se da un lato offre un bagaglio di conoscenza il cui valore è riconosciuto anche a livello internazionale, dall’altro è ancora fortemente basato sulla standardizzazione delle conoscenze in uscita anziché sulla valorizzazione dei talenti personali e sull’acquisizione di competenze.
«Personalmente consiglio ai giovani di essere ambiziosi e di investire i primi anni di lavoro focalizzandosi sull’acquisizione di competenze, sull’approfondimento dei loro interessi, sulla familiarizzazione con ambienti e culture differenti, alla scoperta di ciò che veramente amano fare.
«Perché la consapevolezza di ciò che si ama fare è fondamentale per la costruzione di un percorso professionale gratificante e per maturare quella resilienza che già oggi è importante, e in futuro sarà fondamentale, per sapersi adattare alle trasformazioni del mondo del lavoro senza subirne i cambiamenti.
«Quando fai un lavoro che ami, lo fai sempre meglio rispetto a chi non prova lo stesso.»
Quanto è grave invece il problema di coloro che devono «re-inventarsi»? Diciamo degli over 45 che perdono il lavoro o sono costretti a cambiarlo. Come mutano le strategie?
«La situazione è effettivamente molto delicata. Il clima di incertezza economica che è conseguenza dell’assestamento post-crisi di cui parlavamo poco fa ha infranto il sogno della stabilità maturato –per la prima volta nella storia dell’uomo – nel secondo dopoguerra: nascere, studiare, vivere, realizzarsi e morire nello stesso luogo.
«Come conseguenza, tra gli anni ’60 e gli anni ’90 del secolo scorso la capacità dell’individuo di re-inventarsi si è indebolita.
«I centri per l’impiego fanno certamente del loro meglio per trasferire nuove conoscenze ai disoccupati tuttavia, a mio avviso, questa situazione va principalmente affrontata dal punto di vista culturale.
«Infatti, le strategie per far fronte alla disoccupazione non sono sostanzialmente diverse da quelle che valevano un tempo: spostarsi su un territorio dove c’è mercato per le competenze possedute, valutando anche il trasferimento in altri Paesi, oppure adattarsi a ciò che si trova localmente – beneficiando dei vantaggi che Internet e le nuove tecnologie offrono per l’autoformazione.
«A tutto questo si deve accompagnare una nuova concezione del fallimento: gli errori sono umani e, soprattutto, insegnano molto più dei successi.
«Ma questi consigli sono per tutti, non soltanto per gli over 45: l’imminente diffusione di robot e applicazioni di intelligenza artificiale costringerà molti, anche più giovani, a reinventarsi.»
Quali sono i maggiori ostacoli nel cercare lavoro?
«Gli ostacoli sono a mio avviso principalmente psicologici, da parte del disoccupato stesso: uscire dalla zona di comfort e la paura di fallire, di essere giudicati.
«I bambini non hanno paura di imparare un gioco nuovo, ci provano e appena si sentono sicuri – e non ci vuole molto – si lasciano trasportare.
«In età adulta questa capacità si perde, se non la si allena. Da adulti ci si sente giudicati, e a volte (ma non tutte) c’è anche chi si prende la libertà di giudicare, ma per il disoccupato la ricerca del lavoro è una partita tra lui e il mondo e, in questa partita, in genere chi giudica è in panchina o comunque non si gioca niente.
«Certo, uscire dall’area di comfort è faticoso ma non mette a rischio la vita; gli errori sono difficili da digerire, ma anche quelli non ci uccidono. E farsi intimorire dai giudizi è una perdita di tempo, che potrebbe essere meglio investito nella creazione del futuro.»
Le nuove tecnologie posso aiutare o sono controproducenti?
«Le nuove tecnologie sono strumenti e, in quanto tali, sono di aiuto se impiegati propriamente e consapevolmente.
«Il Web è ricco di risorse che possono essere utili nella ricerca di lavoro come, ad esempio: suggerimenti utili ad elaborare un curriculum vitae efficace, video che aiutano a prepararsi alla gestione del colloquio di lavoro, social network professionali (es., LinkedIn) per entrare in contatto con aziende o head hunter, e gli stessi siti web delle aziende che spesso permettono di consultare offerte di lavoro o di candidarsi direttamente.
«Dall’altro canto le nuove tecnologie possono giocare anche a svantaggio del candidato; è infatti frequente che chi si occupa di ricerca e selezione consulti i profili social (es. Facebook) dei candidati, escludendo dalla selezione coloro che pubblicano contenuti o fotografie ritenuti inappropriati.»
Ci spiega in che cosa consiste il programma TIM #WCAP?
«Semplificando, il programma TIM #WCAP è uno dei laboratori di innovazione di TIM e finanzia la nascita e lo sviluppo di giovani imprese di carattere innovativo, anche dette startup.
«Al di là dello sviluppo di soluzioni innovative, questo programma – come anche tutti quelli analoghi – ha un grande valore sociale in quanto laboratorio per lo sviluppo dell’imprenditorialità.
«Ancora troppo spesso influenzati da dinamiche padronali, dal abbiamo sempre fatto così o dal chi non fa non sbaglia, la cultura imprenditoriale del nostro Paese soffre di una scarsa predisposizione al rischio (si investe per lo più nel mattone o in prodotti finanziari), non valorizza le lezioni apprese da errori e fallimenti, che ancora oggi sono stigma sociali, e fallisce nella valorizzazione della leadership.
«Se come italiani siamo rinomati per la creatività che sappiamo dimostrare, con le dovute eccezioni (es. Adriano Olivetti) questa cultura ha penalizzato per anni la capacità di visione, di investimento e di innovazione degli imprenditori.
«Iniziative di questo tipo, che beneficiano di insegnamenti che derivano in particolar modo da esperienze internazionali, hanno il potere di coltivare una cultura di impresa più moderna ed efficace.»
Ci dia una sua opinione sulla flessibilità lavorativa: giusta (e indispensabile?) fonte di sfruttamento e instabilità? Come si può conciliare con un progetto di vita stabile come comprare casa o fare una famiglia?
«Seneca diceva: non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
«Trasportando questa citazione in questo contesto, occorre una grande capacità di visione per raggiungere i nostri obiettivi in una società che cambia a ritmi mai visti prima. La flessibilità è una condizione oggi imposta dal mercato del lavoro; giusta o ingiusta è un dato di fatto e siamo tutti chiamati a conviverci.
«Acquistare la casa dei propri sogni, dove trascorrere l’intera vita, è un obiettivo oggi molto ambizioso e, per questo, potrebbe aver senso privilegiare un percorso professionale in linea con le esigenze, o le opportunità, di lungo termine del territorio.
«Pensando ad esempio al Trentino possiamo citare l’agri-food e il turismo, assieme al terziario avanzato (tutto ciò che è abbracciato dalla moderna Industria 4.0) e ai servizi per la terza età.
«La scelta della professione rimane comunque una scommessa verso il futuro. Se, invece, il desiderio di stabilità riguarda il percorso professionale la disponibilità a spostarsi è condizione necessaria.
«Molti ritengono che l’affitto siano soldi buttati – forse anni fa era vero, oggi non ne sono così convinto; credo invece sia il prezzo da pagare per avere maggiore libertà di decisione sulla gestione dei cambiamenti o delle opportunità che la vita ci riserva.
«La sfera affettiva o familiare è a mio avviso sempre importante e sinceramente sono dell’idea che, anche nelle condizioni correnti, non vi siano veri impedimenti concreti: dipende tutto dalla motivazione del singolo e della coppia di fare la scelta giusta.»
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