Come saranno i vini del futuro? – Di Giuseppe Casagrande

Il via libera alla sperimentazione in campo costituisce un'ottima notizia ha dichiarato il prof. Attilio Scienza. «Non bisogna avere paura della genetica»

Il prof. Attilio Scienza, trentino, uno dei massimi esperti di viticoltura.

Come sarà la viticoltura del futuro? La comunità scientifica non ha dubbi: sarà resistente e resiliente. E così pure i vini.
Nel mondo agricolo c’è un fronte sempre più ampio di produttori e ricercatori che, in un’ottica di gestione agronomica sostenibile e libera dalla chimica, guardano con fiducia, da tempo, alle Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), ossia tecniche di manipolazione genetica, ben diverse dagli Ogm, che potrebbero aumentare e accelerare lo sviluppo di nuovi tratti nella selezione delle piante e degli altri esseri viventi attraverso il genoma editing, e quindi intervenendo su punti precisi del Dna.
 

Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida.
 
 Il progetto Biotech è finanziato dal Ministero dell'Agricoltura e coordinato dal Crea  
In Italia, la ricerca è stata affidata in prima istanza al progetto Biotech, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura e coordinato dal Crea (Centro Ricerca Economia Agraria), ma anche ad altri progetti che studiano le colture più importanti: dal frumento al riso, dal pomodoro alla vite, sviluppando quelle varietà resistenti che potrebbero rappresentare la chiave di volta per vincere sfide come quella del cambiamento climatico e della sostenibilità, perché capaci di proteggere le produzioni agricole con meno pesticidi e difendere il patrimonio di biodiversità.
 

 
Il via libera alla sperimentazione in campo delle colture ottenute tramite le Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), che formalmente arriverà con la conversione in legge del Decreto legge Siccità, ma che politicamente è già un elemento di una certa rilevanza (accolto con entusiasmo da tutto il mondo agricolo), apre nuovi orizzonti all’agricoltura italiana, ed in particolar modo alla viticoltura, che, sulla ricerca genetica, ha puntato da tempo e con ottimi risultati.
 

 
 La ricerca genetica sulla vite come risposta ai cambiamenti climatici  
«È un’ottima notizia» – ha dichiarato a WineNews il prof. Attilio Scienza, tra i massimi esperti al mondo di viticoltura, e tra i primi sostenitori della ricerca genetica sulla vite come risposta alle sfide del Climate Change.
«Avremo finalmente la capacità di verificare l’adattamento alle condizioni climatiche, e la risposta alle malattie della vite dei vitigni modificati nati in laboratorio.
«È un passo necessario per dare sostanza pratica alla teoria, e per capire se le caratteristiche produttive siano effettivamente uguali, o simili, a quelle della pianta originaria, e se quindi la qualità del vino corrisponde alle aspettative.»
 

 
 La contrarietà e lo scetticismo di una parte del mondo vitivinicolo  
Un passaggio fondamentale a cui si è arrivati con il lavoro di tutti, dal mondo accademico a quello delle associazioni agricole, nonostante la contrarietà e lo scetticismo di una parte del mondo vitivinicolo, pregiudizialmente contraria alla genetica, così come una parte importante dei consumatori.
«Per questo – riprende il professor Scienza, – oltre alla ricerca, in cui siamo bravissimi, dobbiamo pensare alla comunicazione: è un’operazione che va a vantaggio del consumatore e a vantaggio del mondo, riguarda l’equilibrio ambientale e l’impatto della chimica sulla terra, non ci sono altre strade percorribili se non la ricerca genetica con le Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), e quindi genoma editing e cisgenesi.»
 

 
 Tempi lunghi, ma confortano i successi raccolti da altre colture negli Stati Uniti  
Ovviamente, una rivoluzione del genere ha bisogno di tempi lunghi, perché «quando si interviene a livello di gene non sappiamo cosa succede, si tocca un assetto che ha una storia di migliaia di anni.
«Togliere o aggiungere un gene ha effetti complessivi sulla pianta, o su alcuni caratteri, e la prova in campo serve proprio a evitare che ci siano delle conseguenze, ed è giusto adottare il principio di precauzione, a patto che non blocchi la ricerca, come è stato fino ad adesso.
«I ricercatori hanno la responsabilità di operare in un campo delicato e difficile, ma che può portare grandi risultati, come testimoniano i successi, in tal senso, di raccolti da altre colture negli Stati Uniti.»
 

 
 Avremo delle viti tolleranti alle malattie e resilienti ai cambiamenti climatici  
«In prospettiva, le Tea (Tecniche di Evoluzione Assistita) consentirebbero finalmente di avere delle viti completamente tolleranti alle malattie, e forse anche più resilienti ai cambiamenti climatici, arrivando a produrre vino senza uso della chimica.
«Eppure, nei confronti della genetica resiste una certa diffidenza. È un argomento insegnato poco e male alle Superiori, nonostante sia una parte fondamentale della storia della biologia.
«È normale aver paura di ciò che non conosciamo, ma in effetti tutto ciò che noi mangiamo - animale o vegetale - è il risultato di un miglioramento genetico, per selezione o per incrocio, molto spesso spontaneo.»
 

 
Ed è stato proprio l’uomo a fare la prima selezione genetica, ricorda ancora il professor Scienza, «Quando, 10.000 anni fa, è diventato sedentario ed agricoltore, e la prima cosa che ha fatto è stata quella di scegliere piante ed animali in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari.
«Ovviamente, la genetica ha fatto passi da gigante negli ultimi decenni, ed è qui che la narrazione si fa più difficile, perché la rivoluzione agricola e genetica è stata guidata dalle multinazionali, ed è stata vissuta come una sfida all’agricoltura tradizionale.
«Adesso, le cose sono cambiate, nessuno usa più geni di specie diverse sulla specie che vogliamo trasformare [transgenesi – Ndr], perché non è sessualmente compatibile.
«Nel caso della vite, si utilizzano dei geni che arrivano dallo stesso genere, quello della vitis, e quindi sessualmente compatibili ed all’interno della variabilità di un genere.
«Non si tratta di Ogm, ma di cisgenesi, un intervento sui geni che potrebbe avvenire anche attraverso il breeding tradizionale, ma sarebbe un processo molto più lungo e incerto», – conclude il professor Scienza.

In alto i calici. Prosit!Giuseppe Casagrande – [email protected]