La scuola, la famiglia e la dislessia – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con lo psicologo clinico forense dottor Michele Facci

>
È tornata a suonare la campanella della scuola per un esercito di milioni di studenti di elementari, medie e superiori, che si apprestano ad affrontare un nuovo anno scolastico di studio, fatica, ma anche, si spera di entusiasmo e voglia di imparare.
Le difficoltà, si sa, sono tante, come ad esempio, lo studio di materie un po’ noiose, il professore troppo severo o i compagni di classe che a volte sanno essere proprio antipatici.
Per tutti ma in particolare per i più piccoli il primo giorno di scuola rappresenta l’inizio di una grande avventura non priva di sfide.
 
In prima elementare l’obiettivo è quello di arrivare a giugno in grado di leggere e scrivere: sembra facile, ma non lo è affatto.
Eppure, è una delle competenze basilari per poter affrontare il resto del percorso scolastico così come, sembra scontato dirlo, il resto della vita.
Dopo pochi mesi di stanghette tremolanti, lettere storte, qualche errore qua e là, ore di lettura ad alta voce sillabando ogni singola lettera, chi prima, chi dopo, alla fine tutti impariamo a leggere e a scrivere.
 
Per tanti bambini però questo momento sembra non arrivare mai: le lettere ballano davanti agli occhi, scandire le parole richiede una concentrazione immane e leggere una singola riga diventa una sfida impossibile.
Subentra quindi la vergogna, la paura dei compiti in classe, lo scherno dei compagni e la tremenda convinzione di essere «stupidi», «diversi» da tutti.
Stiamo parlando di tutti quegli alunni con un disturbo specifico dell’apprendimento, che in Italia sono più di 250.000.
 
Un numero impressionante che probabilmente è al ribasso visto che tiene conto solo dei bambini e ragazzi che hanno la certificazione DSA (Disturbo specifico dell’apprendimento), mentre tanti, per vergogna, per disattenzione o per il rifiuto da parte delle famiglie, non verranno mai diagnosticati in modo corretto.
Il disturbo più diffuso è la dislessia, rappresenta più del 40% delle certificazioni, ed è caratterizzato dalla difficoltà persistente della lettura.
Nonostante chi ne soffra abbia un'intelligenza normale.
 
Il sospetto che un bambino sia dislessico spesso arriva proprio nei primi giorni di scuola, perché qui per la prima volta ci si mette alla prova con numeri e scrittura.
I segnali sono tanti e possono includere la difficoltà nella pronuncia delle parole nella lettura e nella scrittura e nella comprensione di ciò che si legge.
Spesso sono gli insegnanti ad accorgersi del problema e a segnalarlo alla famiglia. Per i genitori questo può rappresentare una vera e propria doccia fredda, perché la dislessia, come altri DSA, non è conosciuta e rappresenta un’incognita per il futuro del proprio figlio.
 
Tante le domande che affollano la mente dei genitori preoccupati, che in primis riguardano il futuro del bambino: riuscirà a seguire le lezioni come gli altri? Farà più fatica e verrà preso in giro? Un giorno saprà leggere e scrivere da solo? Esiste una cura?
A tutte queste domande, e molte altre, cerca di rispondere il libro «Dislessia» edito da Reverdito e curato dal dottor Michele Facci.
Il volume, scritto con Federica Perghem, cerca di dare risposte semplici ed efficaci proprio a chi è coinvolto direttamente dal tema della dislessia, come genitori e insegnanti, cercando di mitigare allarmismi e falsi miti e allo stesso tempo fornendo un efficace strumento per comprendere al meglio questa complessa tematica.
Il libro sarà presentato a Trento presso il liceo Scientifico G.Galilei il 10 ottobre alle ore 18.00, di seguito disponibile in libreria.
 
Per approfondire i temi del libro abbiamo intervistato il dottor Michele Facci, Direttore sanitario di un’equipe di numerosi professionisti a Trento e a Milano, si occupa in particolare di infanzia, adolescenza e genitorialità; Perito e Consulente Tecnico presso il Tribunale di Trento, è Responsabile della Sezione Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi (ACISF).
Autore di diversi libri e articoli Facci ha indagato a fondo in questi anni i temi che riguardano bambini e adolescenti, in particolare il loro rapporto con il web e il bullismo.
 

 
Dottor Facci, partiamo spiegando in parole semplici che cos’è la dislessia.
«La dislessia è una condizione per la quale una persona non riesce a leggere in modo adeguato rispetto alle aspettative per la sua età. Potrebbe leggere in modo più lento o con più errori, oppure sia in modo lento e scorretto; questo aspetto potrebbe comportare difficoltà anche nella comprensione del testo scritto.
«Le persone con dislessia non riescono quindi a decodificare correttamente il testo scritto, non sempre hanno anche problemi nella comprensione o nella produzione orale e presentano un funzionamento cognitivo in norma o sopra norma.
« Non presentano altri deficit in quanto la dislessia è appunto un disturbo specifico dell’apprendimento. In presenza di altri deficit (compromissione delle abilità visive, uditive, intellettive, ecc..) non si può diagnosticare la dislessia.»

Spesso viene riconosciuta a scuola, quali sono i segnali a cui prestare attenzione?
«La scuola primaria, entro la fine del secondo anno, secondo quanto stabilito dalla Legge 170/2010, deve far presente ai genitori l’eventuale persistere di eventuali difficoltà in letto-scrittura, suggerendo un approfondimento specialistico. Almeno un 20% di bambini si stima possano avere difficoltà di apprendimento nei primi due anni della scuola primaria, tuttavia entro la fine del secondo anno tali difficoltà dovrebbero rientrare.
«Qualora nonostante un trattamento didattico mirato di recupero e/o potenziamento delle abilità deficitarie non fosse sufficienti a migliorare le prestazioni di letto-scrittura, è corretto chiedere un approfondimento specialistico proprio in quanto uno dei segnali della presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento come la dislessia è proprio la resistenza ai trattamenti didattici.
«Inoltre, la confusione tra lettere simili, l’inversione di lettere o numeri o la difficoltà ad organizzare gli spazi del foglio possono rappresentare indicatori degni di attenzione.»
 
I bambini che soffrono di dislessia possono imparare a leggere e a scrivere come gli altri?
«Per quanto attiene alla lettura i bambini con dislessia possono sicuramente imparare a leggere, ma non necessariamente come gli altri. Possono trovare giovamento – in funzione delle diverse entità del disturbo – ad esempio nella lettura a computer con font specifici che facilitano la lettura, oppure con software che leggono per il bambino evidenziando man mano le parole aiutandolo a seguire la lettura, o ancora attraverso audiolibri.
«Si tratta dunque di identificare strategie e di svolgere adeguati percorsi specialistici che possano appunto aiutare a compensare tale difficoltà. La scrittura nel caso di sola dislessia normalmente non risente in particolare di significative difficoltà, tuttavia, spesso questi disturbi si presentano insieme, e dunque un bambino con dislessia potrebbe avere anche difficoltà ortografiche (disortografia) o nella sua capacità di produrre un tratto grafico adeguatamente leggibile (disgrafia).
«In questo caso si può compensare aiutando il bambino a impugnare meglio la penna, ad usare un piano inclinato e ben illuminato, utilizzando lo stampato maiuscolo e non corsivo o, infine, utilizzando la scrittura digitale.»
 
In che modo la loro carriera scolastica sarà diversa?
«Non dovrebbe esserlo: se adeguatamente e tempestivamente identificati, se aiutati nell’utilizzare i giusti strumenti compensativi, la carriera scolastica di un bambino con DSA non dovrebbe risentire della loro condizione.
«Ricordiamoci che il funzionamento cognitivo è in norma, sono quindi ragazzi che potranno scegliere qualsiasi tipo di percorso scolastico o universitario.
«L’unica eccezione è da fare per la discalculia, ovvero per le difficoltà nelle abilità di numero e calcolo, dove nei casi più gravi porta gli studenti ad evitare percorsi che richiedono particolari attitudini verso il numero-calcolo.»
 
La dislessia è un disturbo transitorio o permanente?
«La dislessia, come tutti i DSA, è una condizione, quindi non può guarire, non è una malattia e dunque non esiste terapia. È una condizione neuro-biologica permanente.
«Ciò che può accadere, in particolare grazie a un intervento precoce, è che le prestazioni del bambino in letto-scrittura possano migliorare anche sensibilmente, grazie a potenziamenti mirati e all’uso corretto di strategie e strumenti compensativi, tuttavia, se la diagnosi era corretta, per quanto possano migliorare, le prestazioni non saranno mai in norma.
«È bene dunque cercare di intervenire precocemente e favorire il miglior percorso possibile.»
 
Quanto è importante il supporto in classe e quando a casa da parte della famiglia?
«È un obbligo di legge: la scuola deve attivare, a fronte della certificazione diagnostica, un piano didattico personalizzato (in trentino chiamato piano educativo personalizzato), prevedendo gli strumenti compensativi e/o dispensativi (per esempio il bambino può essere dispensato dalla lettura ad alta voce) che possano mettere in condizione il bambino di poter arrivare agli stessi obiettivi formativi degli altri.
«La famiglia gioca un ruolo cruciale nel non medicalizzare la condizione del bambino e anzi rassicurando il bambino sul fatto che non è tanto diversa la sua difficoltà dall’essere miopi per esempio. Ognuno può avere dei piccoli deficit che però possono essere compensati.»
 
Cosa si può fare di più o di diverso nella scuola italiana per aiutare i bambini dislessici?
«Lavorare sull’accettazione delle diversità: ogni bambino ha punti di forza e di debolezza. C’è quello che ha difficoltà in matematica ma è un ottimo lettore, c’è il musicista che però è impacciato nelle attività fisiche, c’è quello che ci vede male ma ci sente bene e via dicendo.
«L’inclusione sociale passa dall’accettazione del diverso, e tutti siamo diversi. Non dimentichiamoci infatti che il clima emotivo-relazionale in cui sono inseriti i bambini è determinante per le loro capacità di apprendimento.»
 
Quali sono i falsi miti su questo disturbo? Quali invece gli aspetti più sottovalutati?
«Proporrei i seguenti principi assoluti da tenere presenti quando si parla di bambini con DSA»

Non è una malattia.
Non si può guarire.
Non sono asini.
Non sono «handicappati» o nel migliore dei casi non sono «diversamente abili».
Non hanno bisogno (né diritto) dell’insegnante di sostegno.
Non sono sempre super intelligentissimi ne ipersensibilibilissimi.
Sono bambini normalissimi, che hanno diritto di essere trattati come tali, senza pretese eccessive né in bene né in male.
Essere bambini normali è un diritto: non dobbiamo sempre essere i più belli, i più bravi, i più veloci ecc.
Non è una epidemia, non c’è nessuna esplosione di casi, non è contagioso.

Avere questo tipo di disturbo può avere ripercussioni anche sull’autostima, come aiutare i bambini e ragazzi nel gruppo dei pari?
«Non è l’avere il disturbo ad avere ripercussioni sull’autostima, ma eventualmente sono un mancato adeguato intervento, o un intervento sbagliato, o una scarsa comprensione ecc. a determinare gravi ripercussioni psicologiche sui bambini.
«Il gruppo dei pari va edotto di tutte le difficoltà e di tutti i pregi che ogni bambino ha, educandoli all’accettazione dei limiti di ognuno.»
 
Quali sono le ultime avanguardie in campo terapeutico?
«La ricerca negli ultimi anni si è sempre focalizzata solo sugli aspetti di consapevolezza fonologica implicati nella lettura.
«Le ultime ricerche danno molto peso però anche agli aspetti visivi e si è scoperto come anche training visivi mirati possono aiutare a potenziare le abilità deficitarie.»
 
Quali sono le modalità della certificazione?
«Per quanto attiene alla Provincia autonoma di Trento la certificazione diagnostica deve rispettare un preciso protocollo che indica con esattezza quali test vanno utilizzati e cosa deve contenere la relazione.
|La certicazione può essere rilasciata psicologi e/o neuropsichiatri infantili, coadiuvati anche da un logopedista. Può essere richiesta presso l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari ai reparti di Psicologia Clinica o NeuroPsichiatria Infantile, oppure ci si può rivolgere a un centro privato che dovrà comunque rispettare il protocollo e sottoporre a vidimazione dell’Azienda Sanitaria la propria certificazione. »
 
È vero che negli ultimi anni sono triplicati i bambini con diagnosi DSA?
«No. Semplicemente poiché la Legge 170 è del 2010, negli ultimi anni il rispetto della Legge ha permesso di meglio identificare i bambini con tali disturbi che prima spesso venivano identificati banalmente come poco intelligenti.
«Questo chiaramente ha portato a un aumento delle diagnosi rispetto a prima del 2010, ma ad oggi i numeri sono in linea con le aspettative scientifiche: nessun allarmismo.
«Certo possono esistere, come in tutti i campi della medicina, alcuni falsi positivi o falsi negativi, ovvero bambini con diagnosi errata o bambini che dovrebbero avere la diagnosi e che non vengono correttamente identificati.»

Nadia Clementi - [email protected]
Dott. Michele Facci - Psicologo Direttore Sanitario
https://www.studiopsicologiafacci.it - https://www.reverditoeditore.it/prodotto/dislessia/
 
Michele Facci ha già pubblicato:
Berti M., Valorzi S., Facci M. (2017), Cyberbullismo. Guida completa per genitori, ragazzi e insegnanti, Reverdito Editore, Trento.
Facci M., Valorzi S., Berti M. (2013), Generazione Cloud. Essere Genitori ai tempi di Smartphone e Tablet, Erickson, Trento.
Facci M. (2010), Le reti nella Rete – I pericoli di internet dal cyberbullismo alle sette pro-ana, Erickson, Trento.