Storie di donne, letteratura di genere/ 314 – Di Luciana Grillo
Elena Ferrante, «La vita bugiarda degli adulti» – Mai un titolo è stato così esplicito: proprio la «vita bugiarda» di adulti che lei smaschera senza pietà
Titolo: La vita bugiarda degli adulti
Autrice: Elena Ferrante
Editore: E/O 2019
Genere: Narrativa italiana contemporanea
Pagine: 336, brossura
Prezzo di copertina: € 19
Dopo i tanti successi, dopo la quadrilogia che l’ha resa famosa nel mondo, Elena Ferrante si cala nei panni di una bambina che diventa donna.
Giovanna è figlia di un padre amorevole, professore universitario, sempre impegnato nei suoi studi, eppure vicino alla sua bimba con tenerezza.
La mamma è un’insegnante che cura anche la stesura di romanzi rosa.
«Quant’ero stata fortunata, non avrei potuto averne di migliori. Erano bellissimi e si erano amati fin da ragazzi…» pensa la piccola Giovanna dei suoi genitori.
I loro amici sono Mariano e Costanza: si incontrano spesso, i due uomini discutono, le donne conversano mentre Giovanna – figlia unica – trova in Angela e Ida, le figlie di Mariano e Costanza, amiche con cui giocare, a cui confidare piccoli segreti.
Giovanna ricorda con affetto i nonni materni, ma quasi non conosce i parenti di suo padre. Sa di vecchi rancori non sopiti, di una famiglia disunita, «in una città come Napoli popolata di famiglie dalle numerose ramificazioni che pur tra litigi anche sanguinosi finivano per non tagliare mai davvero i ponti».
Nella famiglia di suo padre, i ponti erano stati tagliati bruscamente.
È quando il padre Andrea dice alla moglie che Giovanna sembra somigliare a Vittoria che nella ragazzina nasce la curiosità di conoscere la sorella di suo padre, Vittoria, di cui ha sempre sentito parlar male.
Giovanna si rende conto di abitare in una città complessa: «per andare da loro bisognava calare giù, più giù, sempre più giù, nel fondo del fondo di Napoli, e il viaggio era così lungo che mi pareva… che noi e i parenti di mio padre abitassimo in due città diverse».
Eppure va da Vittoria, in un rione lontano, periferico, tanto diverso dai luoghi che frequenta abitualmente, e questa zia aggressiva, che parla in dialetto e si esprime in modo sguaiato, la invita a guardare i genitori con occhi diversi, a scoprire che il loro mondo fatto di formalismi è finto, che le amicizie sono solo apparenti, che le contraddizioni sono lampanti: «bugie, bugie, gli adulti le vietano e intanto ne dicono tante…».
Giovanna matura scoprendo verità dolorose, assistendo alla separazione dei genitori, perdendo le sue amiche più care, mentre, frequentando Vittoria – e con lei Margherita e i suoi figli – si accorge che altri modi di vivere sono possibili, se l’amante di un uomo può diventare quasi una sorella per la donna che ne era stata moglie e una madre per i loro figli.
La tenera adolescente che all’inizio del romanzo cresceva coccolata dal papà e dalla mamma perde interesse per la scuola (fino a farsi bocciare! Ma i genitori le vietano di dirlo in giro…), sente crescere dentro di sé «un violentissimo bisogno di degradazione – una degradazione impavida, però, una smania di sentirmi eroicamente turpe…». Quasi a volersi punire, o a voler punire i suoi genitori.
L’ascolto delle parole di Roberto la turba, sente forse che di lui potrebbe fidarsi – anche se per certi versi le ricorda suo padre – e vorrebbe incontrarlo ancora, ma «arretrai, mi confusi, e, pur di trovare qualcosa che ingarbugliasse la matassa al punto da impedire l’incontro, tirai in ballo Angela… volevo evitarmi ulteriori noie e tensioni. Ma i pensieri sprigionano a volte una forza latente, afferrano immagini contro la tua volontà, te le spingono per una frazione di secondi sotto gli occhi».
La prosa di Ferrante è possente, incisiva, nulla viene lasciato al caso, né una parola, né una virgola, sia che si tratti di rapporti fra ragazzi che di temi etici e religiosi.
Giovanna non è stata educata alla fede, ma legge le Sacre Scritture e senza timori dice a Roberto che «Gesù è il figlio di Dio ma fa miracoli inutili, si lascia tradire e finisce in croce. Non solo: chiede al padre di risparmiargliela, la croce, ma il padre non muove un dito e non gli risparmia nessun tormento».
E con la stessa sicurezza continua: «La poesia è fatta di parole, esattamente come la chiacchiera che stiamo facendo. Se il poeta prende le nostre parole banali e le libera dalla chiacchiera, ecco che esse, dall’interno della loro banalità, manifestano un’energia inattesa. Dio si manifesta allo stesso modo».
E così cresce e matura, decidendo con cura spietata chi debba essere a farla diventare donna.
Mai il titolo di un romanzo è stato così esplicito: la vita degli adulti che ruotano intorno a Giovanna è proprio una «vita bugiarda» che lei smaschera senza pietà.
Luciana Grillo - [email protected]
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