Cartoline di Bruno Lucchi: Non me ne voglia Amélie Nothomb

«È un errore, una mostruosità, ma rimarrà una delle storie più sconvolgenti di tutti i tempi. La chiameranno la Passione di Cristo» – Amélie Nothomb

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«Leggilo», mi dice il mio amico Gianni mentre posa il libro sul tavolino di vetro del mio studio.
Faccio cadere lo sguardo sulla copertina: «Sete». Amèlie Nothomb. Edizioni Voland.
«Narra il tema della Passione utilizzando un linguaggio particolare, – aggiunge. – Inedito. Sarebbe bello accompagnare ad alcune frasi, la Via Crucis che hai esposto, tempo fa, alla Chiesa di San Fermo a Verona e a San Zenone a Brescia.»
Il giorno dopo l'ho letto. Bello. Molto. Un capolavoro.
 
Ho pensato: a un capolavoro non c'è nulla da aggiungere.
La proposta, seppur gradita, l'ho riposta nella libreria di casa.
Ma la vita è imprevedibile. Non chiude mai le porte a chiave.
Oggi – che il coronavirus ha costretto ad annullare le celebrazioni della Settimana Santa – ho pensato che quella sfida poteva avere un senso. Un’utilità, per credenti e non.
Il risultato è qui, in questa «cartolina».
 
Bruno Lucchi.
 

 
Condanna a morte.
Ho sempre pensato che mi avrebbero condannato a morte.
«Accusato, hai qualcosa da dire?»
«No» – ho risposto.
 
In realtà non ho detto nulla perché avevo troppo da dire.
Pilato si alzò e dichiarò:
«Accusato, sarai crocifisso.»
Ho apprezzato molto la sua economia di parole.
Non è stata una notizia da poco
 

 
La croce.
Mi accorgo della croce contro il muro.
Valuto mentalmente il suo peso.
Sarò in grado di portarla?
Domanda inutile. Capace o no, dovrò cavarmela.
Mi mettono una corona di spine in testa.
Il senso del ridicolo non ha il potere di uccidere, peccato.
 

 
La prima caduta.
Il carico assorbe tutta la mia energia.
Non cadere. È vietato. Sento che sto per cadere.
Non posso farci nulla, c'è un limite e l'ho quasi superato.
È questione di secondi. Eccoci, cado.
Almeno posso godere qualche istante di sollievo.
 


Incontro con la Madre.
Credevo di aver toccato il fondo, ed ecco mia Madre.
No. Non guardarmi, per favore.
Hai gli occhi spalancati per l'orrore.
È contro natura morire prima della madre.
Non è il nostro ultimo bel momento.
È il nostro momento peggiore.
Mamma ti amo.
 

 
L'aiuto di Cireneo.
I romani iniziano a capire che non arriverò vivo al Golgota.
Sarebbe per loro un fiasco incredibile: che senso ha crocifiggere un morto?
Allora prendono un tizio di ritorno dai campi.
«Sei requisito. Aiuta questo condannato a portare il suo carico.»
Cireneo non si pone alcuna domanda.
Vede uno sconosciuto che arranca sotto un peso troppo grande per lui,
non ci pensa due volte, mi aiuta.
Esistono persone così. Non sanno di essere rare.
 

 
Asciugato da Veronica.
Fa un caldo terribile.
Le sopracciglia non bastano, il sudore della fronte mi cola negli occhi.
Una stoffa dolce e deliziosa si sposa con il mio viso in una carezza di seta.
Chi può essere capace di un tale gesto?
«Mi chiamo Veronica», – dice.
Su questo pianeta esistono Simone di Cirene e Veronica.
Due coraggi di una sublimità senza pari.


 
Seconda caduta.
Ritorno in me. Lotto.
Scendo a patti con me stesso: «solo un passo in più... solo un mezzo passo in più.»
Mi sembra di trasportare questa croce da ore. È di certo inesatto.
Assaporo l'idea di cadere una seconda volta.
Che bello lasciarsi andare e sottomettersi alla legge di gravità!
 

 
Le figlie di Gerusalemme.
Si accalcano attorno a me piangendo.
Cerco di convincerle ad asciugare le lacrime:
«Suvvia, non è che un brutto momento, passerà, si sistemerà tutto.»
Non credo a una sola parola di ciò che dico.
Non si sistemerà niente. Sarà sempre peggio.
 

 
Terza caduta.
Cado per la terza volta.
Intravedo la sommità del Golgota.
Quando si sale una montagna, la si guarda dapprima dal basso,
e non sembra poi troppo alta.
Bisogna arrivare in cima per rendersi conto dell'altitudine.
Stento a credere che una volta sulla croce
soffrirò più di quanto non stia soffrendo adesso sotto di essa.
 

 
Spogliato delle vesti.
Non so come ho fatto a rimettermi in piedi.
Non posso nemmeno provare la gioia di chi ha superato una prova,
so che sta per cominciare qualcosa di tutt'altro genere.
Non tardano a farmelo notare nel modo più semplice: mi spogliano dei miei vestiti.
Si tratta solo di una tunica di lino e una cintura.
Mi rendo conto del valore di quegli stracci.
Finché siamo vestiti, siamo qualcuno.
Non sono più nessuno. Non sono più nulla.
 

 
È Crocefisso.
Non oso guardare i due uomini crocifissi che sono già al proprio posto.
Il momento è giunto. Mi stendo sulla croce.
L'ho portata fin qui, da adesso in poi lei porterà me.
Vedo arrivare i chiodi e i martelli.
La paura mi toglie il respiro.
Mi inchiodano i piedi e le mani.
E poi alzano la mia croce tra quelle dei miei fratelli.
Sono interamente consegnato al mio dolore.
 

 
Morte.
Questo punto di osservazione è concesso a una persona soltanto,
non che io sia l'ultimo crocifisso della specie – sarebbe troppo bello -
ma nessun'altra crocifissione avrà mai una risonanza simile.
Mio Padre ha scelto me per questo ruolo.
È un errore, una mostruosità, ma rimarrà una delle storie più sconvolgenti di tutti i tempi.

La chiameranno la Passione di Cristo.
Il centurione annuncia: «È morto.»
I pochi ancora in piedi davanti a me se ne vanno a testa bassa. Desolati.
La maggior parte si aspettava un miracolo.
È accaduto ma nessuno se n'è accorto.


 
Deposto dalla croce.
«Tuo Figlio ha smesso di soffrire» – dice Maddalena a mia Madre.
Si gettano una nelle braccia dell'altra.
Mia Madre chiede che le consegnino il cadavere.
Nessuno contesta il suo diritto.
Amo questo momento.
L'abbraccio di mia madre è di una delicatezza estrema.
Mamma che privilegio essere tuo figlio.
 

 
È sepolto.
Dopo numerosi canti, sono stato messo nel sepolcro.
Con gesti dolcissimi sono stato avvolto in un sudario e deposto in una rientranza della cripta.
Le persone hanno preso congedo da me e hanno chiuso la porta del sepolcro.
Allora ho provato un momento di pura vertigine: essere lasciato solo con la propria morte.
 

 
Resurrezione.
Non appena tutto si è concluso, per me è cominciata la festa.
Il cuore mi è esploso di gioia. Una sinfonia di letizia ha preso a risuonare dentro di me.
Sono rimasto sdraiato a esplorare questa felicità finché non ce l'ho più fatta.
Mi sono alzato e ho danzato.
Quando la cripta non è stata più sufficiente a contenere la mia esultanza sono uscito.
Ci si è spesso domandati come ho fatto, con quale magia.
È stato così naturale per me che non so rispondere.
 
C'era vento e ho respirato a pieni polmoni.
Ho iniziato la mia vita eterna.
 
Liberamente tratto dal libro «Sete» di Amélie Nothomb. (Voland)

 Bruno Lucchi 
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