ISTAT: non esistono più la classe operaia né la piccola borghesia

Pubblicato il rapporto annuale che traccia un profilo socio economico del Paese

Il rapporto annuale dell’ISTAT è un documento complesso, che da solo meriterebbe l’intervento di esperti per tradurre al pubblico i significati delle rilevazioni effettuate.
Quello che noi abbiamo pensato di estrapolare riguarda la situazione delle classi sociali in Italia.
Rispetto al 68, si sono disgregate le vecchie classi sociali. La classe operaia non esiste più, così come è scomparsa la piccola borghesia.
Questo è l’effetto dell’appiattimento della distribuzione dei redditi. Lee spese cosiddette necessarie hanno reso uguali i problemi e pertanto anche i comportamenti sociali.
La crisi ha fatto scomparire le professioni intermedie e ha spinto verso il basso la qualificazione media.
 
Quello che preoccupa di più è quel milione e 600 mila famiglie in stato di povertà assoluta. La soglia di povertà è stabilita nella misura di un reddito annuale pari alla metà delle retribuzioni minime del paese.
Inoltre, il 28,7% della popolazione è a rischio di povertà o di esclusione sociale.
Il 64% delle disuguaglianze, precisa l’ISTAT, è dato dai redditi da lavoro uniti a quelli di capitale. L’appartamento ereditato è una forte discriminante sociale, mentre le pensioni sociali contribuiscono alle diseguaglianze nella misura del 20%.
Infine, il 70% degli under 35 vive ancora con i genitori. D’altronde, negli anni ’70 il matrimonio era la via più diffusa per lasciare la famiglia, che a sua volta significava «libertà». Oggi i ragazzi non si sentono limitare la libertà solo perché vivono nella famiglia dei genitori.