Il nostro J'accuse! sull'incapacità di gestire crisi ed emergenze
In Italia non c'è un progetto per regolare siccità e alluvioni, non c'è un piano B sulla produzione di energia elettrica. Ci facciamo pollastrare dai vicini di casa…
Le emergenze che si stanno assommando in questo pesante 2022 dovrebbero far pensare.
Anzi, dovrebbero insegnare, perché è dagli errori che si impara ad aggiustare il tiro.
Non vogliamo parlare della pandemia - anche se potrebbe non essere finita del tutto - perché ormai gli errori più grossi sono stati fatti ed è difficile ripeterli.
Ma della crisi energetica e della siccità vogliamo proprio parlarne, perché qui sembra davvero che non abbiamo imparato nulla. Cioè gli errori continuiamo a farli impunemente. E il PNRR non ha preso in seria considerazione la necessità di affrontarli.
Cominciando dalla crisi energetica, sembra che quella del 1973 non ci abbia insegnato nulla. I giovani non possono ricordarlo, dato che è lontana nel tempo e che - essendo stata stata una pagina penosa per il nostro Paese - non se ne è parlato più.
Ma è bene sapere che allora la domenica non si poteva usare l’automobile e lungo la settimana si doveva circolare a targhe alterne. Non c’era più petrolio perché i Paesi dell’OPEC avevano chiuso i rubinetti per protestare contro l’Occidente che aveva spalleggiato Israele nella guerra con gli stati arabi.
Poi per fortuna, visto che ci rimettevano anche loro, i rubinetti sono stati riaperti.
Ma la crisi aveva messo in risalto la necessità per l’Italia di avere riserve strategiche e almeno un «piano B».
Beh, non ci sono riserve strategiche neanche oggi e sul Piano B si sta solo litigando.
Mentre stiamo a pensare sul da farsi, ci facciamo pollastrare dai paesi vicini che ci portano via le risorse provenienti dai giacimenti che si trovano nei pressi del nostro Paese.
Per non far nomi, ricordiamo che sotto il fondale del mare Adriatico ci sono enormi riserve di metano, che i nostri bravi ambientalisti ci hanno impedito di estrarre, consentendo così alla Croazia di estrarlo a nome suo e vendercelo a prezzo di mercato.
E questo è solo un esempio più evidente degli altri. Ma le situazioni sono molte e vergognose.
Dimentichiamo che i Pentastellati avevano provato a impedire la conclusione del gasdotto che arrivava in Puglia, dato che siamo riusciti a portarlo avanti lo stesso. Semmai ricordiamocelo alle prossime elezioni.
Ma il voler fare demagogia a tutti i costi senza un piano energetico preciso, è un suicidio politico, sociale ed economico.
Siamo tutti d’accordo che si deve smettere il più presto possibile a consumare carburanti di natura fossile, ma non possiamo farlo finché non abbiamo un’alternativa. Che, a quanto pare, facciamo fatica a trovare.
Non siamo contro gli ambientalisti, sia ben chiaro, tutti partiti devono essere ambientalisti cum grano salis.
L’energia atomica al momento è l’unica soluzione al momento disponibile. Energia che oggi possiamo definire pulita. Le centrali di quarta generazione producono poche scorie radioattive, hanno limitato i rischi al 90 percento, e sarebbero totalmente italiane.
Al momento stiamo attingendo all’energia atomica prodotta da centrali di terza generazione a ridosso dell’Italia, facendo la fine stessa della Croazia che ci soffia il metano per vendercelo.
L’Italia ha votato per il referendum contro l’energia atomica nel 1987, l’anno dopo Chernobyl. Scontato il risultato negativo. Così come era scontato quello del 2011, in quanto gli italiani erano stati chiamati a votare l’anno di Fukushima.
Eppure proprio l’incidente in Giappone, se da una parte ha confermato che gli incidenti possono sempre accadere, dall’altra ha dimostrato che non è morto nessuno. E non era neanche un impianto di terza generazione.
Tutto questo lo diciamo perché se vogliamo che entro 10 anni in Europa circolino solo auto elettriche, dobbiamo essere certi che per produrre energia elettrica non si debbano usare ancora combustibili fossili, che farebbero più danni delle automobili con motore a scoppio.
Nella crisi energetica attuale, vanno inoltre presi in considerazione altri aspetti.
Il primo è che il prezzo europeo è frutto esclusivo di speculazioni. Le società che gestiscono gas e petrolio stanno vendendo ai prezzi di oggi anche i prodotti pagati ai prezzi vecchi. Per questo Draghi vuole tassare i super ricavi.
Ma forse sarebbe il caso di fermare un po’ il meccanismo perverso della speculazione. Il gas costa troppo? Perché non fermiamo gli acquisti in attesa di tempi migliori? La crisi di astinenza da vendita colpisce più i produttori che i compratori. L’abbiamo visto nel 1973.
Certo ci è difficile capire per quale motivo l’energia idroelettrica prodotta nelle Alpi debba costare come quella prodotta dai combustibili fossili di importazione.
Ma allora parliamo proprio di dighe e di centrali idroelettriche.
Producono energia pulita e rinnovabile, anche se richiedono il sacrifico di un’ampia porzione di territorio. E il lago che si va a formare tende a cambiare il microclima della zona. Basti pensare che il lago di Powell, creato in Arizona sbarrando il fiume Colorado, ha mitigato la zona desertica della riserva Navajo.
Quello che vogliamo dire qui è che il costo di produzione dell’energia idroelettrica rimane costante negli anni, ma il suo prezzo è stato portato ai livelli di prezzo unico dell’energia.
Ma le dighe hanno assunto anche un altro ruolo molto importante, quello di regolare le portate sia in caso di siccità che di alluvione.
I Trentini ricorderanno i livelli del fiume Adige che si portano al massimo della sua portata prima ancora che l’alluvione abbia inizio. Questo perché i gestori alleggeriscono gli invasi in modo che possano contenere la grande quantità di acqua che si prevede di dover ricevere.
Per questo motivo, anni fa la Provincia autonoma di Trento aveva pensato di costruire la diga di Valda sull’Avisio, in modo da poter gestire meglio le alluvioni, che abbiamo visto prediligere appunto l’Avisio.
Gli ambientalisti si erano opposti perché temevano che fosse una scusa per creare un’altra centrale idroelettrica. E così siamo rimasti senza una protezione dalle alluvioni e, quel che è peggio, senza una riserva per i periodi di siccità.
Con il senno di poi, sarebbe stata utilissima anche la temuta centrale idroelettrica.
In questo periodo gli invasi delle centrali contengono poca acqua, sia perché non piove praticamente da tre mesi, sia perché la neve è quasi completamente disciolta.
La Regione Veneto ci chiede una maggiore portata idrica, ma lo scopo principale delle dighe è quello di produrre energia elettrica e non si può scendere sotto i livelli di guardia.
Però l’Italia, che soffre troppo sia di siccità che di alluvioni, non ha fatto quasi nulla per equilibrare le due situazioni.
A monte del Lago Maggiore è stata costruite una diga proprio per regolare i livelli del lago, che in passato ha perfino tracimato.
Ma sul Po non è stato fatto nulla. Si sta in apprensione quando le sue acque riempiono i canali di scolmamento e si piange quando la siccità lo prosciuga.
Possibile che non si riescano imbrigliare le acque eccessive per ridistribuirle poi nei momenti di siccità?
Noi non siamo dei tecnici, ma siamo certi che sia possibile creare dei sifoni in tal senso. Cosa aspettiamo ancora?
E, già che aspettiamo, perché non ne approfittiamo per pulire i letti dei fiumi in secca, che sono pieni di materiale scaricato proditoriamente come se fossero discariche?
G. de Mozzi