Giornata nazionale dedicata al Parkinson – Di Nadia Clementi

Ne parliamo col Presidente dell'Associazione Parkinson Trento Domenico Manigrasso

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Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva che coinvolge principalmente alcune funzioni come il controllo dei movimenti e dell’equilibrio; per questo si riconosce in particolare per il tremito delle mani o del capo. I sintomi però non sempre sono così visibili e la malattia colpisce soprattutto il cervello.
I sintomi del Parkinson sono forse noti da migliaia di anni: una prima descrizione sarebbe stata trovata in uno scritto di medicina indiana che faceva riferimento ad un periodo intorno al 5.000 a.C. e un'altra in un documento cinese risalente a 2.500 anni fa.
Il nome è legato però a James Parkinson, un farmacista chirurgo londinese del XIX secolo, che per primo descrisse gran parte dei sintomi della malattia in un famoso libretto, il «Trattato sulla paralisi agitante».
 
La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile.
L'età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni.
Ad ogni modo sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l'età è superiore agli 85; una malattia dunque che colpisce i nostri anziani rendendone difficile la quotidianità e procurando preoccupazioni e dispiaceri.
 
Nel nostro Trentino c’è un dato allarmante rispetto a questa malattia: gli ammalati di Parkinson nella nostra regione sono 1.300 per una media di oltre il 2 per mille della popolazione totale. Un dato decisamente più alto rispetto a quello nazionale che si ferma all’1,2 per mille.
Ancora più inquietante è la concentrazione degli ammalati nella Valle di Non: una coincidenza che non ha ancora una prova certa, ma c'è la possibilità che la causa sia riconducibile all'uso dei pesticidi.
Un’ulteriore prova a riguardo si può trovare in Francia dove, ad esempio, il Parkinson è riconosciuto come malattia professionale degli agricoltori.
 
Negli ultimi anni la medicina, sembra inutile ribadirlo, ha fatto passi da gigante e insieme a lei anche la sensibilizzazione e le opere di volontariato intorno a questa malattia e alle persone che ne sono affette: già, perché non dobbiamo dimenticare che ogni qual volta un anziano si ammala non è solo una persona a soffrirne, ma un intero sistema familiare, che deve attivarsi per assistere la persona anziana con tutte le conseguenze psicologiche ed emotive che ne conseguono.
Dal 1990 è nata a Trento l’Associazione Parkinson che da 27 anni si prodiga per aiutare i malati e le proprie famiglie. Tra i tanti traguardi raggiunti ricordiamo quello nel 2011 di aver ottenuto il riconoscimento del Parkinson come «malattia» e non più come «morbo» dal servizio sanitario trentino; in questo modo le cure sono oggi a carico dell’assistenza pubblica con la conseguente apertura di ambulatori multidisciplinari e l’assunzione di 5 operatori specializzati.
 
Di questa malattia e del futuro dell’Associazione Parkinson ne abbiamo parlato con il suo presidente, Domenico Manigrasso.
 

 
Presidente, nel 2015 fu proprio lei a lanciare l’allarme dell’alto tasso di malati di Parkinson in Trentino. Come si è evoluta la situazione a distanza di due anni?
«Il dato epidemiologico su cui si basava la Provincia e l'Azienda Sanitaria Provinciale prima del 2015, era sottostimato in quanto non c'era una rete sanitaria che monitorava il bisogno di cura e di assistenza dei malati di Parkinson in Trentino.
«Ora, con gli ambulatori Multidisciplinari Parkinson istituiti  presso le U.O. di Neurologia di Trento e Rovereto che sono diventati Poli di attrazione dei bisogni e l'attenzione sociale e di conoscenza indotta, anche dalla nostra Associazione, abbiamo avuto riscontro che il nostro grido di allarme era reale e che il numero degli ammalati tende continuamente a crescere. L'invecchiamento della nostra società sicuramente non aiuta.»
 
Il collegamento tra l’insorgenza della malattia e l’esposizione ai pesticidi ha trovato riscontro?
«Numerose sono state le ipotesi formulate alla ricerca delle cause che portano alla degenerazione e alla morte dei neuroni dopaminergici. Attualmente, si ritiene che su un terreno di predisposizione genetica intervenga l'esposizione ambientali a fattori tossici quali sostanze derivati da processi industriali (manganese,ferro,piombo,mercurio, rame) o prodotti agrochimici presenti sopratutto in ambienti rurali (pesticidi e rotenone).
«Studi recenti, hanno messo in collegamento il microbioma intestinale e la malattia di Parkinson: nel nostro intestino vivono come ospiti, triloni di micro organismi che svolgono un ruolo fondamentale per mantenerci in buona salute e difenderci dalle sostanze tossiche, che provengono dall'esterno del nostro corpo;un'alterazione nella composizione del microbioma sarebbe alla base di malattie come cancro, ma anche di malattie neuro degenerative come il parkinson.»
 

 
Quali sono i risultati più importanti della ricerca in questi anni?
«La ricerca non ha prodotto risultati significativi per arrestare il decorso della malattia di Parkinson, ma vi sono molte novità incoraggianti per quanto riguarda la terapia farmacologica,e sulle terapie  complesse. Es. DBS-Stimolazione cerebrale profonda e Infusione di Duodopa.»
 
Quali sono le cause del Parkinson? In che modo si può prevenire, o rallentare, l’arrivo di questa malattia?
«Mentre ci sono stati rilevanti progressi nella comprensione dei meccanismi patogenetici, che stanno all'origine della malattia, dal punto di vista farmacologico la Levo-Dopa, scoperta ed utilizzata negli anni 60, resta a tutt'oggi il farmaco di riferimento nella terapia della malattia di Parkinson.
«La chirurgia con la stimolazione celebrale profonda (D.B.S.),è entrata di recente nella cura della malattia e viene riservata a casi ben selezionati.
«La riabilitazione neuromotoria e la terapia occupazionale integrano il ruolo del trattamento con i farmaci e sono importantissime per il mantenimento dell'autonomia motoria e di relazione dei pazienti.
«Nella presa in carico globale del paziente parkinsoniano è quindi importante stabilire un approccio multidisciplinare integrato, che preveda un team di operatori con competenze specifiche condivise.»
 

 
Quali sono le attività principali della vostra associazione? Quanti gli iscritti e quanti i volontari?
«L'Associazione Parkinson-Trento-Onlus  promuove ogni anno un programma molto vasto di attività che si svolgono a Trento e nelle sedi decentrate di Rovereto e Riva del Garda.
«Attualmente i soci sono 310 e il numero dei volontari 24.»
 
 LE ATTIVITA' DI SOSTEGNO 
GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: incontri tra ammalati e familiari sotto la direzione di un psicologo. Si tratta di due incontri mensili in ogni località.
 
INCONTRI INDIVIDUALI CON IL PSICOLOGO/PSICOTERAPEUTA: incontri per ammalati ma anche per i caregiver. Due incontri mensili in ogni località.
 
ATTIVITA' MOTORIA DI GRUPPO IN PALESTRA: sotto la guida di istruttori/ laureati in scienze motorie. L'attività fisica in gruppo aiuta le persone con Parkinson a combattere problemi motori e di coordinamento. Lavorare insieme, inoltre, crea un sostegno psicologico di reciproco aiuto tra pazienti. Gli incontri si tengono settimanalmente in ogni località.
 
ATTIVITA' MOTORIA DI GRUPPO IN VASCA TERAPEUTICA: L'acqua è un valido strumento che facilita i movimenti senza affaticare l'ammalato. Gli incontri si tengono settimanalmente in ogni località.
 
LABORATORIO CORALE: gli incontri si svolgono con tecniche di dialogo sonoro, logopediche, di musica cantata, con esercizi di vocalizzi musicoterapici indirizzati al miglioramento della fonetica e dell'espressione parlata, percorsi sonori di gruppo. Il laboratorio è condotto da un'insegnante laureata al conservatorio musicale. Gli incontri si tengono settimanalmente presso la sede di Trento.
 
INCONTRI INFORMATIVI: tenuti normalmente  dai medici delle U.O di Neurologia di Trento e Rovereto. Questi incontri consentono agli associati un'informazione aggiornata sull'andamento della ricerca, delle terapie farmacologiche, ma anche, per quanto riguarda suggerimenti e indicazioni di carattere generale. Questi  incontri sono tenuti presso la sede sociale,ma anche dislocati su tutto il territorio  del Trentino.


 
Quanto conta il supporto della famiglia ad un malato di Parkinson e quanto l’aiuto anche psicologico ai cosiddetti «caregiver»?
«La famiglia da sempre, ha rivestito un ruolo centrale nella cura; il sostegno, l'affetto del nucleo parentale costituiscono per il sofferente un fattore essenziale. I familiari, dunque, sono elementi terapeutici importanti, ma anch'essi devono compiere un cammino di accettazione e di maturazione che richiede tempo, impegno e supporto esterno. La malattia di Parkinson, anche se ad insorgenza graduale, rappresenta per la famiglia un momento di crisi profonda.
«Essa infatti, poiché ha un andamento cronico progressivo, richiede alla famiglia continui adattamenti necessari quali: cambiamenti di ruolo, di funzioni dei diversi membri del nucleo familiare e dinamiche ormai collaudate nel tempo, per consentire di adattarsi ad essa, cercando di mantenere il più possibile l'autonomia dei diversi membri.
«I caregivers informali (la persona che si prende cura del proprio caro) sono fondamentali nell'assistenza e nel sostegno ai malati, ma spesso sono lasciati soli a svolgere questo faticoso impegno.
«Numerosi studi hanno dimostrato che un malato di Parkinson seguito costantemente dalla famiglia è in grado di rispondere meglio al trattamento farmacologico proprio perchè più disponibile alla somministrazione dei farmaci e più sereno ad accogliere eventuali variazioni del loro dosaggio.
«È necessaria, quindi una stretta collaborazione tra lo specialista e la famiglia del malato che insieme possano contribuire e migliorare la qualità di vita di chi è affetto da questa malattia, rendendolo anche più ottimista e più sereno verso il futuro.
«Il caregiver è colui che offre assistenza e sostegno al malato, un bisogno di aiuto che spesso si traduce nella necessità di una continuità assistenziale (sino a 24 ore su 24) di cui, per definizione,non può farsi carico una  sola persona.
«Il suo benessere è fondamentale anche per il benessere della persona malata per questo bisogna in ogni modo tutelare la sua dignità e la sua qualità di vita. L'azione insostituibile dei caregivers non può essere spontanea e guidata solo da affetto e buon senso: i caregivers devono essere informati, istruiti e sostenuti per affrontare insieme al malato , le mille difficoltà della vita quotidiana.
«Occorre mettere a disposizione, contestualmente al manifestarsi del bisogno e alla decisione di dare cura una formazione immediata accessibile e personalizzabile in termini di contenuti. Essenziale è  anche a livello locale di punti/luoghi di ascolto in grado di favorire lo scambio di  esperienze e forme di mutuo aiuto.
«Se è vero che in questo campo esistono positive esperienze in particolare connesse a patologie di tipo cognitivo come ad es. la demenza senile e la malattia di Alzheimer, e pur vero che per  i caregivers di persone colpite dalla malattia di Parkinson, da ictus, da Sla ecc... mancano punti/ luoghi di aggregazione, di confronto, di scambio di informazioni e di prassi.
«In sintesi: occorre riconoscere il ruolo del caregiver e agire affinchè la persona che fornisce cura personale, sostegno ed assistenza ad un'altra persona che ha bisogni speciali per motivi quali: disabilità, malattie croniche, malattie mentali, fragilità o vecchiaia, possa godere degli stessi diritti, scelte ed opportunità delle altre persone in termini di vita personale, di partecipazione alla vita famigliare e a quella sociale.»
 

 
Quali sono gli obiettivi per il futuro dell’Associazione?
«La nostra Associazione fin dalla propria nascita, che risale al 1990 (la prima a costituirsi in Italia)  a perseguito un obiettivo molto importante, il riconoscimento e la presa in carico della persona malata di Parkinson da parte del Sistema Sanitario Provinciale, istituendo degli ambulatori multidisciplinari a Trento e Rovereto.
«La Giunta Provinciale con Delibera 2523 del  26 novembre 2011 ha approvato il nostro progetto, assegnando le risorse per costituire  all'interno delle U.O di neurologia di Trento e  Rovereto un ambulatorio Parkinson. Oggi questi ambulatori sono una realtà significativa, stanno funzionando bene, ma l'esperienza fatta ci serve per andare oltre, e proporre, costruire insieme un percorso per aggiungere un ulteriore passo avanti verso un sistema che sappia gestire e migliorare le criticità delle persone con malattie croniche e supportare in modo fattivo le loro famiglie.
«La Provincia di Trento è una delle provincie più anziane e presenta dati epidemiologici significativi rispetto alla presenza di malati di Parkinson, e per questo, come Associazione crediamo di dover andare oltre gli ambulatori Parkinson.Dobbiamo pensare di ampliare la nostra azione di stimolo, verso la politica Sanitaria in modo da articolare ed implementare gli ambulatori Parkinson con un'azione che si proietti sul territorio, verso le famiglie, in modo da dare supporto, aiuto immediato e costante ai bisogni.
«Questa priorità riguarda il malato di Parkinson con disabilità e decorso della malattia accentuata, che si trova Allettato e non più in grado di portarsi presso i centri e strutture convenzionati e che diventa di difficile gestione anche famigliare e che finisce inevitabilmente per  venire marginalizzato in strutture  assistenziali o case di riposo.
«Come Associazione stiamo elaborando un progetto Parkinson Casa che vuole colmare il vuoto assistenziale e sanitario sul nostro territorio, che consente al malato di essere monitorato e assistito  a casa con visite cicliche da parte di un neurologo e da altre figure specialistiche.»
 

 
Cosa manca in Trentino per rendere l’assistenza e la cura delle persone malate ancora più efficace?
«Secondo noi manca ancora una efficace e generale rete di sostegno e cura. Provo a spiegare meglio il mio pensiero. Nel nostro territorio abbiamo molte attività sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, purtroppo ancora troppo frammentate.
«Proviamo allora solo a pensare cosa potrebbe essere, in termini di qualità  se riuscissimo a mettere in collegamento il medico di base e la medicina specialistica con servizi sociali e le operatrici sanitarie del territorio e tutto  questo con i servizi  fisioterapici  e le attività di sostegno alla qualità della vita,creando una integrazione e uno scambio continuo di informazioni e di formazione e operatività.
«Si potrebbe intervenire tempestivamente e qualitativamente in modo mirato, creando un sistema che sappia rispondere ai bisogni degli ammalati cronici, non solo parkinsoniani.»
 
Nadia Clementi - [email protected]
Domenico Manigrasso - [email protected] - www.parkinson-trento.it
Associazione Parkinson Trento Onlus - Tel e fax : +39 0461 931943