Parliamo con un poeta del nostro tempo – Di Nadia Clementi
«Nel terzo millennio la vera medicina è la cultura e lo stile di vita»: la testimonianza longeva del poliedrico veronese Gilberto Antonioli
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«Nessuno invecchia semplicemente perché gli anni passano. Si invecchia quando si tradiscono i propri ideali. Gli anni possono far venire le rughe alla pelle, ma la rinuncia agli entusiasmi riempie di rughe l’anima.»
Le parole del poeta americano Samuel Ullman non possono risultare più vere se si osserva la vita di Gilberto Antonioli; giornalista e poeta, ma anche calciatore, atleta, corista, alpino, operaio, contadino, volontario, bancario.
Classe 1937 il poeta veronese dal 1998 a oggi è stato segnalato in circa cento premi letterari e suoi componimenti appaiono in moltissime antologie. Una terza età, la sua, che è il riflesso di un’esistenza intensa e piena.
Antonioli in settantotto anni, ha anche trovato il tempo di laurearsi, e non una sola ma ben sette volte, in materie che vanno dalla giurisprudenza alle scienze religiose passando per lettere e filologia.
Nel terzo millennio la medicina, il progresso, lo stile di vita hanno portato a un prolungamento dell’età continuo, e l’Italia è uno dei Paesi più longevi dove i nati nel 2012 hanno un’aspettativa di vita di circa ottantacinque anni, ma nell’arco di un’esistenza non contano solo il numero di candeline spente bensì come si è trascorso il tempo a disposizione.
Studi e ricerche continuano a confermare che l’allenamento mentale, una vita piena di passioni, gli stimoli intellettuali e un’esistenza senza troppi stress (vivono infatti mediamente più a lungo e in salute coloro che non si sposano e non fanno figli) sembrano essere la ricetta per una vecchiaia serena.
Gilberto Antonioli spegnerà settantanove candeline il prossimo 25 giugno e non è di certo pronto ad andare in pensione per la seconda volta.
La poesia per Antonioli è solo una delle tante passioni coltivate: ha fondato e diretto varie associazioni culturali e sportive, fra cui il Circolo Culturale Golosine, la corale Calabrini e il Circolo Culturale Verona Viva.
Ha svolto ogni tipo di lavoro, ha militato nel Corpo degli alpini ed è stato donatore di sangue, ha svolto un’intensa attività sportiva, sia come atleta sia come dirigente ed è stato insignito delle onorificenze di Cavaliere della Repubblica e del Sovrano Ordine del Recioto.
La scrittura ha sempre fatto parte della sua vita: ha collaborato infatti con diverse riviste e quotidiani, veronesi e nazionali, è stato premiato in molti concorsi di poesia conseguendo numerosi primi premi e sue poesie alcune sono state musicate, altre sono state tradotte in francese, tedesco, polacco, spagnolo e si trovano in importanti antologie.
Così Giuseppe Ridolfi ha parlato del poeta veronese in un’intervista: «I suoi volumi, lo collocano, fra gli esponenti della nuova poesia italiana, non più monotematica, ma politematica, non più contestatrice, ma propositrice, non più di dissacrazione, ma di riflessione (…).
«Il tema centrale è senza dubbio la fugacità del tempo e la necessità di immortalare il presente, cogliendo fino in fondo in esso il senso autentico e il vigore dell'esperienza: della bellezza, del piacere, dell'irriducibilità dell'attimo che fugge.»
Il poeta con la moglie Maria Teresa importante scultrice e pittrice.
«A Maria Teresa»
(dedicata alla moglie)
Desidero sedermi sulla riva
nell'attesa dell’arrivo delle onde
e cavalcare assieme a te quell’orizzonte
che si slancia all’infinito e non ha fine.
Dottor Antonioli, gli eventi che hanno caratterizzato la sua vita sono affascinanti e molteplici, di certo non si sarà annoiato e avrà anche conosciuto molte realtà diverse tra loro. Quali sono gli episodi, i momenti, le persone che le sono rimaste nel cuore?
«Non mi sono mai annoiato perché sono sempre stato curioso e ho cercato di capire il perché di tanti eventi. Durante la mia vita ho assistito a molte situazioni che mi hanno colpito e hanno inciso sul mio percorso esistenziale in maniera profonda.
«Le varie vicissitudini mi hanno messo di fronte a situazioni spesso difficili che ho cercato di affrontare coniugando temperamento e buonsenso. Nel cuore porto molti ricordi positivi che conservo assieme al ricordo di quelle persone che mi hanno aiutato a crescere e a interpretare la vita in senso positivo.
«Fra loro in primis trattengo con me la memoria degli insegnamenti e dell’amore dei miei genitori, forte, luminoso, scambievole. Fra i ricordi negativi, desidero raccontarne uno fra i tanti perché potrà essere propedeutico a molte persone.
«Ho frequentato dai dieci ai quindici anni un collegio. Ho vissuto male quel periodo, soffrendo per le ingiustizie subite e per un clima che, secondo me, non era certo di alto livello educativo. Per cui quando potei, convinsi mio padre a togliermi dal collegio e a continuare l’apprendimento in una scuola pubblica.
«Dopo alcuni anni, mi trovavo in una stazione in attesa di prendere il treno quando un signore rannicchiato su una carrozzina mi disse: scusami, ti chiedo perdono.
«Io rimasi in silenzio, sorpreso e scosso per le parole di quello sconosciuto. Ma osservandolo più da vicino lo riconobbi.
«Era un sacerdote, mio ex insegnante ai tempi del collegio. Mi strinse forte la mano e mi guardò con intensità. Piangeva.
«Gli sorrisi dicendogli: non si preoccupi, la ringrazio e naturalmente la perdono.
Mi allontanai leggero e felice. Era per me la fine di un incubo.»
Ci sono persone che sembrano non avere mai tempo, sempre affaccendate e assorbite dal lavoro, dalla famiglia, dagli impegni. La sua pur essendo una vita piena non da però l’impressione di essere frenetica. Qual’è il rimedio a questo male moderno che è lo stress?
«Spesso, reprimiamo le tensioni cacciandole in profondità nel nostro essere, e questa non è una cosa positiva, perché alla fine non saremo in grado di contenerle e si esprimeranno in maniera negativa.
«Trovo sia molto meglio sfogare lo stress con le ansie e le angosce, senza chiudersi in se stessi ma cercando di scaricare le tensioni: possiamo andare in un luogo isolato, meglio se immerso nella natura.
«Poi, una volta rilassati, si potrà procedere a un lavoro più profondo su se stessi. Da questo rilassamento potrà affiorare quello stato distaccato che ci permette di osservarci e vedere la nostra vera essenza.»
La poesia, così come i libri, le lettere, l’arte, l’avranno sicuramente aiutata in questo percorso di continua ricerca, e scoperta, quali sono i suoi autori e artisti di riferimento?
«La poesia è un rimedio efficace per chi la ama e se ne impossessa con passione. Io la ringrazio spesso anche quando, riflettendo sull’io, dalla poesia ricevo spunti di malinconia.
«Certo che Dante e Petrarca, Virgilio e Catullo, Rebora e Campana, nel campo letterario mi sono stati e ancora lo sono di grande aiuto per cogliere il profumo delle loro parole e creare atmosfere di bellezza e partecipazione.
«Quella di Catullo e Virgilio è poesia che risveglia nel lettore emozioni complesse, legate a momenti particolari supportati da un modo dotto di scrivere e di ricordare.
«I poeti hanno bisogno della collaborazione complice del lettore che condivide e comprende l’altezza di questi personaggi.
«Il mio riferimento a Rebora, poeta che sento molto vicino per la sua vicenda umana e non solo per la sua capacità di poetare è dovuta al fatto che lo sento come un esistenzialista che viaggia su due binari: lo scrittore, che è immenso e il sacerdote, che è protagonista di un viaggio che parte dall’ateismo e arriva alla conversione e al sacerdozio.»
«Il sussurro dell'universo»
Trasporta parole d'amore
il sussurro dell'universo;
sono rivolte all’uomo che soffre
che attende l’ascesi che dona la brezza
e paziente seduto sulla riva del fiume,
controlla il passaggio d’un misterioso barcone;
raccoglie in silenzio messaggi di pace
che avvolgono un cielo dipinto di stelle
in veli di luce che oltre il confine
di spasmi e deliri ricopre l’affanno
è un coro di speme che indaga orizzonti
perché quel messaggio non rimanga in-ascolto.
Il lessico ovviamente gioca un ruolo di primo piano nelle poesie, lei ha scritto sia in dialetto sia in italiano, in base a quali elementi ha fatto queste scelte?
«Devo confessare di non aver mai scelto. Ho sempre scritto come il momento e l’ispirazione mi suggerivano. Non ho mai fatto calcoli o programmi ma sono un istintivo anche nella scrittura. L’importante è scrivere e far capire quale sia la funzione della poesia.
«La critica accademica ha cercato di rispondere soprattutto alla domanda: come sono fatte, come funzionano le poesie?
«Il dialetto è un sistema linguistico indipendente dalla lingua nazionale, con aspetti strutturali e storici diversi; oppure può essere una varietà parlata della lingua nazionale, una variante dello stesso sistema linguistico, come ad esempio i dialetti americani.
«Una delle loro principali caratteristiche è l’estrema varietà locale, sono meno ufficiali, la grammatica è meno rigorosa e sono utilizzati in situazioni informali.
«Credo allora di poter affermare come i miei versi, in lingua o dialettali, appartengano a un mondo ideale, a situazioni fantastiche, che coinvolgono l’animo e lo aiutano a esprimere ciò che emerge dalla mia capacità introspettiva.»
Mostra di M.T. Cazzadori presso l’Università di Verona-maggio 2012
Antonioli Gilberto-Antonioli Chiara-Cazzadori M.Teresa-Antonioli Francesco
Lei ha attraversato con la sua vita una buona parte del Novecento e ora, nell’epoca di internet, della comunicazione in tempo reale e della scrittura istantanea, non sembra intenzionato a fermarsi. Com’è cambiato per lei il modo in cui scrive?
«Confesso che una pagina bianca sulla quale scrivere mi regala una sensazione di benessere. Però la scrittura istantanea mi attira quando voglio dare vita a idee che magari scrivendo con la penna potrebbero sfuggire.
«Non ho mai chiesto come si comportano altri scrittori ma ritengo che molti siano facilitati quando utilizzano il computer. Questo da un punto di vista soltanto teorico, cioè di facilità nella scrittura, di velocità, di controllo degli errori ma possiamo chiederci anche se ha ancora senso parlare di poesia nell'era del computer, del web e di Google?
«Nell'era del postmoderno, dominata da una cultura della spettacolarità e dell'estetismo di massa, in cui la comunicazione è basata sull'indebolimento di una parola riciclata, violentata e sovente relegata al rango di banale mezzo pubblicitario?
«Da parte mia devo chiarire che, tranne la facilità della scrittura fatta al computer, per motivi di velocità e di possibilità di controllo del testo, il computer non mi aiuta perché io scrivo su quaderni o su foglietti, qualsiasi emozione mi colga e in qualsiasi momento ciò avvenga.
«Per il resto la mia è rimasta poesia dell’attesa che esplora i sentieri della natura, è poesia che s’inoltra sui sentieri dell’introspezione nei quali esploro i crinali dell’io. Esamino, per proseguire, i sentieri dell’imprevisto e quelli dell’approfondimento.»
I giovani oggi grazie alla tecnologia sono sempre circondati da parole, blog, siti, social network, sms ecc…, ma la vita di un giovane poeta è per questo più facile? O c’è il rischio di una iperstimolazione?
«La vita attuale certamente può essere più varia ma non per questo più facile. Anzi. I giovani che si fanno intrappolare dalla tecnologia sono spesso schiavi della stessa. Sono Intelligenti, creativi, silenziosi ma vivono in ritiro.
«Credo che non si possa parlare di difficoltà del poeta giovane distinguendo le difficoltà sue da quelle di tutti gli altri ragazzi.
«Negli ultimi anni i comportamenti a rischio esprimono sempre più una dimensione quasi de-realistica in cui i ragazzi tendono a rinchiudersi: in questa condizione in cui non si realizza una relazione fiduciaria con l’altro non è possibile relazionarsi con fiducia e realizzare momenti creativi; si resta, invece, indifferenti e indifesi, spesso in balia dei media, senza possibilità di un uso costruttivo e consapevole delle tecnologie. Per evitare ciò, è necessario che gli adulti tornino ad assumere pienamente e con responsabilità la loro funzione educativa.
«Nei momenti di crisi spesso si guarda ai giovani che per le loro caratteristiche ben riflettono i mutamenti e le trasformazioni continue come delle spie di allarme. I giovani ci portano a riflettere sul disagio della società, sulle difficoltà degli adulti; sono loro che segnalano i fenomeni già esistenti nella società, ma li sentono con un certo anticipo.
«Oggi i giovani vivono con ansia e frustrazione la mancanza dei riti di passaggio: sono necessari nelle diverse culture per affrontare il cambiamento e costituiscono l’accesso a una fase successiva, segnando la crescita dell’individuo e del gruppo di riferimento.
«I ragazzi oggi, per affrontare la crisi adolescenziale, eseguono riti spesso crudeli, come antidoto alla tensione e alla confusione. I compiti evolutivi che il ragazzo deve portare a termine sono gli stessi di un tempo, ma è mutata la ragione che lo spinge e che lo accompagna a un utilizzo del processo creativo per la propria crescita.
«Da qui la necessità di promuovere senza dubbio la conoscenza del web e del mondo digitale in genere, ma senza dimenticare l’educazione alla responsabilità: per una maggiore consapevolezza e conoscenza delle conseguenze del muoversi nell’universo informatico.»
Settantanove anni a giugno e visto il suo curriculum parlare di bilanci con lei sembra superfluo, ma se dovesse guardarsi indietro di cosa andrebbe maggiormente fiero?
«Ho attraversato momenti difficili che ho superato. Posso essere contento di questo aspetto della mia vita. Vedo il mio percorso diviso in tre periodi, come sono quelli del grande Clemente Rebora. Il primo periodo è stato quella degli studi, il secondo è stato quello del lavoro e della famiglia, il terzo è stato ed è quello della pensione.
«Un suggerimento vorrei regalare: quando una persona raggiunge la tanto desiderata pensione, dovrebbe cercare la via del cambiamento totale oppure quella di una intensa applicazione nei confronti di ciò che ha amato e non ha potuto coltivare in precedenza.
«Andare in pensione e cercare nuovi stimoli, non chiudersi in un bar o in un angolo buio. Studiare, leggere, ascoltare musica, dipingere, aggiustare apparecchiature, vivere, insomma come se si iniziasse una nuova era di progettualità e di serenità.»
Progetti per il futuro?
«Nessun progetto e molti progetti. Dovrei applicare il Carpe Diem di latina memoria. Ma una certezza programmatica esiste ed è quella che mi fa capire come se dovesse avere bisogno di me io sarei sempre a sua disposizione, in qualsiasi momento.
«Parlo del mio nipotino Lorenzo che viene ormai prima di ogni situazione. Sto preparando un volume di poesie, detti, novelle, ed altro per lui. Sarà titolato: Benvenuto Lorenzo, perché:
L’attesa di una vita che arriva
se l’annuncio diventa sorpresa,
ha del dono l’aspetto gentile
che conduce a sussulti di gioia.
Fra i meli è comparsa la luce
e la luna ha dipinto una casa
sei l’ospite che ho tanto aspettato
sei Lorenzo che il cielo ha mandato.
Nadia Clementi - [email protected]
Gilberto Antonioli - [email protected]