Paolo Tomio, fluidità del gesto controllato – Di Daniela Larentis

Il noto artista e architetto trentino, ideatore e curatore della seguitissima rivista digitale di arte e cultura icsART, continua le sue sperimentazioni – L’intervista

Paolo Tomio, dipinto in acrilico graffiato.
 
Paolo Tomio è un apprezzato artista che non ha certo bisogno di presentazioni, noto architetto, è fra l’altro ideatore e curatore della splendida rivista digitale di arte e cultura icsART (al secolo FIDAart).
Lo incontriamo nel suo studio: un paio di opere dalle forme fluttuanti, morbide, appese alla parete di fronte a noi, trasmettono una sensualità avvolgente, come quelle appoggiate a terra, in questo caso però si tratta di una pittura materica e non di digital art.
Ci colpiscono anche alcuni «assemblage», vere e proprie sculture che rinviano alla complessità di un mondo globale dominato dalla tecnologia, del resto la rivoluzione digitale ha cambiato, e lo sta ancora facendo, la vita di tutti noi, generando una serie di implicazioni sia in positivo che in negativo.
 
L’ironia beffarda, a tratti dissacrante, con cui osserva il mondo, quella capacità di valutare le cose con distacco e disincanto, la risata coinvolgente, sono tratti del suo carattere che, affascinando l’interlocutore, rivelano una mente acuta e curiosa in perenne fermento.
Paolo Tomio ha una personalità eclettica, i suoi interessi sono da sempre molteplici ed eterogenei, lui è un grande creativo, un artista che ama sperimentare; da alcuni anni si dedica fra l’altro al filone dei dipinti in acrilico graffiato, dopo aver esplorato lungamente le potenzialità delle tecnologie digitali e aver prodotto anche alcune opere figurative, un «unicum» nella storia della sua produzione artistica, realizzate per una mostra collettiva allestita a Palazzo Trentini nel 2018 dal titolo «Guerre o pace».


Paolo Tomio, alle spalle due opere denuncia, presentate a Trento alla collettiva Guerre o pace a
Palazzo Trentini, 2018.

In merito alla produzione di arte digitale, condividiamo ciò che scrisse di lui il critico Claudio Cerritelli in occasione di una importante mostra di qualche anno fa: «Non poteva che nascere da una formazione di carattere progettuale e architettonico la visione cromatica che Paolo Tomio propone in queste tele realizzate con sistemi grafici computerizzati, sottratti alla serialità digitale ed inventati – volta per volta – come opere uniche e irripetibili. […] Consapevole dei processi costitutivi della tecnologia digitale, Tomio non intende simulare la pittura dipinta ma è interessato a esprimere l’essenza della luce meccanica sconfinando dalle norme disegnative del progetto architettonico. In tal modo, l’artista mira a trasgredire i codici grafici utilizzati nella sua professione di architetto elaborando forme curve complesse, fluide evoluzioni cromatiche funzionali al piacere dell’occhio che amplifica l’orizzonte mutevole del visibile. […] Tutte le energie liberatorie di questa ricerca garantiscono all’occhio sinfonico di cui parla Tomio ampi margini di manovra per alternare colori pacati e colori squillanti, senza mai rinunciare al desiderio di forme morbide, sinuose, ripiegate all’interno di una complessità formale seducente come può essere un microcosmo che si dilata verso l’infinito.»
 
Alcune note biografiche prima di passare all’intervista. Paolo Tomio diventa architetto agli inizi degli anni Settanta, si laurea alla facoltà di architettura del Politecnico di Torino e inizia ad esercitare l’attività di libero professionista a Trento come progettista, direttore dei lavori e responsabile per la sicurezza nell’edilizia privata e pubblica, realizzando opere private e pubbliche in tutta la provincia, tra cui l’arredo urbano del centro storico di Trento.
Parallelamente all’attività di architetto coltiva l’interesse per il mondo artistico prendendo parte a numerosi concorsi per sculture o installazioni da collocare negli edifici pubblici prevedendo l’uso di materiali vari: marmo, mosaico, strutture in acciaio verniciato, cromato o Corten, cemento, ceramica, legno, ecc. Collabora come esperto con artisti locali e nazionali partecipando a interventi di restauro e a concorsi d’arte.
Conta al suo attivo innumerevoli collettive e personali sia in Italia che all’estero. È riconducibile agli anni Ottanta del secolo scorso l’opera intitolata «Frammenti di immagine, immagine in frammenti» (1982), che fa parte della raccolta presso il Museo Provinciale delle Albere - MART di Trento.
Da sempre produce opere grafiche che affrontano il mondo della geometria e della composizione di volumi in cui è leggibile un chiaro riferimento alle avanguardie storiche dell’architettura e dell’arte.


Paolo Tomio, Arte Timbrica ad acrilico, 2016.
 
Nel 2009 partecipa alla rifondazione della FIDA, trasformata in FIDA-Trento, Federazione Italiana degli Artisti (ne disegna anche il logo), diventandone poi Presidente nel triennio 2012-2015.
In questo periodo sviluppa un ciclo di opere di impegno civile, nominato «Abachi», che utilizzano un libero assemblaggio di immagini grafiche, pittoriche e fotografiche rielaborate, attraverso le quali intende ricostruire un nuovo universo di relazioni e significati che nascono grazie al recupero delle memorie sedimentate, alle nuove associazioni di idee, alle percezioni che suscitano nell’osservatore.
Parallelamente, dà vita a una serie di composizioni astratte policrome con forme plastiche e organiche svincolate da riferimenti storici, definite «Forme morbide» e «Forme liquide», in cui la suggestione di un mondo cangiante di forme rarefatte e sinuose trascina l’osservatore in un vortice di emozioni positive.

È vicepresidente del MAT, Movimento Arte Timbrica (nel 2014 partecipa alla collettiva «Arte Timbrica» presso la Biblioteca Civica G. Tartarotti e Archivi Storici di Rovereto, nel complesso del Mart di Rovereto; nel 2015 alla mostra «Arte Timbrica in progress» a Milano).
Dal 2017 ad oggi si dedica in particolare alla realizzazione di dipinti in acrilico graffiato, continuando la sua incessante sperimentazione.
Fra le numerose personali, citiamo a titolo esemplificativo: «Morfologie luminose» (2010), «L’occhio sinfonico» allo Spazio Symposium XXI a Milano (2010), «Gli ospiti sono speciali» a Pinè, Trento, presso il Museo Trentino del Turismo (2011); «Lo stupore immaginario» (2011); «Nell’inconscio dell’uomo» (2012); «Forma Mentis» (2013); «Forme morbide» (2014).
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

Paolo Tomio, La giostra delle vanità, 2020 tecnica mista (alluminio-acciaio-pietre-uccello dipinto)
14,5x10xh13,5 cm.

 
L’Italia è ancora alle prese con la gestione della pandemia di Covid-19. Da artista come ha vissuto il lockdown?
«Il tempo libero impostomi dalla quarantena obbligatoria, mi ha permesso di investire molto tempo nell’assemblaggio di lavori tridimensionali a cui pensavo da molto tempo, facendo ricorso ai materiali più vari, elementi tecnici o meccanici e oggetti poveri o banali in cui io ho sempre colto un forte potenziale estetico, sia autosufficiente sia suscettibile di essere riportato all’interno di manufatti artistici.
«Come, ad esempio il mondo dell’hardware, cioè tutti i componenti fisici dell’elettronica moderna e contemporanea i cui prodotti sono oggetti incomprensibili e gettati nella spazzatura quando superati ma dotati di una perfezione tecnologica mai vista prima.
«Un circuito stampato o un disco rigido di computer sono delle piccole meravigliose sculture involontarie, cioè progettate senza un intento formale ma solamente funzionale, ma dotate comunque di un potente valore estetico generalmente sottovalutato o ignorato.»
 
Come sono costruiti i suoi «assemblage»?
«I miei assemblage sono costruiti secondo composizioni attentamente pensate, relazionando parti di computer o pezzi meccanici a tecnologia avanzata, materiali architettonici recuperati, decorazioni popolari etniche, oggetti d’uso o inutili ecc., liberamente scelti per associazione d’idee. Come nel ready-made sono riutilizzati a fini artistici ma, contrariamente all’idea duchampiana di scegliere un qualsiasi oggetto comune privo di qualità formali e definirlo arte, io sono interessato a valorizzare la bellezza intrinseca ogni singolo componente artificiale o naturale, anche quelli semplicissimi, e a ottenere dall’unione di questi elementi un’opera artistica nuova con un quoziente simbolico-estetico.»
 

Paolo Tomio, Arte Timbrica Relazioni carnali, 2015, fine art e timbri su tela, 100x70 cm.
 
Lei è un esponente del MAT, Movimento Arte Timbrica, di cui è vicepresidente. Cosa può dirci a proposito delle opere presentate nel 2015 alla mostra «Arte Timbrica in progress» a Milano?
«Sono ancora le precedenti Forme morbide realizzate digitalmente su cui sono stati apposti in acrilico timbri con disegni diversi, curvilinei e molto calligrafici, che possono ricordare forme Liberty o sigilli giapponesi.
«Anche sui dipinti i timbri sono stati usati in modalità molto decorative che li fanno sembrare tessuti asiatici o anche Art Nouveau. Questa prima fase, molto formalista e tecnicamente perfetta, è stata superata con l’introduzione del colore acrilico e di una manualità molto più informale e gestuale.»
 
Che significato assume il timbro in questa forma espressiva, in particolare nelle opere realizzate dopo il 2016?
«I timbri, autocostruiti artigianalmente, sono figure libere che inevitabilmente vengono percepiti come forme organiche. Quando i timbri vengono ripetuti dando loro un’organizzazione nello spazio molto colorato, l’intera composizione viene letta dall’osservatore come una storia dotata di senso. Il fenomeno è interessante per la capacità sempre esistente nell’uomo di portare un ordine nel caos e di interpretare segni informali e casuali in chiave logico-narrativa.»
 

Paolo Tomio, Arte Timbrica sviluppi organici, 2015, fine art e timbri su tela, 100x70 cm.
 
A quale ciclo di opere sta lavorando attualmente?
«Dopo l’abbandono dell’arte digitale e il recupero dell’acrilico si sono succedute una lunga serie di sperimentazioni, tra cui forse quello graficamente e formalmente più piacevole è il filone dei quadri in acrilico graffiato con spatole e pettini.
«I segni ottenuti tramite la fluidità e la dinamicità del gesto controllato su supporti di materiali vari, permettono di creare un ricchissimo repertorio di immagini lineari e calligrafiche connotate, allo stesso tempo, da infiniti colori.
«Ancora una volta, involontariamente, mi si ripresentano forme che ricordano la raffinatezza del Liberty. Il mio interesse per questo approccio alla creazione di forme libere e casuali, è sempre estetico ma anche metodologico poiché permette una sperimentazione libera con tecniche e materiali innovativi.»
 
Può condividere un pensiero in merito alle due opere figurative ritratte alle sue spalle?
«Non sono mai stato un figurativo, ho realizzato queste due opere in occasione di una mostra dal titolo Guerre o pace, nella convinzione che l’astrazione sia una forma espressiva emotiva, piacevole, sentimentale, bella, decorativa, la possiamo definire in mille modi, che lascia spazio all’interpretazione dell’osservatore, tuttavia troppo aperta, non in grado di comunicare in maniera diretta sentimenti umani profondissimi, toccando per esempio temi come la morte e la guerra.
«A mio parere, se devi raccontare qualcosa, soprattutto dare un giudizio, esprimere un parere, indirizzare lo sguardo in maniera inequivocabile, non puoi essere vago e parlare di altro. C’è un momento in cui l’astrazione si presta a tutto. C’è chi termina i propri quadri attribuendo solo in un secondo momento un titolo, capita spesso. Con il figurativo è diverso.
«Naturalmente, c’è figurativo e figurativo, adesso va di moda un figurativo molto sfumato, a ogni modo mi sembra che il figurativo parli da sé, non abbia bisogno di spiegazioni, implichi un giudizio morale esplicito, come in questo caso il giudizio sulla guerra.»
 

Paolo Tomio, Cronos, 2020 tecnica mista, alluminio, vetro blu, scheda, 4x10xh12 cm.
 
Parliamo di icsART, la splendida rivista digitale da lei creata molti anni fa. Quando è nata, chi vi collabora e a che titolo?
«IcsART è una rivista pubblicata unicamente online, gratuita, da me creata nel 2012 quando ero Presidente della FIDA Trento (fino al 2016 si chiamava FIDAart). È una mia creatura che progetto, curo, scrivo, impagino, pubblico da solo, gratuitamente.»
 
Qual è il suo obiettivo principale e come è strutturata?
«L’obiettivo principale è anzitutto valorizzare gli artisti trentini, mettendo in luce la loro esperienza professionale e umana. La prima parte è dedicata ogni mese a una lunga intervista, accompagnata da una ricca documentazione iconografica.
«La seconda parte è invece dedicata all’arte, all’architettura, al design, alla fotografia e a qualunque fatto culturale attinente con il ruolo delle arti visive nella società contemporanea. Sono ormai più di 100 gli artisti trentini da me intervistati finora.
«La struttura si è arricchita nel tempo, nel 2012 è nata una rubrica in cui affronto il tema del mercato dell’arte, prendendo ispirazione dai prezzi spropositati battuti nelle aste internazionali.
«Due anni dopo ho aggiunto una rubrica dal titolo Storia dell’arte dove tocco svariati argomenti.»
 

Paolo Tomio, dipinto in acrilico graffiato, 2017.
 
La si potrebbe considerare essa stessa un’opera d’arte…
«Certo, io stesso ho evidenziato questo aspetto in più occasioni, ormai la considero una mia vera e propria opera artistica che cresce nel tempo, un’opera d’arte espressa con tempi e modalità non tradizionali.
«Proporre 40 pagine ogni mese, progettando temi e contenuti, offrendo al lettore la mia visione personale sul fare arte oggi, comporta una gran mole di lavoro e un intenso impegno intellettuale e creativo che non considero complementari ma la prosecuzione della mia attività artistica principale.
«Considero icsART, come ho sottolineato in un recente approfondimento dedicato alla pubblicazione del centesimo numero della rivista, un corpus unitario e coerente di 100 e più artefatti reali e, al contempo, virtuali in quanto privi di quella fisicità che li trasforma in merce.»
 
C’è qualche artista straniero del panorama internazionale contemporaneo che le piace particolarmente?
«Diversi, fra questi Anish Kapoor, artista indiano di fama internazionale, lui ha uno stile minimalista che mi piace molto, realizza opere di dimensioni notevoli di grande suggestione. È molto creativo.»
 
Sogni nel cassetto/progetti per il prossimo anno?
«Mi piacerebbe potermi dedicare alla realizzazione di opere di grandi dimensioni, lo spazio che richiedono è l’ingombro del proprio corpo, quando realizzi un’opera a parete devi anche poterti allontanare per osservarla bene, avere a disposizione ampi spazi è fondamentale»

Daniela Larentis – [email protected]