«La guerra di Tina» all'Auditorium comunale di Lavis
Il 9 settembre sarà portata in teatro la storia delle donne trentine internate
Il 9 settembre 2016, ore 21.00, presso l'Auditorium Comunale di Lavis andrà in scena, per la prima volta, La guerra di Tina.
Uno spettacolo teatrale che narra, informa di monologo, la vicenda delle donne trentine internate per motivi politici durante la Grande Guerra.
Il team che ha dato vita allo spettacolo è composto da Maria Vittoria Barrella (attrice protagonista), Maura Pettorruso (regia), Renato Barrella (testo), Emanuele Cavazzana (luci) e Andrea Casna per la parte storica.
Il contesto
Sono state le memorie di alcune donne trentine, internate in Italia e in Austria fra il 1915 e il 1916, a dare forma e sostanza a Tina: giovane donna che, in una narrazione continua e atemporale, racconta la propria storia, e allo stesso tempo le vicende delle donne internate.
Storicamente siamo fra il 1915 e il 1916. Alla vigilia della dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria, le autorità militari asburgiche vararono un piano per evacuare i civili che vivono nelle aree vicine ai confini con l'Italia.
Sono circa 75mila i civili trentini (in larga maggioranza donne, anziani e bambini) costretti ad abbandonare le proprie case per trovare riparo in campi appositamente allestiti nelle parti interne dell'Impero. Non tutti i civili vengono allontanati. L'Italia, nei primi giorni di guerra, avanza e occupa porzioni di territorio.
E anche in questo caso si pone il problema dei civili rimasti: si parla di circa 40mila civili (provenienti dalla Vallagarina, Valsugana, Ampezzano e Vallarsa) sfollati in territorio italiano.
All'interno di questo contesto troviamo anche quello dei sospettati politici.
Da parte austriaca si cerca di arginare il fenomeno dell'irredentismo con l'allontanamento di persone sospettate di sostenere la causa italiana: sono circa 2.000 persone.
Stessa storia anche per i trentini che si trovano sotto l'autorità italiana. In questo caso il «nemico interno» è composto da persone sospettate di austriacantismo (fedeli alla causa austriaca) e per questo allontanati e trasferiti nelle regioni lontane dal fronte. Sono in larga maggioranza donne. Le stime ufficiali parlano di 1.500 trentini sospettati di austriacantismo internati a Ponza, Ventotene e in altri centri dell'Italia centro-merisionale.
La guerra di Tina, quindi, prende spunto da queste vicende per riflettere, con lo spettatore, sul dramma della guerra e dell'allontanamento forzato basato, spesso, sul semplice sospetto (a volte infondato).
Un grazie al comune di Lavis che ha creduto nel progetto
L'assessora alla cultura, Caterina Pasolli, spiega: «Come amministrazione volevamo partecipare alla commemorazione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Abbiamo creduto nel lavoro che ha portato alla realizzazione di La guerra di Tina, perché permette di riflettere sui drammi della Grande Guerra, ma con uno spunto di vista diverso da quello a cui siamo abituati. Il punto di vista delle donne è particolarmente interessante, perché spesso dimenticato dalla storiografia, ma vivo nei ricordi di ha vissuto quei momenti. La speranza è che lo spettacolo di Lavis coinvolga un ampio pubblico, anche fra i giovani, perché è importante tenere viva la memoria, pure fra le nuove generazioni. Per questo ringrazio l'Associazione culturale Lavisana che ha portato avanti un'idea meritoria, fornendo uno spunto per guardare al presente e al futuro, imparando la lezione del passato.»
Per quanto riguarda la parte artistica, la regista Maura Pettorruso fa un ritratto della protagonista.
«Tina sogna. Tina vive. Tina guarda. Il mondo di Tina è un luogo onirico, bianco, uno spazio mentale dove passato, presente, futuro si mescolano. Uno spazio di libertà in un luogo di prigionia: il mondo in guerra. Lenzuola bianche diventano i fantasmi del suo passato e la fantasia del suo futuro. Sono anime in viaggio sullo stesso treno: la vita. Grande storia e piccola storia di Tina si mescolano senza soluzione di continuità. Gli echi lontani si muovono e investono la sua possibilità di capire, di spiegarsi l'inspiegabile e disumana crudeltà della guerra. Caporetto, Battisti, cronache di storie, figure lontane che non potrebbero coesistere nello stesso spazio-tempo, prendono vita grazie allo sguardo puro e ingenuo di un'adolescente catapultata in una realtà troppo grande, troppo dura. L'unico modo per sopravvivere è sognare».
Maria Vittoria Barrella, attrice protagonista, spiega: «Sono contenta d'aver lavorato su questo testo. Sono davvero entusiasta è una sfida meravigliosa. Più lo studiavo più sentivo di poter tradurre una forte parte di me in una vitalità molto trasformata nel personaggio di Tina. Il lavoro di squadra tra tutti i partecipanti al progetto, in particolar modo tra Andrea, Renato, Maura e il tecnico riecheggia in questo piccolo e forte corpo di Tina. E poi mi piace l'idea di poter fare intrattenimento, “memoria” e un pizzico di attualità, ma senza pietismi o decontestualizzare il fatto storico. Lo spettacolo ha una natura molto intima, parliamo della guerra senza mettere in scena battaglie, non vogliamo “schiaffare in faccia” l'orrore allo spettatore, vogliamo dialogarci, a lume di candela.»
Renato Barrella, alla sua prima esperienza come drammaturgo, racconta di aver «costruito questo monologo come il lamento garbato di un'oppressa. Non un grido, nemmeno un pianto e certo non un manifesto. Usare il racconto di una ragazza internata per ragionare sull'oppressione quotidiana dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sulla donna. Uno sguardo triste, a tratti ironico, leggero, su fatti gravi della nostra storia passata e presente. Poesia piccola piccola, per ricordare e sperare, in futuro, di fare di meglio.»
Andrea Casna spiega che lo spettacolo «nasce dalla volontà di soffermarsi, andando i classici stereotipi che caratterizzano il dibattito sul centenario della Grande Guerra, per riflettere sul fenomeno dell'internamento. Siamo partiti dalla lettura di diari e memorie di donne internate in Austria e in Italia. In una narrazione lineare e allo stesso tempo atemporale, muovendoci su un confine sottile fra la dimensione del ricordo, del sogno e della cronaca storica, Tina racconta se stessa e tutte le donne di ieri e di oggi.»