Storie di donne, letteratura di genere/ 48 – Di Luciana Grillo

Giusi Quarenghi: Io sono il cielo che nevica azzurro – Storie vere di infanzie e adolescenze, ma non è dedicato a bambini e adolescenti»

Titolo: Io sono il cielo che nevica azzurro
Autrice: Quarenghi Giusi 
 
Editore: TopiPittori 2010 (collana Gli anni in tasca)
Pagine: 128, illustrato, brossura.
 
Età di lettura: da 10 anni
Prezzo di copertina: € 10
 
Questo piccolo libro fa parte della collana «Gli anni in tasca» - storie vere di infanzie e adolescenze, ma non è dedicato a bambini e adolescenti. È invece una lettura gradevolissima, lieve e anche divertente da suggerire alle mamme (e ai padri) dei nostri giorni che talvolta pensano di educare i propri figli concedendo loro tutto il possibile, riempiendo i loro pomeriggi di mille attività, dal tennis al pianoforte, alla palestra, all’inglese ecc.
Le giornate della bimba protagonista trascorrono in un paesino fra i monti, fra piccole e semplici gioie, qualche castigo, alcuni doveri scanditi da saggi proverbi:
Quel che è nel piatto si finisce
Si dice che sei stanca solo quando hai finito di fare quello che devi
Quando non sai che strada prendere, vai per quella meno facile…
E così via…
 
La bimba con le trecce, «le trecce erano l’essere bambina, una bambina assolutamente perbene»… gli abiti della festa e le ginocchia sempre sbucciate, cresce sapendo che diverso è il modo di vivere dei maschi, i quali non devono occuparsi della bugada (il bucato, sostantivo femminile in dialetto, il dialetto sa chi fa cosa) e la domenica, in chiesa, «avevano diritto alla pausa ufficiale. Alla predica, i maschi potevano uscire sul sagrato, dalla porta che si apriva sulla fiancata destra della chiesa, detta appunto porta degli uomini».
Illuminanti, a tale proposito, sono le parole della bimba nei confronti del padre:
«Giocare a carte era la maggiore occupazione del papà… Si occupava anche della stagionatura del taleggio. D’estate giocava a bocce.
«Di notte e in autunno, inverno e primavera passava ore in silenzio sulla terrazza… a guardare il grande faggio.
«D’inverno metteva una sedia in mezzo alla strada, si sedeva e contava le volte che doveva spostarsi, non senza disappunto, per far passare un’automobile.»
Il capitolo dedicato al padre si intitola «Malesempio» e raggiunge un livello alto di «ironia» quando l’autrice confessa di aver preso il peggior voto della sua vita quando ha dovuto svolgere il seguente tema: «Quando il papà torna a casa di sera stanco e sudato per il lavoro».
Quarenghi scrive: «La situazione mi era completamente sconosciuta.»
 
Quanto all’abbigliamento, a parte l’abito della festa, la nostra bimba non ha molta scelta, fin quando la zia «per noi nipoti era la tenerezza, il gioco, l’allegria e persino il lusso che le nostre mamme non potevano permetterci» non le regala «la stoffa per il vestitino più bello ch’io abbia mai avuto, dai sei ai dieci anni, tanto durò grazie a orli e balze, un anno un po’ troppo lungo, un anno solo un po’ lungo, un anno giusto, un anno un po’ corto, un anno decisamente troppo corto e troppo stretto».
Da questo abito amatissimo e indossato imprudentemente, approfittando dell’assenza della mamma, in un giorno di neve, scaturisce il titolo di questo libro:
Io oggi sono il cielo che nevica azzurro e ghiaccio…oggi io sono la regina, faccio quello che voglio, e il cielo è con me.
La mamma, instancabile, attenta, pignola, severa, «usava le parole come cucinava… le sceglieva con attenzione; usava tutte quelle che servivano, non una andava sprecata… Ho imparato da lei, credo, ad avere fiducia nelle parole…»
Semplicemente esilaranti sono le pagine dedicate al lavoro che la bimba protagonista avrebbe voluto fare da grande: «la domatrice di galline».
Poi naturalmente i progetti cambiano, la bimba vivace e dalle ginocchia perennemente sbucciate si confronta con la morte, non quella di polli, maiali e lumache, ma quella umana del nonno Francesco, che «mi faceva attraversare i torrenti sui sassi… mi tagliava i bastoni su misura per camminare con lui, mi faceva ascoltare l’erba che cresceva…»
 
Ad un certo punto, la protagonista va in collegio, seguendo le orme del fratello, che «era già lì prima di me, e ogni cosa o era sua o lo era stata, prima di essere un po’ anche mia….
Lui faceva tutte le cose che io desideravo tanto e non avrei mai potuto, femmina e più piccola… Quando avevo detto alla mamma che tanto lo sapevo che lui era il suo preferito, mi era arrivata una sberla.
«Avevo capito di aver ragione, e che dovevo accontentarmi di aver ragione.»
Scrivendo con adorabile leggerezza, l’autrice sottolinea ancora il diverso modo di educare i maschi e le femmine in quegli anni che hanno preceduto contestazione, minigonna e il no di Franca Viola al matrimonio riparatore, ma ricorda con tenerezza quel tempo che l’ha vista crescere in una «valle (che) è come una grande zuppiera con l’apertura verso il cielo».
 
L’autrice, nata nel 1951 in Val Taleggio, ha scritto racconti, storie, filastrocche, sceneggiature, rivelando grande attenzione al mondo dei bambini e degli adolescenti.
La sua silloge poetica «E sulle case il cielo» è stata inserita nella Honour List Ibby 2010, che presenta una panoramica sulla migliore letteratura per ragazzi.
Dunque, la Quarenghi sa come farsi leggere: 108 pagine da sorseggiare con un sorriso!
 
Luciana Grillo
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