Attendendo la Befana – Di Daniela Larentis
In attesa di addolcirci un po’, approfittiamo per meditare sullo scottante tema della corruzione, leggendo il pensiero di papa Francesco
Viviamo in un mondo che corrompe in mille modi, nel quale è sempre più facile perdere di vista la giusta prospettiva, i veri valori. E a proposito di corruzione, un tema purtroppo attuale, essa può assumere vari significati. Il Devoto-Oli per esempio la definisce come «degenerazione spirituale e morale, depravazione, totale abbandono della dignità e dell’onestà» e precisa che con valore attivo significa «reato consistente nel compimento di atti di libidine su persona minorenne o su persona adulta in presenza di un minore oppure istigazione a venir meno a un dovere per denaro». Nell’immaginario comune la corruzione rimanda immediatamente ai fatti di cronaca e fa pensare a coloro che comprano tramite il denaro (o facendo promesse) i servizi di qualcuno che, agendo in modo disonesto manca al proprio dovere. |
Nel libro intitolato «Non fatevi rubare la speranza» (La preghiera, il peccato, la filosofia e la politica pensati alla luce della speranza – traduzioni di sara Cavarero e Claudia Marseguerra - edizioni Oscar Mondadori) sono raccolte alcune riflessioni di Jorge Mario Bergoglio (papa Francesco dal 2013).
Nel capitolo intitolato «Alcune riflessioni sul tema della corruzione» leggiamo quanto segue (marzo 1991) a pag. 111: «Oggigiorno si parla spesso di corruzione, soprattutto per quanto riguarda l’attività politica. Sono molti gli ambienti sociali che la denunciano. Più di un vescovo ha denunciato la crisi morale che sta colpendo diverse istituzioni…».
E qualche riga dopo «e tuttavia, ogni tipo di corruzione non è altro che la conseguenza di un cuore corrotto. Non ci sarebbe alcuna corruzione sociale senza cuori corrotti: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,20-23).
Infatti, leggendo proprio il vangelo di Marco, e meditando sulle parole di papa Francesco, si capisce che solo ciò che è dentro di noi può uscire da noi.
A proposito del motivo per cui un cuore si corrompe, egli scrive quanto segue (punto 3, pag. 112): «Un cuore corrotto: questo è il nocciolo della questione. Perché un cuore si corrompe? Il cuore non è un’ultima istanza dell’uomo, chiusa in se stessa; non si esaurisce lì la relazione (e, di conseguenza, nemmeno la relazione morale).
«Il cuore umano è cuore in misura in cui è in grado di relazionarsi ad altro, nella misura in cui è capace di aderire, nella misura in cui è capace di amare o negare l’amore (odiare).
«Per questo Gesù, quando invita a considerare il cuore come fonte del nostro agire, richiama la nostra attenzione su questa adesione finalistica del nostro cuore inquieto: «Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mt, 6,21).
Conoscere il cuore dell’uomo, il suo stato, implica necessariamente conoscere il tesoro a cui quel cuore si riferisce, il tesoro che lo libera e lo completa, oppure quello che lo distrugge e lo riduce in schiavitù: in quest’ultimo caso il tesoro che lo corrompe. Così, dalla corruzione (personale e sociale) si passa al cuore come autore e custode di tale corruzione e dal cuore si passa al tesoro a cui esso è attaccato».
«Non bisogna confondere peccato” con corruzione» spiega papa Francesco al punto 6).
«Il peccato, soprattutto se reiterato, porta alla corruzione, ma non quantitativamente (tanti peccati fanno un uomo corrotto) bensì qualitativamente, generando abitudini che via via deteriorano e limitano la capacità di amare, ripiegando ogni volta di più i riferimenti del cuore su orizzonti più vicini alla sua immanenza, al suo egoismo.
«Potremmo dire che il peccato si perdona, mentre la corruzione non può essere perdonata. Semplicemente perché alla base di qualsiasi atteggiamento corrotto c’è una stanchezza della trascendenza: dinanzi a Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell'espressione della propria salvezza, si stanca di chiedere perdono.»
È davvero molto interessante come descrive la corruzione nel punto successivo: «Il primo tratto caratteristico di qualunque forma di corruzione è dunque l’immanenza. Il corrotto sente un’autosufficienza di base, che inizia in modo incosciente e poi viene accettata come la cosa più naturale.
«L’autosufficienza umana non è mai astratta. E’ un atteggiamento del cuore riferito a un tesoro che lo seduce, lo tranquillizza e lo inganna…»
Secondo papa Francesco la corruzione non può rimanere nascosta. Lui infatti dichiara che «lo squilibrio tra la convinzione di bastare a se stessi e la realtà di essere schiavi di quel tesoro non può essere arginato».
Continua poi dicendo che «è uno squilibrio che viene alla luce e, proprio come capita con tutte le cose chiuse in se stesse, freme dal desiderio di sfuggire alla propria pressione e, nel fuoriuscire, sparge tutt’intorno l’odore di questa chiusura in se stessi: puzza».
«Sì, la corruzione puzza di marcio. Quando qualcosa inizia a puzzare significa che c’è un cuore schiacciato dalla pressione tra la propria autosufficienza immanente e la reale incapacità di bastare a se stesso, lì c’è un cuore putrefatto a causa dell’eccessivo attaccamento a un tesoro che l’ha accerchiato.»
Secondo lui la corruzione non deve essere quindi tanto perdonata, ma curata. La definisce «come una di quelle imbarazzanti malattie che si cerca di dissimulare, e che si nascondono fino a quando non è più possibile occultarne la manifestazione».
Come si relaziona il corrotto con chi gli sta intorno? Nel punto 12 del capitolo dà la seguente risposta: «Il corrotto, nel confrontarsi con gli altri, si erge a giudice: lui è la misura del comportamento morale» e poi ancora «è come se dicesse: io sono la misura del compimento, pago le decime, ecc. Ma in questa faccenda della misura c’è qualcosa di più sottile. Nessuno, infatti, può forzare tanto la realtà senza correre il rischio che quella stessa realtà gli si rivolti contro.»
Concludiamo con un messaggio positivo, utilizzando lo stesso titolo del libro: «Non fatevi rubare la speranza», la Befana non la infilerà certo dentro la calza…
Daniela Larentis – [email protected]