«To be played at maximum volume» – Di Daniela Larentis

Alla Galleria Civica di Trento Jacopo Mazzonelli: la mostra curata da Margherita de Pilati e Luigi Fassi sarà visitabile fino al 7 gennaio 2018

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La Galleria Civica di Trento propone una ricerca visiva sul tema della musica. In mostra a Trento, fino al 7 gennaio 2018, sculture, installazioni, video in un allestimento rigoroso ed essenziale curato da Margherita de Pilati, responsabile della Galleria Civica di Trento, e da Luigi Fassi, curatore della sezione Arti visive presso lo Steirischer Herbst Festival di Graz.
Nel 1972 il retro della copertina del vinile Ziggy Stardust di David Bowie riportava un’istruzione che sanciva i cambiamenti sociali connessi a una vera e propria rivoluzione musicale: To be played at maximum volume. Nel 2017 l’artista e musicista Jacopo Mazzonelli intitola così la sua prima esposizione personale in un museo.
 
«To be played at maximum volume» è una fine indagine sul gesto musicale e sulla sua interpretazione che si realizza quasi totalmente nel silenzio.
Nei due piani della Galleria le opere, la maggior parte delle quali realizzata negli ultimi 18 mesi appositamente per il progetto espositivo, indagano uno dei temi biografici di Mazzonelli, diplomato in pianoforte e in musica contemporanea.
Pezzi di pianoforti, corde di chitarra, archetti e ponti di strumenti a corda divengono componenti di installazioni contemporanee.
 

 
Nella prima sala della Galleria è allestita l’installazione ABCDEFG, vincitrice nel 2015 del premio Fondo Privato Acquisizioni per l’arte contemporanea di ArtVerona | Art Project Fair.
Costituita da sette pianoforti modificati nella loro struttura affinché ognuno possa suonare una sola nota, l’opera è stata presentata per la prima volta, accompagnata da un’esecuzione che ha proposto un dialogo serrato tra strumenti di estrazione classica e dispositivi elettronici.
Composta da Matteo Franceschini, la partitura sull’opera ABCDEFG è pubblicata da Casa Ricordi.
 
In Galleria Civica la performance è stata eseguita da Jacopo Mazzonelli e dalla pianista Eleonora Wegher.
Live electronics: Matteo Franceschini; sound engineer: Davide Zuccotti.
Lavorando sull’evocazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone; ma anche con i miti e i simboli della cultura musicale contemporanea.
Al centro del suo interesse sono i gesti, gli atti, le azioni musicali, intesi come ciò che sottende l’esecuzione e richiamati in quanto segni e simboli di un linguaggio culturale.
 

 
Apriamo una parentesi: dal punto di vista della semiotica, potremmo definire la cultura come ciò che ha un senso per qualcuno, ciò che ha a che fare con la sfera dei significati ma che ha a che fare, anche, con l’agire dell’uomo, con il suo essere immerso in un sistema sociale e semiotico in continua ridefinizione. 
Che significato possiamo attribuire alla performance musicale a cui abbiamo assistito all’inaugurazione dell’evento? Potremmo dire che è piaciuta molto e sarebbe vero, ma non basterebbe a spiegarne il significato.
 
Qui ci viene in aiuto una disciplina, la Sociosemiotica; si potrebbe dire che è un’attitudine a considerare certi prodotti della comunicazione umana come il frutto di qualcosa di più profondo delle semplici storie che raccontano o del significato che veicolano (attitudine rappresentata fra il resto dagli studi dell’antropologo Levi Strauss).
E proprio Lévi-Strauss definì la musica il «supremo mistero delle scienze dell’uomo».
Nel panorama italiano, Stéfani è il pioniere della Semiotica musicale (con lui si sono formati molti dei principali esponenti italiani della disciplina, Luca Marconi tanto per citare un nome).
 

 
E’ attribuibile a Stefani, influenzato dalla tipologia dei codici di Eco, la teoria della competenza; egli stabilisce cinque livelli: codici generali (frazioni di competenza comuni a tutti), pratiche sociali (relative a culture specifiche), tecniche musicali, stili, singole opere, a seconda del livello di competenza posseduto dall’ascoltatore, il testo musicale produrrà strati di significato diversi.
L’esecuzione musicale di venerdì 6 ottobre a taluni ha suggerito un senso infinitamente nostalgico del tempo passato, un’impressione di fragilità e di incertezza che appartiene al nostro presente, un senso forse di perdita, di smarrimento, al contempo una grande sensazione di potenza e di energia vitale.
 
In mostra la musica è a ogni modo la protagonista assente: tutte le opere la celebrano, senza crearla.
Il risultato è un intimo cortocircuito semantico nel quale la rappresentazione crea il pensiero, il ricordo, l’emozione di qualcosa che non c’è e, che se ci fosse, sarebbe comunque invisibile.
Per condurre questa esplorazione, Mazzonelli apre a sottotesti filosofici che attraversano la storia della cultura: lungo il percorso espositivo emergono i temi del doppio e del tempo.
 

 
Il sé, l’altro da sé, il qui e ora, l’eternità. Ma anche la mancanza e la memoria, temi ricorrenti nella ricerca dell’artista trentino.
Non mancano equazioni matematiche, calcoli armonici, circostanze surreali, riferimenti iconici e omaggi ai grandi maestri della musica del ’900 come Igor Stravinskij, Glenn Gould, Paul Wittgenstein o Leopold Stokowski.
Abituato alla disciplina e alla precisione della pratica musicale, Mazzonelli deflagra visivamente il concetto di tensione, tanto nella sua accezione fisica di forza/trazione/sforzo, quanto nel significato figurativo legato alle istanze intellettuali e ai pesi emotivi.
 
Tutti i lavori operano sulla percezione. Figure che sembrano uguali ma non lo sono, archetti che si trasformano in matite, pianoforti decostruiti e riassemblati, strumenti nel cemento.
Ma anche vernici invisibili, libri che contengono impercettibili errori tipografici, altri che parlano senza emettere suoni.
Tra rappresentazioni evocate e immagini mentali, di fronte a ogni opera la prima impressione è messa in crisi da una successiva epifania.
Ogni cosa non è ciò che sembra.
 
Ed è proprio questo aspetto che ci affascina enormemente, perché come diceva anche Pablo Neruda in una sua celebre poesia, «la vita è in due maniere|la parola è un’ala del silenzio» per sottolineare quanto sia contraddittoria e incerta. Nulla è mai come appare.
 
Daniela Larentis – [email protected]