Don Nicolli: «Cerca il signore nel presepe» – Di Nadia Clementi

Maria e Giuseppe e Gesù su gommone per ricordare tutte le persone che hanno perso la vita cercando di arrivare in Europa: «per loro non c’era posto»

Anche a Trento, come in altre città italiane arriva il presepe con Maria e Giuseppe e Gesù su gommone per ricordare tutte le persone che hanno perso la vita cercando di arrivare in Europa. A dividere lo spettatore un chiaro messaggio: «Per loro non c’era posto».

Tra due giorni festeggeremo il Natale. È una pia e suggestiva usanza: un bel presepio che sollecita la fantasia dei bambini e degli adulti, un albero sfolgorante di luci, alcuni doni, grandi occhi dei bambini in attesa, un po’ di musica natalizia: è tutto così bello e commovente.
Noi tutti abbiamo nel nostro intimo dei sentimenti e la voglia di spargere un po’ di ottimismo e di pace sulla nostra vita frenetica, che ci costringe a correre e a passare velocemente e ci impedisce di fermarci sul presente.
È tutto qui il Natale? O forse tutto questo non è che il debole eco di un avvenimento più grande, che si svolge nelle profondità del mistero di Dio, nel cuore della storia umana e nella vita di ogni persona e di ogni famiglia?
 
La gioia e la pace natalizia sono non soltanto un dolce sentimento nel quale si cerca rifugio, o non è piuttosto la manifestazione esterna di un evento reale al quale il nostro cuore si apre con grande coraggio, perché questo evento si realizzi in noi e nella nostra vita.
È questo il duro monito dell’omelia preparata per la Santa Messa di Natale da don Sergio Nicolli, vicario di zona della Vallagarina a Trento.
Nel suo inciso don Nicolli spiega che Il Natale nella lingua tedesca si chiama «Weihnacht», che significa alla lettera «notte santa», quindi celebrare il Natale significa credere che Dio è venuto nella nostra notte e l’ha riempita di luce.
«La notte delle nostre tenebre, la notte della nostra intelligenza, la notte del nostro egoismo, la nostra notte crudele piena di ansie e senza speranze.
«Egli l’ha fatta diventare una notte santa. E se nel nostro animo, guardando il presepio, nasce la commozione di fronte alla grandezza di Dio che abita la nostra povertà, allora possiamo guardarci negli occhi e scambiarci con gioia l’augurio più vero di Buon Natale.»
 

Presepio allestito nella chiesa del Seminario Maggiore di Trento.
 
Ecco perché l’allestimento del presepe rappresenta, ancora oggi, per le tante famiglie sparse nel mondo, un momento di condivisione e di festa per ricordare le radici cristiane della nostra cultura; un luogo dove è possibile cercare Dio e cercare l’uomo.
Nel messaggio per il Natale 2010, ancora arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio scriveva alla sua diocesi: «Cerca il Signore in un presepio, cercalo dove nessuno lo cerca, nel povero, nel semplice, nel piccolo, non cercarlo tra le luci delle grandi città, non cercarlo nell’apparenza.
«Non cercarlo in tutto questo apparato pagano che si offre ogni momento. Cercalo nelle cose insolite e che ti sorprendono.»

Davanti la chiesa del Santissimo in Corso Tre Novembre a Trento è stato allestito un presepe che vuole richiamare il viaggio terribile che sono costretti a fare i migranti per attraversare il mare e raggiungere le coste italiane per fuggire dalla miseria, dalla paura, dalla morte.
È composto da un telo azzurro che rappresenta il mare, una zattera di legno e sopra ci sono Giuseppe con un remo e Maria che accudisce un bambino che si trova all'interno di un salvagente che funge da mangiatoia.
Un presepe originale, voluto da alcuni volontari della parrocchia per interpretare l’enunciato di Papa Francesco, ma pare non sia stato condiviso.
Il presepe ha suscitato le critiche dei tradizionalisti sia a livello locale che nazionale contro coloro che vogliono trasformare il simbolo religioso del presepe in un elemento culturale, identitario e politico a scapito della sacra famiglia che dovrebbe evitare qualsiasi collegamento con le vicende umane dei migranti e dei rifugiati.
 

 
In risposta alle critiche di chi è a favore o contro il presepe della discordia, abbiamo chiesto a don Sergio Nicolli un suo pensiero.
«Lo apprezzo per la semplicità che però è di un’eloquenza straordinaria pensando al tempo in cui viviamo.
«L'accoglienza degli immigrati in questi anni è stata per molte comunità del Trentino - anche per le comunità di cui sono parroco a Rovereto - una priorità dettata dall'urgenza e dalla convinzione che coloro che arrivano tra noi in cerca di cibo, di pace e di dignità, fuggendo da situazioni inimmaginabili di miseria, di guerra e di persecuzione, hanno diritto all'accoglienza, proprio in nome della pari dignità umana.
«La nostra indifferenza di fronte a questo fenomeno è già di per sé colpevole da parte nostra; il presepio del Santissimo a Trento può essere come un dito puntato verso questa nostra indifferenza.
«Ma c'è di peggio: una serie di provvedimenti, proposti e approvati in nome della sicurezza, in qualche modo tentano di legittimare e di dare un fondamento di buon senso al nostro rifiuto.
«Oltre a reagire con decisione e con forza di fronte a questi provvedimenti e a questo rischio, ritengo che qui si stia aprendo per le comunità cristiane un campo nel quale diventa ancora più urgente entrare con iniziative di accoglienza coraggiose e generose, alle quali dobbiamo educare chi vuol rispondere con coerenza all'invito del Vangelo: Ero forestiero e mi avete accolto... ero affamato e mi avete dato da mangiare....
«Mi auguro che il presepio, allestito con un certo coraggio provocatorio davanti alla chiesa del Santissimo, faccia riflettere molti.»

Don Sergio Nicolli.

«Diverso è invece il presepio allestito a Rovereto nella piazzetta della solidarietà del Centro Betania, inaugurato da poco più di un mese, contiene le pregiate statue in legno ad opera di artisti della Val Gardena, grazie alla collaborazione del Comune di Rovereto.
«Negli anni scorsi - racconta don Nicolli – le statue venivano collocate nel presepio che stava sotto il grande albero di Natale di piazza Rosmini, ma quest’anno i presepi sono stati esclusi dall’iniziativa dei mercatini di Rovereto che oramai da molti anni caratterizzavano il Natale dei popoli.
«Non c'era posto per loro (Maria e Giuseppe) nell'albergo - continua Nicolli riportando le parole del Vangelo di Luca - e allora si sono trovati a dare alla luce Gesù nella grotta di Betlemme, la casa dei pastori, l'abitazione dei poveri.
«Così come in piazza Rosmini non c'era posto per il presepio, e allora sono state onorate dell’accoglienza nella casa dei poveri (questo è il significato ebraico della parola Betania), nel luogo dove hanno trovato casa molte realtà che in questo tempo si occupano delle varie forme della fragilità umana.»
 
Nadia Clementi - [email protected]
Don Sergio Nicolli - [email protected]
 
Presepe di Marco Sartori Barbolini.