Storie di donne, letteratura di genere/ 31 – Di Luciana Grillo

Elena Carlomagno: Fichi seccati – «I fichi, se ho pane fanno da companatico, se non ce l’ho da pane»

Titolo: Fichi seccati
Autrice: Elena Carlomagno
 
Editore: L’autore Libri Firenze 2013
Pagine: 70 15x22 - Brossura
 
Genere: Romanzo
Prezzo di copertina: € 10
 
Prima che inizi questo breve romanzo (o racconto lungo), l’autrice cita un bel brano di Seneca per invitarci a riflettere su ciò che è essenziale per vivere e ciò che è superfluo.
Seneca, infatti, ci dice che i fichi, se ho pane, fanno da companatico, se non ce l’ho, da pane.
Il titolo riprende il concetto e ci invita a curiosare in un mondo semplice, in un tempo lontano, quando i fichi venivano stesi al sole sulle gratelle e conservati, come alimento prezioso, per l’inverno.
L’autrice è un’ ingegnere idraulico che vive a lavora a Lauria, in provincia di Potenza.
Al suo lavoro abituale associa l’amore per la poesia e la prosa, e parte da lontano quando decide di raccontare la storia d’amore dei suoi trisavoli Raffaella e Luigi, la prima meridionale, il secondo piemontese, che si incontrarono e si innamorarono proprio durante il Risorgimento.
 
Luigi, giovane maresciallo catapultato nell’ex regno borbonico ancora percorso da fremiti rivoluzionari, scopre un mondo altro, abitudini diverse, cordialità spontanea, ma vive sulla sua pelle le contraddizioni del momento e i pregiudizi fra «diversi», nel senso che la mamma di Raffaella, per esempio, lo considera uno «straniero».
Certamente, per Luigi non è facile farsi accettare in una famiglia con salde tradizioni borboniche, ma l’amore che è nato spontaneamente fra i due riuscirà ad avere la meglio su ostacoli e opposizioni.
Raffaella è una ragazza dolce e remissiva, cerca di tenere contenti i suoi genitori e gli zii, guarda da lontano il suo maresciallo e con lui comunica mediante un codice segreto fatto di luci e di buio.
Un evento tragico, la morte del fratellino Enrico, sembra congiurare contro il buon esito di questa storia d’amore che ha il sapore di un tempo assai lontano, quando uno sguardo o la mano appena sfiorata erano segnali importanti.
La mamma di Raffaella, borbonica irriducibile, piuttosto che accettare il matrimonio della figlia, lascia tutti, consegna i suoi gioielli al parroco ed esce per sempre dalla vita dei suoi cari.
Intanto, gli eventi sembrano precipitare: contro i meridionali ribelli, che sostengono i briganti, viene emanata una legge repressiva, la legge Pica… e Luigi è in mezzo, come fra due fuochi: il dovere e l’amore.
 
In una prosa dolce e talvolta un po’ «datata», la Carlomagno racconta e ci guida in un mondo che sta cambiando: «Luigi prese a chiudersi in sé stesso, a sentirsi ogni giorno insoddisfatto, a non riconoscersi più in quel mondo che gli stava di fronte… guardava i suoi figli e li sentiva parlare, ma non li capiva, erano diversi da lui, parlavano con accento straniero... Era straniero lui stesso nella sua nazione e in più vedeva quella nuova terra, il Meridione, sempre più piegata e impoverita».
C’è una consapevolezza inquietante nell’avanzare della storia: «il nuovo Stato reprimendo il canto dei briganti aveva privato il Sud della sua voce…» e se, a pensarlo, è un piemontese, vuol dire che l’unificazione d’Italia è stata veramente traumatica!
Raffaella, detta in paese Feluccia, diventa moglie, madre e nonna, sempre ferma, determinata, capace di comprendere che i suoi figli e nipoti «erano la prova vivente che quell’Italia non si sarebbe mai potuta disfare».
Ed è serena fino in fondo, anche dopo la partenza del marito e di un figlio per la lontana America, alla ricerca dei parenti piemontesi e con la speranza di fare fortuna: «Feluccia aveva visto scomparire Luigi e Michele avvolti nei loro mantelli a ruota…»
Non li avrebbe rivisti mai più, eppure, «a un tratto le parve di aver colto il senso della vita e della sua storia…»
 
Fichi seccati – che ha ottenuto il secondo posto nella sezione Narrativa inedita al IV Concorso Internazionale di libri inediti «Il saggio - Città di Eboli» – si legge velocemente e non si dimentica.
Ci offre il Risorgimento in una prospettiva diversa, non quella del piemontese conquistatore e del meridionale filoborbonico, ma quella di chi, in paesi piccoli sconvolti da una guerra incomprensibile, deve, in qualche modo, tentare di recuperare una normalità perduta.
 
Luciana Grillo