Affascinante viaggio alla scoperta delle Profezie Maya
Ne parlano la nostra Nadia Clementi e lo scrittore Riccardo Fox
La civiltà Maya è tra le più misteriose e affascinanti. Ebbe il suo periodo più florido tra il 250 e il 900 d.C.; fiorì nella zona del Centro America, più precisamente nell’ area che si estende dal Sud della Penisola dello Yucatán fino all'Honduras e El Salvador, Guatemala e Belize.
Grazie alle conoscenze matematiche e astronomiche, alla loro scrittura sofisticata e ai grandi monumenti arrivati fino a noi, abbiamo potuto scoprire la loro singolare cultura.
Di particolare interesse è lo studio del calendario Maya chiamato «La pietra del sole» attualmente custodito presso il Museo Nacional de Antropologia di Città del Messico.
Per il popolo Maya contare e scandire i giorni era una necessità di vita, come importante era la comprensione dei movimenti dei corpi celesti, che serviva per capire il comportamento degli dei. Questi venivano interpellati nella gestione economica, politica e sociale, influenzando il destino dei singoli e delle nazioni.
Cercheremo di capire come un calendario composto da ruote e ingranaggi usati per computare cicli religiosi e solari, abbia tenuto in sospeso il mondo, ipotizzando indescrivibili catastrofi.
Pietre del Sole
Secondo i calcoli dei Maya il nostro ciclo attuale ebbe inizio nel 3114 a.C. e doveva terminare il 21/12/2012, giorno del solstizio d'inverno, data in cui si sarebbe dovuto verificare un vero cataclisma o più esplicitamente la fine del mondo.
Perché i Maya avevano ipotizzato la fine del pianeta in questa particolare data? Per paura di quel gioco matematico dato dalla particolarità delle sequenza numerica? Oppure si tratta di un segreto che si nasconde nel più profondo mistero del mondo delle divinità sotterranee?
Secondo il loro calendario, ci troveremmo attualmente nella quinta era, definita dell’oro, l’ultima delle precedenti quattro (acqua, aria, fuoco, terra). La nostra epoca doveva terminare a dicembre 2012 e come accadde per quelle passate, la fine doveva coincidere con una serie di sconvolgimenti ambientali causati da un inversione del campo magnetico terrestre, dovuto a uno spostamento dell’asse del pianeta.
Con l’allineamento della Terra, del Sole e dei pianeti, un buco nero si sarebbe dovuto formare al centro della galassia, il tutto doveva coincidere con il solstizio invernale, a quel punto l’ombra del Sole si sarebbe proiettata sulla piramide di Chichen Itza dando vita ad un Serpente piumato, divinità che avrebbe dovuto impossessarsi della Terra.
Solstizio d’inverno
Altre sono le profezie ipotizzate dai Maya, tra le più accreditate citiamo le seguenti.
La seconda riguardante i segni che la Terra invia all'uomo circa i cambiamenti ambientali, climatici e naturali causati dall'egoismo umano.
La terza profezia parla di cataclismi che la Terra subirà con il conseguente scioglimento dei poli, fattore che sarà visibile in maniera maggiore con l'aumento dell'attività del Sole, evento già registrato a partire dal 2011.
La quarta previsione del popolo Maya tratta il tema del materialismo dell'uomo: l'economia mondiale basata sul potere e sul denaro. Secondo la profezia l’ascesa sulla terra delle divinità ridarebbe un nuovo equilibrio mondiale basato sull'armonia e su una nuova società.
I profeti del tempo prevedevano fiamme e fuoco nel cielo, terremoti e distruzioni naturali, impatti di meteorite, guerre stellari etc. Scenari terribili che nessuno di noi vorrebbe mai vivere.
Difficile anche solo pensare che la Terra, così come la conosciamo, finisca drasticamente in un’ enorme massa di polvere. Resta comunque il fatto che la fine del mondo, per quanto temuta, è stata nei tempi sempre attesa, forse come tentativo di rispondere a domande e avvenimenti imprevedibili, forse pensando al mistero della nostra vita destinata a cessare per sempre: per alcuni una liberazione, per altri una catastrofe naturale.
Foto dal libro Terra Maya di Felice Bortolotti edizioni Leonardo Da Vinci
A distanza di più di 1.000 anni, l’ ultima generazione dei Maya vive ancora oggi nel sud del Messico, in particolare nella regione interna dello Yucatan, ricca di cultura e tradizioni.
A testimoniare la storia i siti archeologici, tra cui, il più vasto a Chichen Itzà, quello di Cobà tra i più spettacolari e quello di Tulum che mantiene un primato tra le antiche città-roccaforti maya per la sua posizione scenografica a strapiombo sul Mar dei Caraibi.
Molto importanti sono anche le rovine di Uxmal, caratterizzate da costruzioni incredibili come la Piramide dell'Indovino e il Palazzo del Governatore.
Dalla giungla alle piramidi, dalle città coloniali alle colline ondulate, lo Stato dello Yucatan è animato da un’energia impetuosa, quasi dotata di poteri divini: un autentico angolo di storia del Messico da non perdere.
Per scoprire misteri e segreti della civiltà Maya andiamo ad esplorare il sito archeologico meglio conservato, Chichen Itza, chiamato anche «bocca di Iza», nome derivante dalle parole chi (bocca) e ch’en (pozzo), Itza (gruppo etnico) riprodotto a itz (magia) e (h) a (acqua).
In esso si possono ammirare diversi templi, come quello del Cenote Sagrado, uno specchio d’acqua che misura 65 m. di diametro e 35 m di profondità. Tra i più visitati il campo da Gioco (el juego del la pelota) circondato e decorato da bassorilievi raffiguranti serpenti e varie divinità.
Immergersi in questa realtà è un’ esperienza unica, un sogno ad occhi aperti considerato una delle 7 meraviglie del mondo.
Difficile spiegare l'emozione che si prova quando ci si ritrova a tu per tu con la Piramide di Kukulcan, nota anche come El Castillo, una struttura enorme che, secondo molti archeologi, altro non è che la ricostruzione in pietra del calendario Maya.
Cenote sagrado e Serpente piumato
La piramide, infatti, alta 25 metri presenta quattro gradinate con un totale di 365 gradini corrispondenti ai giorni del calendario, mentre le 18 terrazze su ogni facciata corrispondono ai mesi ed infine, i 52 pannelli rappresentano gli anni che compongono il secolo maya. Un monumento che attira migliaia di turisti, in particolare in corrispondenza dell’equinozio di primavera, per la proiezione naturale di strane figure generate da effetti di luci ed ombre.
L’interno della Piramide nasconde misteri e segreti: un primo cunicolo stretto e maleodorante conduce al trono di Chac-Mool, statua ricca di intarsi di madre perla.
A pochi metri, nel secondo passaggio, chiamato camera sacrificale, si intravedono due file di aculei incorporati di un essere umano; proseguendo si arriva alla sala del giaguaro rosso, con occhi e corpo abbelliti da pietre di giada.
Nadia Clementi
Nei sotterranei della Piramide un recente scavo archeologico nasconde un segreto: scopriamolo con l’aiuto dello scrittore Riccardo Fox.
Qualche anno fa, in maniera del tutto casuale (non essendo io un archeologo), mi capitarono tra le mani gli appunti di un esploratore del secolo scorso, scritti in punto di morte, in cui descriveva il contenuto di un antico documento Maya, da lui rinvenuto e, malauguratamente, mai reso noto alla comunità scientifica. Si parlava di Kukulkan, un giovane che sarebbe presto diventato sacerdote, e della imminente fine del mondo.
Il giovane prestava molta attenzione agli insegnamenti di Chilam Balam, il sacerdote anziano che dava l’interpretazione definitiva ai segni degli Dei. Era ormai certo che di lì a pochi giorni il mondo sarebbe stato distrutto, come era stato ampiamente previsto dalle antiche profezie citate dagli anziani.
Kukulkan, pur giovane, aveva letto più volte tutti i testi sacri, ma non era mai riuscito a trovarne traccia di quelle profezie.
Sapeva però di essere inesperto, quindi non diede troppo peso alla cosa; del resto, per diventare sacerdote erano richieste: incrollabile fede negli Dei, cieca osservanza delle scritture, indiscussa fedeltà al sacerdote anziano, scarsa propensione a fare domande.
Kukulkan aveva tutte queste caratteristiche, ma i fatti dimostrarono tragicamente, che ne aveva anche un’altra, che mal si conciliava a tutte le precedenti: la curiosità.
Ascoltando il suo maestro apprese che, in passato, il mondo era finito già due volte; chiese quindi come fosse possibile che loro si trovassero ancora lì.
Chilam Balam gli spiegò che gli Dei concedono all’umanità un lungo periodo di tempo; al termine di quel tempo, se non sono soddisfatti di ciò che l’uomo ha fatto, distruggono il mondo e lo rifanno meglio.
Quindi, osservò Kukulkan, per sopravvivere il suo mondo sarebbe dovuto essere migliore dei due precedenti, ma non riusciva a capire come facesse l’uomo a regolarsi senza un termine di paragone, visto che i mondi«sbagliati» erano stati distrutti.
Il maestro gli spiegò che l’uomo agisce come gli Dei l’hanno creato e che la distruzione del mondo non è per ciò che di sbagliato ha fatto l’uomo, ma gli Dei stessi: distruggendo la propria creazione, emendano l’errore e vi rimediano creando un nuovo mondo, migliore del precedente.
Ma, si chiese Kukulkan, a cosa servono i riti, le adorazioni, i sacrifici, se tutto è già stabilito? Se l’uomo non può migliorare se stesso, né il mondo in cui vive, come può sperare di evitare la propria distruzione?
Chilam Balam gli rispose che gli Dei avevano creato l’uomo in quello che a loro era parso il modo migliore, ma che la conferma l’avrebbero avuta nel comportamento dell’uomo stesso nel corso del tempo che aveva a disposizione: i migliori riti, profonde adorazioni e adeguati sacrifici avrebbero dimostrato la perfezione dell’uomo e salvato il mondo.
Purtroppo, gli Dei avevano fatto comprendere chiaramente di non essere per nulla soddisfatti di questa terza creazione ed era quindi necessario prepararsi alla distruzione del mondo.
Qui gli appunti non sono molto chiari: una bevanda deve essere caduta sui fogli, e un maldestro tentativo di asciugarli aveva sbavato l’inchiostro. Sembra però che il giovane non riuscisse a comprendere come un’antica profezia potesse vaticinare sul futuro del mondo quando l’uomo, tutto sommato, comportandosi bene poteva evitarne la distruzione.
Kukulkan si ributtò sui testi sacri, studiandoli ben più di quanto fosse richiesto; li lesse un’altra volta, e un’altra, e un’altra ancora, ma niente da fare: più li leggeva e più si convinceva che non c’era traccia di alcuna distruzione del mondo, né della prossima né delle due precedenti.
Decise quindi di prendere il coraggio a due mani e di andare da Chilam Balam a chiedergli spiegazioni. Davanti a lui espose le proprie perplessità; il sacerdote lo ascoltò in silenzio e, quando ebbe finito, fece un cenno: quattro guardie si gettarono su di lui, lo legarono e lo trascinarono nel sotterraneo del tempio, dove fu incatenato al muro. Poco dopo lo raggiunse Chilam Balam, con tutti gli altri sacerdoti.
Kukulkan, spaventato, chiese perché lo avesse fatto imprigionare. L’anziano gli disse che ormai da tempo il popolo aveva iniziato a dubitare degli Dei e quindi era giunta l’ora di una dimostrazione della loro forza.
Quel giorno stesso sarebbero iniziati i riti magici per scongiurare la distruzione, accompagnati da ricche offerte del popolo in oro e gioielli, animali e pellicce; il tutto si sarebbe concluso, di lì a tre giorni, con il sacrificio umano; si sarebbe trattato di un grande sacrificio, in grado di dimostrare agli Dei che l’uomo meritava di vivere e il mondo di continuare. E poteva esserci sacrificio migliore di un giovane sacerdote che aveva dubitato?
Kukulkan pensò all’enorme quantità di beni che, nel corso dei secoli, si era accumulata nel tempio, a cui i sacerdoti anziani attingevano a piene mani; iniziò a capire: il popolo doveva credere, non importava se fosse vero o no.
Questo sistema geniale permetteva ai sacerdoti di vivere riccamente con le offerte e, se qualcuno avesse mai messo seriamente in dubbio il loro ruolo e le profezie, bastava prevedere una «distruzione del mondo», invocare maggior fedeltà e generosità, trovare il sacrificio perfetto e il gioco era fatto: il popolo sarebbe stato nuovamente credente, permettendo ai sacerdoti di mantenere intatti potere, ricchezza e privilegi.
Tre giorni dopo, legato sull’altare sacrificale, prima che la lama penetrasse nel suo cuore pensò all’ironia del destino per cui lui, unico a non credere nella fine del mondo, sarebbe morto mentre gli altri, credendoci, sarebbero sopravvissuti.
Gli appunti dell’esploratore terminano con un’osservazione circa il fatto che, tutto sommato, pur con metodi diversi le cose erano rimaste sostanzialmente invariate nel tempo, perpetrandosi fino ai suoi giorni.
E anche oltre, concluderemmo noi...
Riccardo Fox
Viaggio in Messico: «Parti, vento in poppa, esplora, sogna e scopri» (Mark Twain)
Curiosità e alcune fotografie sono state fornite dal «Gruppo messicani nel Trentino»
Per informazioni : [email protected]