Sicurezza energetica: l’impatto della crisi ucraina
L’acuirsi delle tensioni tra Mosca e Kiev potrebbe avere serie ripercussioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti di gas in Europa
Nel novembre 2013 sono iniziate in Ucraina le prime proteste spontanee contro la decisione del governo guidato da Victor Yanukovich di sospendere (i negoziati sul) l’accordo di associazione con l’Unione europea.
La situazione, che rimane tutt’ora fluida, è degenerata portando alla fuga del Presidente da Kiev e dall’ingresso delle forze armate russe in Crimea (vedi contributo precedente).
L’acuirsi delle tensioni tra Mosca e Kiev potrebbe avere serie ripercussioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti di gas in Europa.
Mosca, infatti, potrebbe decidere di usare deliberatamente l’arma energetica, sia sospendendo direttamente le forniture di gas all’Ucraina o usando in modo indiretto i debiti del governo ucraino sui pagamenti energetici come leva per minare la stabilità socio-economica del nuovo regime.
Di fronte ad una sospensione delle forniture, Kiev - che dipende per oltre il 50% dei propri consumi dalle forniture di Gazprom - potrebbe tentare di sottrarre parte dei volumi di gas destinati all’Europa, per utilizzarli sul mercato interno.
Tale iniziativa avrebbe come effetto immediato la riduzione dei flussi verso l’Europa, ma potrebbe avere come seconda conseguenza la decisione del Cremlino di ridurre anche le esportazioni destinate ai mercati europei, come accaduto durante la crisi energetica del 2009.
Nel caso in cui le forniture dalla Russia dovessero ridursi considerevolmente, l’impatto negativo sulla sicurezza energetica dei paesi europei potrebbe rivelarsi significativo.
Attraverso il territorio ucraino, infatti, transita circa il 60% delle esportazioni di gas russo verso l’UE, pari al 20% dei consumi totali europei.
Proprio nel 2013, anche a causa dell’apertura di Gazprom alla rinegoziazione dei contratti, le forniture russe verso l’Europa hanno toccato il picco di 135 miliardi di metri cubi, facendo registrare una crescita del 16% rispetto all’anno precedente.
L’Italia, insieme alla Germania, è tra i grandi consumatori di gas russo, che contribuisce a soddisfare il 43% dei consumi italiani ed è un elemento fondamentale per la capacità di generazione di energia elettrica nazionale.
Attualmente, fortunatamente, il mercato europeo del gas è caratterizzato da un eccesso di domanda, risultato del crollo dei consumi (in Italia -13% rispetto a gennaio 2013) determinato dalla crisi economica e dalle condizioni climatiche particolarmente miti.
Questa situazione permetterebbe di attutire - almeno parzialmente - un’eventuale ritorsione da parte di Gazprom, sebbene le situazioni d’instabilità politica in Algeria e soprattutto in Libia impongano di mantenere sempre alti i livelli di guardia.
Alla metà di giugno Mosca, in assenza di un accordo con l’Ucraina, ha deciso di chiudere i rubinetti del gas verso l’Ucraina, come già avvenuto in passato durante le crisi energetiche del 2006 e del 2009.
Il livello di tensione raggiunto dallo scontro mostra la determinazione del Cremlino ad adottare misure estreme per difendere i propri interessi nazionali nella regione.
Molto, probabilmente, dipenderà anche dalle iniziative europee per far fronte alla crisi, e dalle reazioni dei paesi membri di fronte alla crescente ingerenza russa nella vita politica ucraina.
Il rischio che lo scontro tra Russia e Unione europea (magari con il supporto di Washington) si inasprisca è elevato, e questo potrebbe provocare ritorsioni energetiche dirette verso l’Europa.
Non vanno tuttavia sottovalutati due fattori che hanno per decenni caratterizzato le relazioni energetiche russo-europee.
Il primo è il ruolo chiave delle rendite energetiche per il budget federale russo, al quale contribuiscono per circo il 60%. Il secondo è che le forniture di gas verso l’Europa rappresentano un fetta considerevole di queste rendite, essendo i mercati europei – insieme alla Turchia e la stessa Ucraina – la principale (e certamente più redditizia) destinazione dei volumi esportati da Gazprom.
Pertanto, prima di ricorrere in modo massiccio all’utilizzo dell’arma energetica, in particolare verso partner chiave come la Germania e l’Italia, le relazioni tra Russia ed Unione europea dovranno realmente giungere ad un punto di non ritorno difficile da prospettare.
Le azioni politico-diplomatico da intraprendere a livello europeo per far fronte alla crisi possono essere principalmente di due tipi.
Da un lato, certamente, tentare di negoziare una soluzione di compromesso sull’Ucraina che tenga in considerazione gli interessi nazionali e di sicurezza russi, in particolare in Crimea e nella parte orientale del paese.
La neutralizzazione dell’Ucraina, accompagnata da garanzie nei confronti del Cremlino sull’esclusione di Kiev da processi di integrazione europea e soprattutto transatlantica, potrebbe rappresentare un primo passo per evitare i rischi di scontro frontale e di gravi ritorsioni dal punto di vista energetico.
Dall’altro, il rafforzamento della cooperazione con gli altri paesi fornitori. Nel 2013, ad esempio, per divergenze con la compagnia algerina Sonatrach sul prezzo del gas, l’Italia ha ridotto significativamente le proprie importazioni dall’Algeria (-40%).
Al contempo, lavorando al fianco del governo libico per tentare di rafforzare le condizioni di sicurezza nel paese, si potrebbero stabilizzare le forniture attraverso il gasdotto Greenstream, anch’esse soggette a forti riduzioni (-12%) durante il 2013.
Considerando l’avvicinarsi della bella stagione, e la fisiologica riduzione dei consumi di gas, queste misure potrebbero risultare sufficienti ad attutire l’impatto di breve periodo di eventuali sospensioni delle forniture russe.
Resta tuttavia la questione strategica di lungo periodo, che può essere affrontata solamente attraverso la stabilizzazione delle relazioni con Mosca, accompagnata da ulteriori sforzi di diversificazione delle fonti di approvvigionamento (principalmente via LNG).
N.S. (Ce.S.I.)