Trento, la Compagnia Equilibrio Dinamico a Teatro Capovolto

Sabato 31 luglio alle 21.30 prosegue la danza con il poetico «Confini Disumani»

>
Teatro Capovolto – la stagione estiva del Centro Santa Chiara di Trento – prosegue con la danza il 31 luglio (h 21.30) con l’ospitalità della compagnia Equilibrio Dinamico fondata e diretta dalla coreografa Roberta Ferrara, ospite in veste di autrice del poetico Confini Disumani, una preghiera fisica, collettiva, che prende spunto dall’attualità.
Sono state le parole dello scrittore napoletano Erri De Luca di Solo andata, romanzo in versi pubblicato nel 2005, ma anche le scioccanti notizie quotidiane dei nostri telegiornali, a ispirare lo spettacolo di Roberta Ferrara Confini Disumani. Nato per l’effervescente e versatile compagnia Equilibrio Dinamico da lei fondata in Puglia dieci anni fa, lo spettacolo lancia un monito e una riflessione sull’oggi sul senso di smarrimento e sradicamento conseguente all’immigrazione.
 
«Noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera. Uno di noi, a nome di tutti ha detto: non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno», scrive De Luca.
Ed ecco che sei danzatori sul palco usano i loro corpi con la convinzione di una preghiera e la forza di una gestualità che denuncia: sono uomini e donne ‘orfani’ di una terra perché emigrati. Privati persino dell’identità, sono pronti a riportare l’attenzione su di sé, scardinando l’indifferenza, nel susseguirsi di potenti quadri coreografici, dove unisoni si alternano a duetti più intimi, ciascuno accompagnato da una peculiare colonna sonora. In una società come quella contemporanea dove il sentimento di umanità sembra svanito o soverchiato dalla frenesia e dalla paura, Confini Disumani con la sua danza d’impatto, flessuosa ed energica, tocca lo spettatore e lancia interrogativi.
 
«Scegliere di andare via dal luogo natio - racconta Roberta Ferrara - non sempre significa affrontare un viaggio di piacere. Ho iniziato a ragionare su cosa significhi varcare un confine nuovo e ignoto. E l’ho raccontato in questo pezzo nato diversi anni fa, sempre, purtroppo, attuale nella tematica. Credo non esista forma di comunicazione più poetica e onesta del corpo. Creo per ricordare, denunciare, per ripercorrere emozioni.»
Roberta Ferrara delinea in questo lavoro un ritratto nudo e consunto di una società in cui l'idea di nazione e di patria sembrano sgretolarsi. Nella frenesia dei corpi e nell'onesta sfrontatezza dei gesti, si insinua un crescente senso di sradicamento. Il ritmo incalzante della musica e una drammaturgia che non concede pause, conducono ad una riflessione amara e infine ad una speranza necessaria.