Il bianco e nero del Brasile, parte seconda – Di Nadia Clementi
Prima tappa, Rio de Janeiro, tra miseria e lusso: le favelas e la città turistica
(Link alla puntata precedente)
Rio de Janeiro significa, in portoghese, Fiume di Gennaio. Nome che è stato dato dai primi esploratori che, giunti nella baia nel mese di gennaio, credettero che si trattasse di un fiume.
Rio è una città incantevole e ricca di contraddizioni, dove ogni realtà vive affiancata ai suoi opposti, trovando incredibilmente un equilibrio quasi perfetto.
Con oltre 6 milioni di abitanti (12 milioni con tutta l’area metropolitana), Rio è la quarta città del Sud America, ma è anche la città con il parco cittadino più grande al mondo: il parco di Tijuca, una vera e propria foresta tropicale nel cuore della città che si erge fino al famoso monte Corcovado, con la statua del Cristo Redentore, monumento simbolo del Brasile.
Natura selvaggia e urbanizzazione sfrenata si alternano continuamente: nell’arco di pochi minuti si può passare dagli immensi grattacieli del centro, alla pace del verde, con imponenti palme e piante esotiche, uccelli variopinti e scimmiette, senza scorgere traccia di civiltà.
La morfologia del territorio sul quale si è sviluppata la città ha dell’incredibile. Con il mare che la abbraccia praticamente su ogni lato, si creano piccole baie incantevoli e infinite spiagge sabbiose, tra cui le celebri Copacabana e Ipanema.
Dal livello del mare si ergono magicamente colline e montagne, che raggiungono presto i 1.000 metri di quota, e dalle quali si gode di un panorama unico che difficilmente si può trovare altrove, come quello visibile dal «Pan di Zucchero» (in portoghese Pão de Açúcar), monte raggiungibile solo con la funivia.
Anche storia e modernità si accostano una all’altra, con le cattedrali antiche affiancate a enormi palazzi di vetro, edifici storici accerchiati da quelli moderni, con un passato che fa fatica a esser ricordato in una città così proiettata nel futuro, anche se questo lo notano solo i turisti.
Ma per i Cariocas, come vengono chiamati gli abitanti di Rio, esiste solo il presente: la dove i sentimenti più estremi convivono in una stessa anima con un popolo che ama l’effimero, la spiaggia, il sole, il calcio e la cura del corpo, una superficialità che tenta di nascondere la proverbiale e inconsolabile malinconia tipica di questo popolo, quella saudade (salutare) intraducibile e inafferrabile per chiunque non sia nato sotto il cielo del Brasile.
Foto 2
Il contrasto, più difficile da sopportare anche per una città come Rio, è quello tra ricchezza e povertà.
Nel giro di pochi metri si può passare dagli alberghi esageratamente lussuosi come il Copacabana Palace, alle trasandate e poverissime favelas, baracche prive di ogni servizio e fucine di delinquenza e droga.
Spesso basta letteralmente girare l’angolo per essere catapultati in un altro mondo.
Le favelas non sono nascoste dal centro della vita, come certi sobborghi europei, ma costruite sulle colline che dominano la città, sono sempre visibili, così colorate, così improvvisate e così vive.
I poveri guardano dall’alto i ricchi, anche questa è una delle tante contraddizioni della città.
L’amministrazione locale sta cercando di porre rimedio, di bilanciare con fatica queste enormi differenze sociali, ma la strada è ancora lunghissima e spesso le misure adottate generano contrasti ancora più acuti.
Persino l’impegno di rendere Rio una città più sicura sembra spesso vano: per tanti brasiliani è opinione comune che Rio de Janeiro non è e non potrà mai essere una città sicura, chi la conosce lo sa e prende i suoi accorgimenti, convivendo con questo rischio senza che interferisca più di tanto nella vita quotidiana.
Nonostante tutte le contraddizioni descritte, che a prima vista potrebbero spaventare un turista al suo arrivo, sono invece fonte, per così dire di un «fascino incredibile».
Contrasto ricchi e poveri.
LE FAVELAS
Le Favelas di Rio nascono per lo più fuori dal centro e sembrano non finire mai. Le abitazioni sono arroccate le une sulle altre e spesso sono costruite con mattoni e scarti di immondizia.
Nelle favelas non è lo Stato a comandare: si tratta di territori gestiti quasi sempre da narcotrafficanti che comandano a proprio piacimento e sostituiscono in toto l’amministrazione statale: danno cibo e lavoro, decidono cosa è permesso e cosa no, spesso anche chi può entrare e chi no.
Sono tantissime, tra le più conosciute ci sono Rocinha, Parada de Lucas, Maré e Turano, che in totale ospitano quasi 1 milione di persone.
Hanno una storia antica, cominciata agli inizi del Novecento, quando le persone migravano dalle campagne alle città attratte dalle maggiori opportunità lavorative.
Ma quelle che dovevano essere sistemazioni temporanee, sono poi diventate enormi quartieri, senza infrastrutture e servizi adeguati.
Con il tempo trasformate in terreno fertile per le associazioni criminali, che funzionano come un vero e proprio Stato parallelo e fanno del narcotraffico la loro attività principale, coinvolgendo anche bambini e adolescenti come fattorini o vedette.
La polizia controlla 40 favelas, mentre le altre 160 sono controllate da 3 gruppi di spacciatori: il Commando Rosso, gli Amici degli Amici e il Terzo Commando. Il Commando Rosso è nato negli anni '70 durante la dittatura militare capitalista, sponsorizzata dalla CIA per proteggere il Brasile dal comunismo.
Negli ultimi 15 anni il Brasile è diventato il mercato più forte nel traffico della droga. Il primo sono gli Stati Uniti e il terzo è quello europeo.
Il problema del Brasile è quello di avere alle frontiere due tra i più grandi produttori di marijuana e cocaina al mondo, la Colombia e il Venezuela.
Una parte della coca viene lasciata per il mercato interno brasiliano, mentre il resto viene inviato in Europa.
Dal Brasile passa per il Messico attraverso i cartelli (insieme di organizzazioni che costituiscono un unico sistema criminale che opera a livello internazionale e transnazionale), per poi arrivare negli Stati Uniti.
Le favelas sono oramai diventate parte dell’immaginario comune associato al Brasile e i turisti vogliono conoscerle. Sono due i modi per arrivarci, molto diversi tra loro per spirito e la loro autenticità: andarci da soli è pericoloso poiché una volta dentro non è certo che si riesca ad uscire.
In alternativa ci sono i «Favela tour» con guida locale offerta dagli hotel che permettono di vedere alcuni luoghi inaccessibili.
In questo caso la curiosità premia un tour della povertà, primo perché si vede ciò che i boss della favela decidono di farti vedere, secondo perché parte dei soldi dei tour vanno proprio a chi comanda in favela, narcos o trafficanti di armi che siano.
Poi esistono alcuni tour organizzati da associazioni che a loro volta rinvestono i soldi dei turisti proprio nelle favelas stesse: da un punto di vista etico è certamente la scelta migliore e noi, in questo viaggio ci siamo fatti accompagnare nella favela di Rocinha.
Controllata dal Commando Rosso è tra le più grandi della città brasiliane, dove vivono circa 180.000 persone in condizioni di estrema povertà e senza adeguati servizi e infrastrutture.
«L’ingresso a Rocinha toglie il fiato: vicoli molto stretti e vere e proprie centrali elettriche che pendono dai pali della luce, le case sono baracche e alcune sono forate dagli spari delle mitragliatrici.
L’odore dell’aria è nauseabondo, fogne che scorrono a cielo aperto, i bambini con fucili in mano e altri in groppa a motorette che salgono e scendono dalle ripide strade su cui si abbarbica la favela.
La guida ci indica le vie da percorrere a piedi e dove poter fare foto e dove no, dove fermarsi o dove continuare a camminare in silenzio ad occhi bassi.
Per la visita abbiamo scelto un abbigliamento informale e per evitare di essere rapinati abbiamo nascosto in sacchetti di nailon le borse, i cellulari e la macchina fotografica.
Che dire ancora di più, osservare tanto degrado e disperazione fa inevitabilmente pensare alle decine di migliaia di bambini che crescono in queste condizioni, e che spesso costituiscono la maggioranza della popolazione delle favelas; vivere qui per loro significa essere coinvolti fin da piccoli nelle attività delle bande di narcotrafficanti come vedette o fattorini.
Lungo le vie si scorgono bazar e botteghe di artigianato, sarte e barbieri. Gli abitanti di una favela vivono con meno di 100 dollari al mese. Povertà e criminalità sono la realtà di tutti i giorni e la droga e le lotte tra gang scandiscono le giornate mai completamente tranquille.
Le case, se così possono definirsi, sono costruite con materiali di scarto, a volte anche dannosi per la salute come le lamiere di Eternit.
La legge dice che gli abitanti possono costruire fino a cinque piani e, dopo 5 anni, dà diritto ai residenti di rimanere all'interno della casa poiché in queste zone non vige il concetto di proprietà privata.
Come è facilmente intuibile questa situazione abitativa allucinante genera anche gravi problemi di igiene pubblica, dovuti alla mancanza di idonei sistemi di fognatura e di acqua potabile.
La maggior parte degli uomini che vivono nella favela di Rocinha lavorano nel campo dell’edilizia, e proprio grazie al loro lavoro sono in grado di procurarsi i materiali di costruzione per le loro case e di costruirsi un allacciamento elettrico abusivo.
Altri scendono in città per svolgere lavori manuali come addetti alle pulizie delle camere d'hotel, nei ristoranti, come commessi nei negozi o come inservienti sulle spiagge.
Incontro con Barbara Olivi.
È proprio in questo sconcertante scenario che abbiamo incontrato Barbara Olivi, italiana originaria di Reggio Emilia, che dal 2001 ha scelto di vivere nella favela di Rocinha: una testimonianza, la sua, davvero straordinaria.
Barbara gestisce insieme al marito Julio, nato e cresciuto alla Rocinha, la onlus «Il sorriso dei miei bimbi».
L’associazione umanitaria mette in atto tanti progetti sociali con lo scopo di diffondere la speranza per un futuro migliore a chi vede sistematicamente negati questi diritti a causa della propria razza e provenienza sociale; promuove l’educazione intesa come veicolo di libertà e la cultura come unica arma per spezzare il circolo vizioso di ignoranza e violenza tipico delle favela.
In una piccola casa di mattoni suddivisa su più piani, Barbara assieme ad alcuni collaboratori, amministra una scuola materna per circa 80 bambini, un progetto di formazione professionale, un corso di lingue, un laboratorio Web e di arti visive, un progetto di alfabetizzazione per bambini di strada e adulti, l’accompagnamento psicologico e l’assistenza sociale alle famiglie.
Inoltre gestisce il caffè letterario, un piccolo centro culturale che mette a disposizione per gli abitanti di Rocinha libri e arte, creando occasioni di lavoro per persone coraggiose e che affrontano una quotidianità dolorosa e difficile con grande dignità: piccoli eroi del quotidiano che non fanno notizia, ma che purtroppo restano «invisibili» al resto del mondo.
Ma per Barbara e la sua Associazione, il futuro è sempre incerto e lei stessa ci ha rilasciato il seguente documento come «grido di allarme» per la sempre più drammatica situazione sociale della Rio di oggi:
«Rio de Janeiro è tra le cittá con più alti indici di violenza e omicidi al mondo e la favela di Rocinha, a partire da settembre 2017, è tornata al centro della cronaca internazionale per lo scenario di guerra creato dalle fazioni rivali di trafficanti per il controllo della comunidade. Da settembre 2017 a settembre 2018 sono state registrate 257 sparatorie in Rocinha. Per chi volesse contribuire ad aiutare Barbara e i suoi collaboratori in questo suo grande impegno umanitario, le info sono disponibili al sito https://www.ilsorrisodeimieibimbi.org/ |
RIO DE JANEIRO: PARTE TURISTICA
A Rio de Janeiro, non ci sono solo le favelas, vive di ricchezza e turismo, nella zona sud, corre la linea costiera articolata in diverse spiagge, alcune delle quali sono tra le più celebri al mondo: Ipanema e Copacabana.
La prima si snoda in una chiara striscia di sabbia lunga circa 3 chilometri ed è bagnata dall’oceano, punto nodale di uno dei quartieri più importanti della città, mentre la spiaggia di Copacabana si snoda per ben 6 chilometri, e la sua promenade è realizzata con marciapiedi dal tipico motivo a onda su entrambi i lati della strada.
Quest’ultima è caratterizzata dall’elevato numero di alberghi, ristoranti e locali che animano la movida brasiliana, facendo di questo uno dei luoghi più esclusivi dell’intera Rio e sovente sede di eventi sportivi o culturali di rilievo.
Qui è possibile ritrovare quegli scenari visti migliaia di volte in televisione ma non sempre corrispondenti all’immaginario collettivo.
Nonostante siano zone affollate di gente, occorre prestare attenzione agli effetti personali, quali borse, telecamere e cellulari, che essendo molto costosi in loco costituiscono motivo di grande interesse per gli abili e intraprendenti borseggiatori locali («tromadinhas»).
Il 50% di questo tipo di furti avviene per lo più a Copacabana.
Pan di Zucchero.
Proseguendo lungo questa stessa litoranea affacciata sull’Atlantico, si perviene al celebre «Pão de Açúcar» (Pan di Zucchero), rilievo che con i suoi oltre 300 metri di altezza prende il nome dalla sua conformazione geologica, simile a quella di un dolce tradizionale, e la cui cima è oggi raggiungibile anche grazie alla realizzazione di una funivia. Dalla cima di questa altura la vista su Rio de Janeiro è ineguagliabile e abbraccia tutta la sua immane estensione, includendo i barrios, le spiagge.
L’accesso al Pan di Zucchero con la funivia è relativamente sicuro. È bene comunque essere prudenti e recarsi sul posto sempre con le dovute precauzioni e possibilmente in gruppo.
La cappella sotto la statua.
Parlando delle alture di Rio de Janeiro, non può certo essere taciuta l’importanza della celebre statua del Cristo Redentore, gigantesca scultura in stile liberty posta in cima al Corcovado, montagna alta 710 metri che sorge al centro della città, nel Parco Nazionale della Tijuca.
Inserita nel 2007 tra le sette Meraviglie del Mondo moderno, la statua del Cristo Redentore è alta 38 metri ed è stata inaugurata nel 1931, rappresenta il Cristo nell’atto di un ampio abbraccio aperto all’umanità.
Il monumento, realizzato in calcestruzzo e pietra saponaria è stato progettato dallo scultore francese Paul Lanndowski coadiuvato dall’ingegnere locale Heitor da Silva Costa.
Nell'ottobre del 2009, in occasione del 78º anniversario della statua, l'arcivescovo di Rio de Janeiro Eusébio Oscar Scheid consacrò una piccola cappella sotto la statua.
A parte le due mani, al suo interno la statua del Cristo di Rio è vuota, rappresenta uno dei monumenti più fotografati non solo del Brasile, ma del mondo intero.
Merita una visita anche per lo splendido panorama sulle intere zone circostanti.
Foto 21 - 22 trenino cristo
Per raggiungere il Cristo Redentore si utilizza il Trem do Corcovado, un trenino a cremagliera che si inerpica tra la foresta fino a raggiungere la cima in una ventina di minuti circa, con partenze regolari e frequenti per tutta la giornata. Anche per questa visita la raccomandazione è sempre la stessa, l’escursione con guida del posto o in gruppo per evitare di trovarsi nelle aree circostanti da soli.
Sotto, lo stadio.
Un’altra delle anime del Brasile è certamente il calcio, che a Rio de Janeiro ha uno dei suoi monumenti massimi: lo stadio Maracanà, inaugurato nel 1950 per il Primo Campionato Mondiale di calcio e ristrutturato nel 2014 per i mondiali.
È situato nella zona nord di Rio de Janeiro e si visita con tour guidato, si possono vedere le tribune, il piccolo museo, l’interno degli spogliatoi e scendere fino al campo da gioco e sedersi in panchina.
Carnevale.
IL CARNEVALE DI RIO
A Rio de Janeiro ciò che scatena le maggiori emozioni è il Carnevale, che riunisce creatività, colori, suoni e fantasia. Senza alcun dubbio è la più grande manifestazione popolare al mondo.
Le sue origini risalgono alla prima metà del XIX secolo, quando il ceto borghese fortemente europeizzato importò dal Vecchio Continente l’usanza di feste e balli in maschera tanto in voga al tempo, specialmente a Parigi.
Nel corso dei decenni, questo Carnevale d’oltreoceano ha seguito poi un’autonoma via di sviluppo, avendo oggi acquisito un enorme richiamo turistico.
Anno per anno, infatti, aumenta il numero dei gruppi che ballano per le strade la popolarissima samba e prendono il nome di blocos distinguendosi gli uni dagli altri per i rispettivi usi e tradizioni che poi si traducono in variopinte scenografie di sapore differente.
Le parate si svolgono in una struttura apposita lunga 700 metri denominata Sambodromo, ai lati della quale si ergono degli spalti a gradinate su più livelli destinati al pubblico che assiste alla sfilata.
Visto dal vivo, lo spazio della sfilata dei carri è molto ridotto rispetto a come appare dalle immagini televisive.
Il sambodromo .
A tal proposito merita una visita la Città del Samba (Cidade do Samba), situata a pochi minuti dal porto di Rio de Janeiro. È il luogo che ospita le produzioni delle più importanti Scuole di Samba a Rio.
Inaugurata nel 2006 offre l'opportunità di visitare i padiglioni dove le Scuole di Samba preparano i costumi e costruiscono i carri allegorici per il famoso Carnevale di Rio de Janeiro.
La Città del Samba ha 14 edifici (chiamati anche barracões), uno per ciascuna delle scuole. Uno di questi ospita, a piano terra, lo spazio per progettare, costruire i grandi carri per il Carnevale, chiamati «Carros Alegóricos».
Al primo e il secondo piano sono collocati spazi artigianali per il cucito e la pittura dei vestiti per la sfilata.
La Città del Samba è inoltre un luogo di intrattenimento culturale per i visitatori, dove è possibile provare sfolgoranti costumi e ballare con la troupe a ritmo di samba. Lo scenario è curioso e divertente permette di condividere le emozioni dello spirito del carnevale.
Scalinata artistica.
La Scalinata Selarón è uno dei tanti punti di collegamento tra i quartieri di Lapa e Santa Teresa ed è tra i luoghi più visitati della città.
La trasformazione della scalinata da luogo buio e pericoloso a vera e propria opera d’arte a cielo aperto, è frutto del sogno e dell’intuizione di dell’artista cileno Jorge Selarón.
L’amore di quest’uomo per l’arte e per Rio hanno fatto sì che la scalinata divenisse un luogo pieno di vita durante il giorno, e adatto per gli amanti della vita boémia (artistica).
La zona rimane comunque molto pericolosa poiché sede di numerosi mendicanti. I dipinti di Selarón si possono ancora ritrovare in alcuni bar e ristoranti dei dintorni.
La biblioteca.
Il Real Gabinete Português da Leitura altro non è che la più grande biblioteca che conserva circa 350.000 volumi scritti da autori portoghesi ed è l’unica istituzione culturale al di fuori del Portogallo che gode di tale privilegio.
Alla vista appare come una galassia dentro il centro della città, un «buco nero di colori senza fine».
Nadia Clementi – [email protected]
Fine della seconda parte
(Continua domenica prossima con la conclusione di Rio de Janeiro)