Una nota in memoria di Nereo Cavazzani. – Di Angelo Rossi
Oggi le esequie di uno dei padri del vino (non solo) trentino. L'uomo che inventò il «Brut - metodo Cavazzani Lungo». E creò l'acronimo Nu.Vo.La.
La notizia della scomparsa
dell'enologo Nereo Cavazzani ha lasciato molta tristezza in quanti
ebbero il piacere e l'onore di conoscerlo.
Uomo d'altri tempi, si direbbe, per quel suo carattere schietto e
coerente, professionale e generoso come se ne incontrano ormai
pochi.
Senza entrare nella sfera familiare, dove pure lascia un vuoto
incolmabile, riesce difficile dire se in lui prevalse l'essere uno
dei più grandi enologi del nostro Paese o uno degli uomini più
disponibili che la sezione trentina dell'Associazione Nazionale
Alpini abbia avuto in questi anni.
Suo è l'acronimo del Nucleo Volontari Alpini, Nu.Vol.A.,
divenuto familiare alla gente per averli visti operare durante le
calamità naturali, dove quell'ex Ufficiale d'Artiglieria da
montagna era stato destinato per competenza, statura e capacità
organizzativa.
Al funerale c'erano ovviamente tutti, alpini e artiglieri da
montagna, rappresentati dai gagliardetti delle Sezioni, dalla
tromba che ha suonato il silenzio fuori ordinanza e dal Presidente
Demattè che lo ha ricordato con parole non di circostanza.
Insieme con tante altre persone che lo hanno stimato, anche molti
tecnici del vino e qualcuno dei vecchi operai di quella Cavit che
lui plasmò fin nei minimi particolari così da renderla idonea a
reggere ogni sfida, mercato globale compreso.
Era il modo di fare e il mondo professionale di Nereo Cavazzani, un
mondo che oggi lo piange e che lo rimpiangerà per molto tempo
ancora.
Il padre Claudio, noto commerciante vinicolo aviense con cantina in
Via Verdi a Trento che vantava etichette disegnate da un certo
Fortunato Depero, lo propose assieme all'altro figlio, il ragionier
Tito, ai cooperatori che nel '57 cercavano una sede per organizzare
una centrale d'imbottigliamento per i vini delle Cantine
Sociali.
Fu così che nacque Cavit: uno stabilimento avviato con la direzione
tecnica affidata a Nereo e quella amministrativa a Tito.
L'Istituto Agrario di San Michele avrebbe cominciato a sfornare
enotecnici solo nel '64, cosicché Nereo si era diplomato a
Conegliano Veneto, una formazione che gli tornò utile in seguito,
come utile gli era stata l'esperienza nei commerci dell'azienda
paterna con il mondo tedesco, quando il «rosato di Avio» si vendeva
a interi treni-cisterna.
Imparò così bene la lingua tedesca che tradusse tomi di biologia e
tecnica enologica dei ricercatori di Geisenheim e Bingen quando in
Italia non si andava più in là della pastorizzazione per
stabilizzare i vini.
A lui si deve l'introduzione della costosa, ma efficace, tecnica
dell'imbottigliamento sterile a freddo.
Certo, questo comportava la sua presenza in azienda almeno un'ora
prima dell'avvio delle imbottigliatrici, ma «el sior Nereo» era
sempre puntuale dando l'esempio e spiegando ai collaboratori
l'importanza di combattere anche l'ultimo dei batteri che avrebbero
potuto inquinare una qualsiasi delle bottiglie, vanificando in un
attimo il buon nome e il lavoro di 5 mila viticoltori, di una
quindicina di cantine sociali, dei tecnici e delle forze
vendita.
Nereo Cavazzani era un uomo di grande sensibilità e di provata
competenza tecnica.
Alcuni pochi fortunati assaggiano infatti ancor oggi i suoi vini
degli anni '60, bianchi o rossi non importa, trovandoli
perfetti.
Di ogni vino, di come lo seguiva dall'uva alla botte, si potrebbero
scrivere pagine e pagine.
Ci piace qui ricordare solo quello più quotidiano, il Casteller
Cavit (che doveva essere «passante» per chi lo gustava e ne fece
milioni di bottiglie) e all'opposto, quello più prestigioso, lo
spumante Brut Brut Cavit per il quale inventò addirittura
una nuova e originale tecnica di elaborazione, oggi banalmente nota
come «Charmat lungo», ma a ragione da classificare come «Metodo
Cavazzani», che ci pare doveroso qui richiamare sia pur per brevi
linee.
El sior Nereo aveva una
frequentazione assidua con il sior Giulio (Ferrari, ben
s'intende) e conosceva bene anche il Metodo classico, ossia la
tecnica della rifermentazione in bottiglia che allora si chiamava
«champenoise», ma era consapevole anche dei livelli qualitativi dei
Sekt tedeschi elaborati in grandi recipienti che partivano da una
ben più sfortunata materia prima. |
Ma non andò così. Prevalsero interessi diversi, non tanto e non solo nella spumantistica, quanto nei vini di più larga disponibilità, dove l'esigenza della riduzione dei costi male si conciliava con l'imperativo di remunerare sempre meglio i produttori, senza ricorrere alle acquisizioni più convenienti da fuori provincia.
E qui Nereo Cavazzani si mostrò campione incorruttibile, pagando di persona per una svolta che non condivideva, non poteva condividere.
Si trovarono calunnie speciose, fu allontanato dall'azienda cui lealmente aveva dato il meglio di sé.
È vissuto per altri trent'anni con questo spesso velo di tristezza nel cuore ed è morto senza mai essere stato riabilitato.
Trent'anni passati da allora, ma non certo da pensionato. Ha lavorato a testi di biologia e politica vitivinicola fino a poche settimane fa, dopo che riconoscimenti prestigiosi da fuori Trentino si erano accumulati negli anni da parte di grandi aziende cui prestava la sua consulenza e da enti anche universitari che recensivano i suoi scritti.
Un testo per tutti, un volumetto letto e tradotto in tutti i Paesi del mondo che insegnava: «Come fare un ottimo spumante», Edagricole, Bologna.
Il 2 aprile scorso, al Vinitaly, Astoria Vini ha festeggiato il Cavazzani Day con l'apertura della prima bottiglia di Kàlibro, lo spumante Brut «metodo Cavazzani Lungo» prodotto con uve Chardonnay e Pinot Nero.
Astoria dichiara di essere l'unica azienda a potersi fregiare del nome metodo Cavazzani, in virtù dei tanti anni di collaborazione con l'illustre enologo che ha personalizzato lo spumante con una combinazione originale di metodo Classico e metodo Charmat.
Lo piangono oggi anche i soci della prestigiosa Accademia Italiana della Vite e del Vino di Siena e quelli della Confraternita della Vite e del Vino di Trento, dove è stato per anni autorevole membro capitolare.
Il panorama del vino è cambiato tanto in questi anni, ma deve molte delle sue fortune all'uomo e all'enologo Nereo Cavazzani.
Chissà che non si riesca anche da parte del mondo del vino trentino, come con tutt'altro trasporto hanno fatto gli Alpini, a riconoscergli quei meriti per i quali ha speso tutta la sua vita professionale.
Angelo Rossi