Verso il 70° anniversario del bombardamento della Portela/ 7
Dal libro di Nadia Mariz «Trento 1940-1945. I testimoni raccontano» – Terza puntata: la conta dei morti
L’intera città è sotto choc e, soprattutto, ora si sa, non è sicura. Sono 198 le persone a rimanere uccise nell’incursione aerea: 75 uomini, 103 donne, 12 bambini e 8 militari. 63 i feriti.
Sul «Registro Sepolti 1937-1946», custodito presso il cimitero Monumentale di Trento, sono riportati i nomi delle vittime [nel volume «Trento 1940-1945. I testimoni raccontano» è pubblicato l’elenco delle vittime – NdR].
Ecco cosa vi si legge.
Elenco dei morti del bombardamento aereo inglese americano sulla città di Trento, avvenuto il 2 settembre, verso le ore 11.45.
Il bombardamento, durato appena 3 minuti, colpì la zona di via Prepositura, piazza Santa Maria, via San Giovanni, via Orfane, inizio di via Roma, piazza Dante, Cavalcavia, Ponte di San Lorenzo, via Tomaso Gar. I sinistrati furono sepolti nel Campo VIII (dopo i bambini) alcuni in posti singoli, i militari nel reparto militare.
Alle ore 13.30 incominciò il trasporto al Cimitero delle prime vittime e continuò il giorno 3 e 4, collocate nelle camere mortuarie e porticati, per il riconoscimento di molte irriconoscibili.
La mattina del giorno 4 alle ore 10.00, l’Arcivescovo Mons. De Ferrari col Vescovo mons. Rauzi, alla presenza di Clero, autorità civili e grande folla, fece le Esequie delle salme tutte, il padre Custode celebrò la Messa de Obiter.
Subito dopo cominciò la sepoltura delle salme nei rispettivi reparti del Cimitero civile e militare. Si continuò poi ogni giorno l’estrazione dalle macerie e la sepoltura di nuove vittime e cadaveri putrefatti irriconoscibili.
Delle 198 vittime ufficiali, 9 dipendenti e 30 assistiti morirono nelle cantine della Cassa Malati dove, seguendo scrupolosamente le indicazioni delle autorità, si erano rifugiati.
Come ogni giorno, nell’edificio erano presenti persone provenienti dalle valli e dal circondario della città per effettuare visite mediche o sbrigare pratiche burocratiche.
«Intrappolati nei tragici sotterranei, forse un centinaio di persone andavano incontro a una morte terribile: dalle tubazioni dell’acqua, interrotte in più punti, sgorgavano potenti fiotti. Morivano annegate, o ferite o per la mancanza d’aria. I salvati furono pochissimi.»
Dei 14 dipendenti della Cassa Malati, solo 3 riuscirono miracolosamente a uscire vivi.
Con loro anche 2 medici.
«Quando, due giorni dopo, le squadre riuscirono a praticare dei passaggi nella montagna di macerie e a venire in contatto con le cantine, si trovarono al cospetto di una lunga teoria di cadaveri.
«Ma non furono recuperati tutti. Ancor oggi [1948 - NdA], nel corso degli attuali lavori di ripristino, gli operai si imbattono di tanto in tanto in qualche scheletro e in qualche indumento corroso dall’umidità.»
Il rinvenimento di nuovi corpi e il decesso di alcuni feriti accresce il numero delle vittime, ma a 6 giorni dall’incursione, la tenacia premia i soccorritori: una donna e 2 bambine di 5 e 7 anni sono estratte vive dalle macerie.
Per i familiari di quanti mancano all’appello si riaccende la speranza.
Da ottobre a fine dicembre sono estratti altri 18 corpi, alcuni dalle traverse in ferro del ponte di San Lorenzo.
L ultimo il 26 gennaio 1944, dalle macerie della Prepositura. È quello di un bambino di 10 anni, morto per inedia.
Era rimasto illeso, sepolto da una lastra di pietra che l’aveva protetto.
I soccorritori, seguendo l’eco dei suoi lamenti, a più riprese e in più punti l’avevano cercato, ingannati però dai cunicoli e dalle tubature che ne portavano la voce lontano da dove in realtà si trovava.
Nel frattempo, a Mori, anche le acque dell’Adige riconsegnano, a uno a uno, una cinquantina di corpi. Sono quelli di quanti transitavano sul ponte di San Lorenzo per cercare riparo nel rifugio sul Doss Trento.
Sono 1.600 gli edifici e le abitazioni danneggiate o rese inagibili, comprese quelle nelle aree adiacenti a quelle colpite dalle bombe.
Inizia lo sfollamento. Molte famiglie abbandonano la città per cercare rifugio altrove.
Si dirigono nei paesi limitrofi e nelle valli, ospiti di parenti e amici, molti dei quali, quel giorno, assistettero impotenti e attoniti al bombardamento aereo sulla città, vedendola scomparire, tra boati assordanti, sotto un fitto manto di polvere e fumo.
Gli echi delle bombe furono avvertiti fino in val di Non e a Campo Lomaso.
Nadia Mariz
(Continua)
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