Sabato 3 agosto, ultimo giorno di spettacoli a Drodesera

«In uno spazio spezzato da pesanti sipari si sente cantare ogni sera una voce diversa senza mai poterla vedere»

Ultimo giorno di spettacoli per la trentatreesima edizione di Drodesera, e ultima occasione per ammirare l’installazione site-specific Palco di Francesca Grilli, invitata quest’anno alla Biennale di Venezia per rappresentare l’Italia e le eccellenze trentine.
Centrale Fies le ha affidato per MEIN HERZ l’intera Galleria Trasformatori, cuore fisico dei suoi spazi, per una coinvolgente installazione-performance dedicata al tempo e alla sua ciclicità.
In uno spazio spezzato da pesanti sipari si sente cantare ogni sera una voce diversa – dalla più giovane alla più vecchia – senza mai poterla vedere (dalle 18.30 alle 24.00, performance alle19.00 e alle 20.00 – ingresso libero).
Ultima serata anche per Tank Talk di Codice Ivan, che prosegue il lavoro sulle relazioni della compagnia a partire dalla suggestione potente del giovane studente senza nome che interruppe la marcia dei carri armati di piazza Tienanmen (dalle 19.00 alle 24.00 in Sala Mezzelune).
 
Gli spettacoli iniziano alle 19.30 (replica ore 23.30) in Forgia con Something uncovered can’t be covered again di Michael Fliri, artista altoatesino che lavora sull’identità e sul travestimento, mettendosi in gioco ancora una volta in prima persona e moltiplicando se stesso mille volte proiettandosi in ambienti sempre diversi.
Seconda e ultima replica anche per il regista francese Philippe Quesne, che è tornato a Centrale Fies dopo il successo dello scorso anno con la prima rappresentazione italiana di Anamorphosis (Turbina 2, ore 20.30) e per una delle compagnie di Fies Factory, prodotta e promossa da Centrale Fies: pathosformel – al festival con la prima nazionale di T.E.R.R.Y. – è in Sala Comando alle 22.00.
La chiusura della trentatreesima edizione di Drodesera è affidata a PoP_X, tra le realtà più promettenti della scena musicale trentina.
Peterpan e i ragazzi perduti è una rilettura tragicomica di un’infanzia disturbata, di un’isola che non c’è se non all’interno di una fantasia allucinata, un vortice di nichilismo euforico, alla fine paradossalmente gioioso e vitale.