Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis
Per «Gli incontri del giovedì», il 26 ottobre a Mezzolombardo Marco Zulberti parlerà di moneta e credito in Trentino: «annunciato declino o nuovo futuro?»
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L’Associazione Castelli del Trentino anche quest’ anno ha in programma un ciclo di conferenze ricco di 12 appuntamenti che si terranno di giovedì alle 20.30 nella Sala Civica di Mezzolombardo, Corso del Popolo 17, i quali godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana-Koenisberg e del Comune di Mezzolombardo e della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina. Ricordiamo che sono riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.
Denominato «Gli incontri del giovedì», il ciclo di serate, organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, si aprirà con l’appuntamento del 26 ottobre e si protrarrà fino al 19 aprile 2018.
L’Associazione è nata nel 1988 per la volontà di alcuni appassionati di storia medievale che avevano già partecipato a progetti di ricerca archeologica sul territorio.
Anche in sinergia con diverse Amministrazioni Comunali trentine ha curato l’allestimento di mostre, organizzato incontri di studi, trekking culturali e visite guidate, oltre a pubblicare una ventina di monografie.
In particolare, da alcuni anni ha organizzato dei cicli di conferenze che hanno coinvolto numerosi specialisti.
Nel primo appuntamento fissato per giovedì prossimo si parlerà di moneta e credito con il giornalista e ricercatore Marco Zulberti, nell’incontro intitolato «Moneta e credito in Trentino. Annunciato declino o nuovo futuro?».
Due parole sul relatore prima di passare all’intervista. Analista, ricercatore e pubblicista, membro dell'AIAF, Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, Marco Zulberti lavora dal 1998 a Milano presso un primario gruppo bancario internazionale nel campo della ricerca finanziaria.
Laureato presso la Statale di Milano, ha tenuto numerose conferenze e seminari nelle principali istituzioni finanziarie e università italiane, è stato collaboratore del Sole24 Ore, del Corriere della Sera ed è editorialista de il Trentino.
Impegnato nella ricerca economica ha pubblicato nel 2006 Libertà e globalizzazione (U.C.T.), una lettura top-down dedicata alla piramide economica e sociale che sta demolendo la sfera delle bio-istituzioni più naturali come la comunità, il lavoro e la famiglia, fino all'uomo. Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
Alfonso Sigismondo.
Lei nell’incontro del 26 ottobre toccherà molti argomenti, ricostruendo il quadro storico della nostra terra. Può descriverci brevemente come è avvenuta la circolazione della moneta sia in epoca romana che medievale? Può anticiparci la funzione che aveva nel Medioevo la Zecca di Trento e Merano?
«La serata fa parte di un lungo percorso nato sulla scia della crisi economica e finanziaria del 2001 in cui si radica quella attuale in cui viviamo scoppiata nel 2008. Tra il 2002 e il 2006 rifacendomi a studi di economisti, sociologi e finanzieri pubblicai su UCT e poi raccolte in volume dalla Fondazione Caritro, una serie di analisi con una prospettiva top-down, dall’alto verso il basso, o meglio dal generale verso il particolare, in cui osservavo la crescente forza delle istituzioni pubbliche e private ad alto livello come organizzazioni internazionali, banche centrali, governi, accordi commerciali, e la crescente debolezza delle istituzioni più vicine all’uomo come la famiglia, la comunità, il lavoro, la formazione.
«Mentre in alto aumentavano redditi e sicurezze, in basso il vecchio mondo sociale e familiare scompariva, i rapporti di lavoro diventavano instabili, le famiglie erano sempre più piccole, i redditi sempre più bassi e precari, le comunità diventavano deserti silenziosi.
«Da questa sorta di distacco identificavo nelle istituzioni locali, come la regione e la provincia e i distretti il punto sul quale si sarebbero giocate le sfide economiche, sociali, culturali del futuro per affrontare i grandi problemi che la crescita economica globale e l’emigrazione avrebbero imposto.
Paolo Oss Mazzurana.
«Da quel momento decisi di applicare i modelli di analisi che utilizzavo nel mio lavoro professionale nel macro economico della finanza a quelli nostri micro locali della nostra regione Trentino Alto Adige.
«Ma per fare questo avevo necessità dei dati comunità per comunità, e settore per settore sull’occupazione, sul fatturato, sulla spesa pubblica, sulla bilancia dei pagamenti, sull’import ed export, sui flussi monetari e finanziari, identificando così i punti forti e i punti deboli della nostra economia locale.
«Non è stata una impresa facile ma grazie alla fiducia di Patrizia Ballardini, Presidente dalla Comunità delle Giudicarie, e all’aiuto dell’Agenzia del Lavoro, e degli uffici statistici della provincia di Trento e di Bolzano, purtroppo non più uniformi, sono riuscito a ricostruire gli andamenti storici dell’occupazione e dei fatturati della nostra economia, risultati che sono stati in questi anni via via presentati a partire dal 2012, in vari ambiti pubblici.
«Ma allo scenario attualizzato che ne risultava mancava la storia che ci potesse spiegare la forte crescita economica registrata dalla nostra regione nell’ultimo secolo. Da quanto il Trentino Alto Adige terra di emigrazione fino ai primi del Novecento era diventata una terra ricca che addirittura attirava nuova occupazione?
«Era fondamentale capire quando si è innescato questo processo di crescita e che cosa lo aveva innescato, in poche parole, in quale periodo la popolazione del Trentino Alto Adige ha cominciato ad avere più reddito e risorse? Era un effetto solo dell’Autonomia o la crescita si radicava in quale avvenimento avvenuto nel primo ottocento quando sorsero le prime casse di Risparmio a Vienna nel 1819, a Innsbruck nel 1922 e a Rovereto nel 1841?
«A questo interrogativo cerca di rispondere la serata in cui si ricostruisce la storia del credito a partire dalla primissima circolazione monetaria, ai prestatori professionisti del medioevo, alla condanna dell’usura, alla attività importantissima della Zecca di Trento e Merano tra il 1100 e il 1500, alla fondazione del Monte di Pietà di Trento.
«Battere moneta voleva dire produrre ricchezza da introdurre nel ciclo economico locale e la Zecca di Trento funzionò da collegamento con quella importantissima di Verona e Venezia con quella di Merano che poi trasferì le sue regole a quella di Innsbruck e poi a quella imperiale di Vienna. Il legame tra l’attività della Zecca e l’attività mineraria era inoltre fondamentale e la miniera di argento al Monte Calisio di Trento o quella di oro a Tassullo avevano questa funzione. La ricchezza nel medioevo era quindi legata e dipendente in maniera diretta all’attività mineraria e la presenza.»
La crescente influenza tirolese ha portato un miglioramento alla situazione precedente e una maggiore capillarità del credito sul territorio?
«È una delle sorprese che ci riserva questa ricerca storica. Contrariamente a quello che si pensa l’influenza tirolese sulle diocesi di Bressanone e Trento, soprattutto a partire dal periodo di Mainardo non appare aver favorito l’economia montana della nostra regione per una sorta d’incapacità, molto simile a quella attuale, di comprendere come l’economia di montagna sia naturalmente sfavorita non solo rispetto a quella della pianura ma anche a quella delle Grandi Vallate come quella dell’Adige.
«Mainardo blocca la fornitura di argento alla Zecca di Trento e addirittura cerca di spostare il sistema delle fiere e dei mercati da Trento a Bolzano. Mentre Venezia comprendeva la debolezza dell’economia di montagna e concedeva ulteriori autonomie alle vallate più svantaggiate come in Val del Chiese che viene esentata o nella Magnifica Comunità di Fiemme, a partire dal 1511 l’imposizione fiscale tirolese e l’introduzione di una moneta forte come il tallero, produce via via una crisi crescente economica che sfocia addirittura nell’occupazione militare delle guardie di finanza austriache di Trento nel 1632 fino alla distruzione del Dazio di Tempesta 1767 ad opera dei contadini delle Giudicarie esasperati dalle tasse.
«Una situazione analoga la ritroviamo nel 1870 quando l’autorità austriaca fonda il primo Consiglio Provinciale di Trento per l’Agricoltura finalizzato a contrastare la fondazione dei Consorzi Agrari privati d’impostazione padana per sostenere gli agricoltori e gli allevatori.
«Se da una parte la cultura tedesca è forte nella contabilità monetaria e fiscale e avvia la riforma del credito con le Casse di Risparmio, dall’altra investe soprattutto nei fondovalle come Bolzano, Bressanone, Merano mente fatica a comprendere i costi dell’economia nelle valli periferiche che in Trentino sono particolarmente numerose e remote. Madonna di Campiglio comunque nasce per l’iniziativa di imprenditori tedeschi appoggiati dalla stessa casa imperiale di Vienna».
La globalizzazione ha portato con sé anche una profonda revisione del modello di banca che si era sviluppato in Italia nel secondo dopoguerra. Molte banche locali sono state acquistate da gruppi nazionali che successivamente hanno provveduto alla graduale chiusura di molti sportelli, ipotizzando un bisogno all’utilizzo della banca online e della moneta elettronica che non era propriamente nelle necessità della clientela. Tale evoluzione pensa possa avere impatto anche sul credito? E in che modo?
«Uno dei temi che mi ha condotto a studiare la storia del credito nella nostra regione è proprio questa sorta di profonda ristrutturazione che sta subendo il sistema creditizio sia internazionale che locale sulla scia della rivoluzione tecnologica che ha ridotto lo sportello bancario ad un sito on-line e il denaro contante a valori numerici che si spostano sul video dal nostro conto a quello di un altro in cambio di merci o beni. Che impatto avranno queste due rivoluzioni che si possono identificare nella scomparsa dello sportello bancario e scomparsa del denaro contante?
«Sono domande cruciali a cui si potrà rispondere solo nel lungo termine perché avranno un impatto non solo economico ma anche sociologico sui comportamenti sia individuali che di massa. La nostra storia economica montana per quasi 20 secoli è stata soprattutto una economica di sussistenza senza banche e con una circolazione del denaro ridotta a poche transazioni durante l’anno. Molti affitti fino all’ottocento si pagavano ancora con merci e non con denaro. Ma era anche una economia poverissima. A questi interrogativi cerchiamo appunto di rispondere con la nostra serata.»
Anche le Casse Rurali stanno raggruppandosi al fine di migliorare l’efficienza e la struttura patrimoniale e con tale processo si sta assistendo alla riduzione degli sportelli. Le stesse dovrebbero comunque mantenere una forte presenza sul territorio. Ritiene che il sistema del credito cooperativo sarà in grado di trarre beneficio dagli spazi lasciati liberi dalle banche nazionali?
«Nel settembre del 2005 su le Monde Diplomatique a Parigi è comparso un articolo inquietante dal titolo Le desert bancarie in cui si analizzava la situazione americana dove la scomparsa degli sportelli bancari ha praticamente lasciato intere aree periferiche e metropolitane senza sportelli bancari dove abitano anche 100.000 persone. Immaginiamo se oggi in Trentino ci fossero solo cinque sportelli bancari, come nella seconda metà dell’Ottocento.
«Quale impatto ha sulla vita delle persone? Chi farà credito a un piccolo artigiano volenteroso, ad un piccolo negozio commerciale, all’avviamento di una piccola attività economica l senza reddito e garanzie? In queste aree senza sportelli, racconta l’articolo, sta tornando il preoccupante fenomeno dell’usura, perché l’utilizzo di procedure on line non sono di facile accessibilità alle persone con bassa scolarizzazione, mentre anche i giovani talentuosi non hanno sufficienti garanzie per poter ottenere un prestito o un finanziamento.
«Di fronte a questo modello la penetrazione in Trentino di sportelli è all’opposto troppo abbondante e rende gli attuali servizi finanziari più onerosi di quello che potrebbero essere. La recente fase di ristrutturazione sia delle banche nazionali che di quelle locali (anch’esse confluite in un gruppo bancario) dovrebbe alla fine migliorare il servizio ai trentini. Ma il problema non è tanto il servizio allo sportello ma appunto quello di fornire credito a chi lo merita e finanziare investimenti sul territorio.
«In questo senso il modello di banca nazionale ad azionariato diffuso verso sui si è andati in questi anni se da una parte aumenterà sicuramente la redditività riducendo la struttura apicale e manageriale dall’altra rischia di perdere il contatto con il territorio rispetto al modello tedesco e svizzero della Landsbank o banca cantonale partecipata al 30% dalle istituzioni locali che invece si occupa dei finanziamenti del territorio compresi i lavori pubblici, collaborando nello stesso momento al deficit pubblico».
Le banche stanno cercando di ridurre sempre più l’utilizzo del contante e della «banca fisica», pensa che ciò possa costituire un rischio di fronte all’emergere delle cripto-valute? Inoltre, quale impatto potrebbero le stesse portare alla circolazione monetaria e al credito anche a livello locale?
«Ridurre il contante, o meglio il circolante, è un evento straordinario su cui si sono accesi ampi dibattiti in tutto il mondo. Modì, presidente dell’India, ha inviato a tutta la popolazione compresi i più poveri una carta di credito dove il governo versa direttamente le somme per comprare sementi e strumenti agricoli. Questo permette che le somme stanziate dal governo e destinate alla agricoltura arrivino direttamente ai contadini, saltando a piè pari la corruzione dei funzionari che erano incaricati di distribuirli.
«Così oggi in India si può vedere un vecchio con le mutande e il turbante andare a infilare la carta di credito nel bancomat per prelevare i soldi. Secondo alcuni esperti la scomparsa di denaro contante combatterà soprattutto la delinquenza. E questo è sicuramente vero. Il contante per molti secoli non è mai esistito.
«I paesi trentini distrutti dopo la Grande Guerra sono stati costruiti dalla popolazione senza denaro, solo aiutandosi l’uno con l’altro. A questo punto però l’imposizione fiscale complessiva e i costi dello stato dovranno forzatamente dimezzarsi. Senza contante infatti sarà spazzata via tutta quell’economia semi sommersa che è l’humus di ogni economia. La crisi attuale infatti è proprio quella di aver voluto tassare anche l’ultima mezz’ora di lavoro, anche la più ridotta prestazione d’opera.
«L’azzeramento del contante circolante e la tracciabilità di ogni operazione consegneranno un enorme potere ai controllori non solo fiscali, ma anche politici. Ogni nostra azione sarà possibile di controllo come comprare un certo autore, un certo disco, andare in certo locale invece che un altro, in certa città invece che un’altra, in un certo museo invece che un altro.
«La società rischierà l’immobilismo più assoluto. Ecco perché se da una parte è vero che il denaro elettronico è effettivamente un deterrente per le azioni malavitose, dall’altra permette la vitalità di quel sostrato economico di base sotto il quale è necessario porre un limite vitale.
«Le criptovalute sono invece una sorta di deposito di Paperon de Paperoni, una sorta di ammasso, più che di catena, di sant’Antonio, dove vengono continuamente versate e tolte delle somme il cui valore è dato dall’ammontare complessivo di tutta quella massa monetaria. Al di là della presunta redditività che queste valute restituiscono a chi le ha versate, queste stanno diventando la nuova frontiera per la delinquenza comune. Per questo, come altri effetti di Internet ad esempio nelle reti commerciali, spero che intervengano i regolatori a porre limiti e divieti, prima che sia troppo tardi.
«Il grosso pericolo è infatti l’illusione che il virtuale applicato al mondo del credito, della raccolta e della finanza possa provocare una sorta di distrazione di massa dalla realtà dell’economia produttiva e reale.
«Per questo motivo nella serata ricorriamo alla storia dove spesso si trovano quelle soluzioni, quei limiti, quelle norme del passato da applicare ai mercati averne anche nel futuro.»
Daniela Larentis - [email protected]