Ivanna Rosi, «La versione di Candida» – Di Daniela Larentis
Presentato lo scorso mese a Trento alla libreria Mondadori dalla giornalista Luciana Grillo – L’intervista all’autrice
Luciana Grillo e Ivanna Rosi.
Lo scorso novembre, alla libreria Mondadori di Trento è stato presentato il libro di Ivanna Rosi dal titolo «La versione di Candida».
Moderatrice dell’incontro la giornalista Luciana Grillo, titolare per questa testata della seguitissima rubrica «Letteratura di genere», la quale ha sottolineato al folto pubblico presente in sala alcuni aspetti molto interessanti della narrazione (la recensione del volume è visualizzabile a questo link).
Si tratta di una storia autobiografica, quella di un lungo matrimonio d’amore attraversato da crisi e riconciliazioni, dove il silenzio gioca un ruolo determinante.
Il ritrovamento casuale di una lettera in un cassetto dà il via a una vicenda privata, i cui protagonisti rivelano il loro volto umano, mettendo in luce punti di forza e debolezze dello stare insieme.
Il libro ha anche un grande merito, quello di invitare a una profonda riflessione sul significato che si attribuisce al perdono, evidenziando anche altri aspetti del rapporto di coppia, primo fra tutti l’importanza di tenere viva la comunicazione.
Non solo nei legami sentimentali ma anche nelle relazioni amicali può capitare di allontanarsi, succede il più delle volte per non essersi chiariti abbastanza, per non esser riusciti a capirsi o magari per aver rinunciato a chiedere spiegazioni; alle volte basterebbe davvero poco per colmare una distanza anche profonda, basterebbe solo riuscire ad aprirsi donando semplicemente se stessi.
Abbiamo avuto il piacere di porgerle alcune domande.
Il libro è autobiografico, quando nasce l’esigenza di raccontare la sua esperienza?
«Dopo la morte di mio marito e la scoperta di una lettera ad un amico che sembra rivelare un suo mondo rimasto per me segreto. La sorpresa e il dolore sono stati tali da esigere una ricostruzione attenta del nostro passato comune.»
Quale cambiamento emotivo avviene in lei in seguito a quel ritrovamento?
«Al dolore del lutto che lascia intatte, anzi solidifica, le strutture del passato comune, si sostituisce lo sconvolgimento di quelle certezze, un vero terremoto interiore. L’uomo che tanto spazio ha occupato dentro di me diventa uno sconosciuto. È un terribile trauma.»
Lei scrive in un passo del libro che ciò che rimpiange di più è l’assenza di consapevolezza. È sempre preferibile, a suo avviso, sapere la verità in una relazione anche se il prezzo da pagare talvolta è molto alto?
«Sì, credo che la consapevolezza sia un valore da preferire all’autoinganno e alla cecità, anche se non so dire cosa sarebbe successo del mio matrimonio se avessi posseduto maggiore lucidità e penetrazione.»
Che peso assume il silenzio in questo matrimonio durato 50 anni?
«Un grande peso perché ha determinato l’infelicità dei nostri primi quindici anni e ha costituito una sorta di cappa pesante per la famiglia, per i figli che hanno respirato questa pesantezza nella loro infanzia.»
Qual è il ruolo delle persone che ruotano attorno alla coppia?
«Molti giovani amici, studenti o compagni di lotta di Vincenzo, attirati dal suo carisma, hanno lasciato in ombra me e i figli, pur con affetto per noi.
«Hanno costituito l’ambiente esterno che Vincenzo ha spesso preferito alla famiglia. In questo quadro, entra anche la studentessa che determinò la crisi e la separazione che divise in due tronconi la nostra vita coniugale.»
Che valore attribuisce al perdono?
«Un valore grande e positivo, se accompagnato da reali chiarimenti. Altrimenti può essere un trabocchetto, come in parte è stato per me. Credo di aver perdonato con troppa indulgenza e senza esigere una apertura rigorosa da parte di mio marito.»
Non esiste un unico modo d’amare. Leggendo il libro si intuisce la profondità dell’amore che la legava a suo marito. Cosa rende una storia d’amore degna di essere vissuta?
«La realtà e la profondità del sentimento reciproco. Essere pieni l’uno dell’altro. Credo che questo elemento essenziale ci sia stato nel fondo del nostro rapporto, da parte di ambedue, nonostante i silenzi e le chiusure da un lato, e la mancanza di penetrazione dall’altro.
«Per questo credo che il mio libro esprima in sostanza il rimpianto di non esserci amati come avremmo potuto e desiderato entrambi.»
Progetti editoriali futuri?
«Sto scrivendo un libro centrato sui miei genitori, Umberto e Aida, utilizzando scritti di mio padre, racconti e confessioni che mi sembrano molto belli. Sono vissuti insieme per cinquantasei anni e hanno attraversato momenti drammatici, prima di giungere al benessere piccolo borghese”»
Daniela Larentis – [email protected]