Il Trentino e la Solidarietà internazionale – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con Lia Giovanazzi Beltrami, la donna della solidarietà trentina
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Lia Giovanazzi Beltrami è regista e scrittrice di Trento ed è stata assessore alla solidarietà internazionale e alla convivenza della Provincia Autonoma di Trento nella precedente legislatura, con Dellai Presidente.
Studia lingue e nel 1991 consegue il diploma di Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università di Trento. Nel 1993 consegue il diploma di regia alla New York Film Academy, presso il Tribeca Film Center di Robert De Niro e Jane Rosenthal.
Tra le sue numerosissime esperienze professionali ricordiamo: dal 1994 al 1999 collabora con la Provincia e il Comune di Trento nel settore dei rapporti internazionali. Dal 1993 al 2001, nel contesto di una collaborazione con la Provincia Cappuccina in Etiopia e Eritrea, compie 12 viaggi in Africa contribuendo alla costruzione di pozzi e Istituti scolastici.
Dal 1993 al 2001 per due edizioni consecutive viene eletta nel consiglio direttivo della IAMHIST (The International Association for Media and History), l’organizzazione con sede a Londra dedicata a promuovere le relazioni tra media e storia.
Dal 1991 al 2001 fa parte del consiglio direttivo del Film Festival della Montagna della città di Trento (oggi Trento Film Festival) come rappresentante del Comune di Trento. Dal 1990 al 1996 collabora con il Museo Storico in Trento per la progettazione e l’avviamento dell’archivio di cinema e storia, finalizzato all’acquisizione e alla conservazione di documentazione audiovisiva a soggetto storico e alla promozione di iniziative per lo studio dei temi relativi al rapporto tra film e ricerca storica.
Nel 1994 è cofondatrice di Lalibela Film (poi Celeste Films srl), società di organizzazione di eventi artistici e di produzione prodotti cinematografici, audiovisivi e musicali. Ha collaborato con i quotidiani Trentino e l’Adige per la redazione di articoli di riflessione culturale e sociale. Nel 2003 partecipa all’allestimento di un percorso museale archeologico presso il Museo dei Reti di Sanzeno (Tn).
Nel 2001 partecipa all’allestimento di un percorso museale archeologico sulla città sotterranea di Trento presso l’Area Archeologica del SASS. Dal 1995 al 1999 in collegamento con il circuito internazionale di gare di arrampicata sportiva, contribuisce al percorso che nel 1999 porta la Coppa del Mondo di Arrampicata a Madonna di Campiglio.
Nel 2006 ha pubblicato presso le edizioni Ancora il suo primo libro «A ritroso verso la luce, cinema e vita sulla rotta dei magi».
Tra le sue produzioni video e cinematografiche ricordiamo: Lùsern (Italia 2006), testo e regia di Lia G. Beltrami, riprese di Denis Morosin e Alberto Feltrami; Il dito di Dio e il potere di Satana (Italia 2005), regia di Lia G. Beltrami, riprese di Denis Morosin e Alberto Beltrami; Adamà. Danzando nella luce (Italia/ Eritrea 2004) regia di Lia G. Beltrami e Alberto Beltrami, riprese di Denis Morosin, musiche originali: Anthony Gazzella.
Nel 2008 è stata chiamata a far parte della Giunta provinciale della XIV Legislatura (2008 -2013). È stato per lei il momento più edificante della sua vita, dove è riuscita a riorganizzare il mondo della solidarietà sociale in Trentino, creando l’immagine di una Provincia autonoma di Trento vocata alla solidarietà internazionale.
Purtroppo è stata proprio questa sua bellissima esperienza a isolarla dal mondo della politica trentina, come se avesse sperperato fondi della Provincia in iniziative benefiche extracomunitarie che, secondo l’opinione pubblica trentina, la nostra gente non vivrebbe come necessarie.
Nella campagna elettorale del 2013, tutte le forze politiche hanno cavalcato l’argomento del denaro che Lia Beltrami avrebbe ingiustamente elargito ai bisognosi del terzo mondo, ignorando (o fingendo di ignorare) che a imporre la destinazione dello 0,25% del Bilancio provinciale alla solidarietà internazionale ci fosse una legge vera e propria.
Proprio nel corso della XIV legislatura, le opposizioni avevano posto in discussione questa legge, ma senza trovare i numeri in Consiglio Provinciale per abrogarla. Eppure, in campagna tutti predicavano che non eleggendo Lia Giovanazzi Beltrami il denaro sarebbe rimasto in Trentino.
Ovviamente non è stata eletta, anche se il suo risultato politico è andato ben oltre alle aspettative dei suoi detrattori, ma purtroppo alla fine si è trovata bruciata nel suo Trentino. Insomma, mentre per gli Ex si trovano sempre delle poltrone, per Lia Beltrami c’è stato l’ostracismo.
Noi, che per principio siamo dalla parte di chi subisce torti, ci siamo avvicinati a lei man mano che veniva allontanata e siamo diventati buoni amici.
L’abbiamo intervistata per sapere che fine a ha fatto.
Dottoressa Beltrami, ora che le acque sono calme, ci può dire che senso ha la solidarietà internazionale per una piccola realtà come quella trentina?
«La solidarietà è il cuore di una comunità, è quel motore che fa andare avanti. La solidarietà è rendere l’altro protagonista di scambio e fa sì che nessuno si senta solo. La solidarietà ha un valore molto alto per la qualità della vita, sia per chi la fa che per chi la riceve.
«Quando la solidarietà è internazionale, apre gli orizzonti e per una comunità piccola come quella trentina, è linfa vitale. Guardare al mondo, farsi carico di piccole realtà che attraverso il tuo aiuto possono farcela, fa crescere. Ma guardare all’altro mette anche in dialogo con il mondo. Il Trentino ha bisogno come l’ossigeno di mettersi in rapporto con il mondo.
«Il Trentino ha una tradizione importante in questo settore. È una delle regioni con il più alto numero di missionari in ogni angolo del mondo, con le sue 240 associazioni si pone ai primi posti.
«E questo dà un importantissimo credito internazionale. Ambasciatori e ministri di paesi importanti guardano al Trentino per la sua capacità di mettersi in relazione.»
Quante sono le associazioni trentine che operano nella solidarietà internazionale?
«Circa 280, distribuite su tutto il territorio. Normalmente si tratta di piccole associazioni che da anni portano avanti relazioni e progetti con i loro partner del sud del mondo. Qualcuna è un po’ più grande e strutturata.
«Per evitare l’eccessiva frammentazione, nel corso della legislatura abbiamo costituito tavoli di confronto, sia tematici (salute, ambiente…), sia geografici (Etiopia, Brasile, Tanzania…).
«Ogni associazione ha la propria identità e ciò è un valore da coltivare. Noi abbiamo favorito dialogo, confronto e collaborazione.»
Ci può raccontare come ha riorganizzato l’intero settore delle associazioni benefiche operanti nel Trentino quand’era assessore alla Solidarietà internazionale?
«Più che riorganizzato ho cercato di valorizzare l’immenso patrimonio di passione e competenza che il Trentino possiede in questo ambito. Soprattutto attraverso la proposta di eventi, azioni, progetti, ho cercato di far sì che le migliaia di volontari attivi si sentissero riconosciuti e sostenuti dal Governo provinciale.
«Ho cercato di mettere la Solidarietà internazionale al centro delle politiche della Provincia. Nel mio quinquennio ho cercato di lavorare parallelamente su due fronti. Da un lato progetti per combattere la povertà e la mancanza dei diritti fondamentali, dall’altra una forte azione di informazione e sensibilizzazione sulle nostre comunità.
«Sono ancora assolutamente convinta che al Trentino convenga essere in rete col mondo. Per non perdere l’anima, per essere aperto, per poter sperare nel futuro.»
Come venivano attribuiti i fondi ai vari progetti? Chi decideva?
«Bisogna distinguere tra le due tipologie. Da una parte i contributi alle associazioni trentine, dall’altra le cosiddette iniziative dirette della Provincia. I primi sono regolati da criteri chiari e trasparenti, stabiliti dalla Giunta. L’approvazione dei progetti e la concessione dei contributi sono stabiliti dai tecnici del Servizio provinciale competente. Io non vi ho mai messo il naso, né avrei voluto (e/o potuto) farlo.
«I secondi riguardano iniziative di particolare interesse per l’amministrazione. Anche queste realizzate in grandissima parte tramite associazioni trentine. Ovviamente in questo caso la discrezionalità dell’amministrazione è maggiore, anche se riguarda prevalentemente la scelta dell’ambito su cui intervenire; alla valutazione dei progetti, come sopra, provvede il Servizio provinciale.
«Viste le molte polemiche, spesso superficiali e demagogiche, che hanno toccato questo aspetto, vorrei sottolineare che durante la mia legislatura i fondi destinati ai contributi per le associazioni, sono passati dal 50 al 70 per cento del totale.
«Sempre su mia iniziativa, per la prima volta, anche le iniziative dirette sono state regolamentate con criteri chiari e trasparenti, prevedendo addirittura due pronunciamenti della giunta per ogni progetto, uno per la programmazione e un secondo per l’approvazione.»
Ci può fare qualche esempio di grandi risultati ottenuti con poco?
«È difficile scegliere tra le tante iniziative di successo. Se proprio devo citarne uno penso al caseificio di Mar Musa (tanto criticato). Possiamo dire oggi, molto tristemente visto come è poi precipitata la situazione, che avevamo visto lontano. Con pochi euro siamo riusciti a favorire il dialogo interreligioso e lo sviluppo economico di un’area tra le più depresse della Siria.Ciò che è successo poi la dice lunga su quanto poco sia stato fatto, proprio a questi due livelli, per impedire la tragedia.
«Con un po’ di orgoglio posso dire che noi la nostra parte l’abbiamo fatta. Senza citare altri esempi specifici voglio però almeno ricordare le centinaia di migliaia di bambine e bambini, che grazie ai nostri progetti, oggi possono studiare, alle donne che si sono costruite un lavoro dignitoso con cui curare e far studiare i loro figli, alle comunità che hanno ripreso in mano il loro futuro. Sono loro i veri protagonisti della solidarietà internazionale trentina, noi abbiamo semplicemente offerto loro un piccolo sostegno.»
È vero – per fare un esempio – che i Trentini sono considerati una risorsa dalle popolazioni del Terzo mondo?
«I Trentini hanno una caratteristica: sono affidabili. Quanto promettono mantengono. Quando arrivano rimangono.
«Nei 5 anni di legislatura ho avuto la fortuna ed il privilegio di incontrare centinaia e centinaia di volontari, perlopiù silenziosi, più avvezzi al fare che al dire.
«Ho avuto la riprova che i Trentini impegnati nella solidarietà internazionale non solo incarnano le caratteristiche descritte ma addirittura le moltiplicano.»
Ha mai fatto proseliti religiosi nella sua attività, o non ha mai guardato da quale parte guardassero Dio i beneficiari?
«Proprio perché sono una donna di fede, non ho mai voluto confondere l’esperienza religiosa con il proselitismo. I protagonisti dei progetti della SI appartengono alle più svariate fedi religiose e in qualche caso sono persone lontane da ogni credo.
«I parametri a cui si è sempre riferita la nostra azione sono i diritti umani, non le appartenenze, di alcun genere.»
I suoi detrattori si sono spesso lamentati che lei si comportava come un missionario cattolico invece di essere un assessore laico. Può commentare?
«Si tratta di un giudizio generico e superficiale. Ripeto, non ho mai rinnegato né i valori che mi ispirano, né tanto meno il Dio in cui credo. Ritengo di aver sempre comunque mantenuto un atteggiamento laico, distinguendo l’ambito politico e amministrativo, da quello personale e religioso.
«Questo non significa non riconoscere che i nostro missionari, sparsi per il mondo, sono i nostri migliori partner, i nostri ambasciatori.
«Sarebbe sciocco, da parte di chiunque, credente o non credente che sia, non valorizzare questa enorme risorsa di relazioni, conoscenze e competenze che abbiamo a disposizione, tanto più a titolo gratuito.»
Ha sempre controllato se i fondi venivano amministrati esattamente come era stato stabilito?
«Il controllo tecnico, contabile e amministrativo, è sempre stato svolto, con competenza, dal Servizio provinciale. Io ho avuto la fortuna di poter incontrare, a Trento o nei vari Pesi dove mi sono recata, decine e decine di responsabili dei progetti. Allo stesso modo ho avuto l’opportunità di visionare dal vivo oltre un centinaio di progetti.
«Devo dire che la stragrande maggioranza di essi funzionano perfettamente, con soddisfazione da parte di tutti. Certo qualche problema può capitare. Si sa, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Noi in questi anni abbiamo aiutato la foresta a crescere.
«Lei ha organizzato l’ospitalità dei primi profughi inviati in Trentino dallo Stato. Ci può dire come aveva agito?
«Abbiamo puntato sulla creazione di piccoli nuclei che potessero trovare un inserimento nei diversi paesi del Trentino. La concentrazione di centinaia di persone disperate, provoca grossi disagi.
«Poi abbiamo coinvolto molto il volontariato, specie quello degli immigrati, che si sono fatti carico dei singoli casi. Questo ci ha permesso di quasi dimezzare il costo giornaliero dei profughi, di fornire servizi molto più precisi e di offrire delle reali possibilità di inserimento.»
Alcuni partiti sono apertamente contrari a dare ospitalità a questa gente, dicendo che «prima vengono i Trentini». Ma il Trentino spende soldi per loro?
«Non ho i dati dell’ultimo anno e mezzo. Fino a quando ero in carica, il Trentino anticipava e lo Stato, per diritto internazionale, rimborsava le spese. Lo squilibrio tra nord e sud del mondo, la devastazione coloniale e la corruzione di alcuni governi locali, creano delle condizioni per cui la gente è costretta a sfuggire.
«E noi c’entriamo con queste situazioni. Ricordiamo sempre che l’Italia è il maggior esportatore al mondo di armi leggere. Pensiamo solo ai costi di sminamento in Mozambico… E le mine erano spesso italiane. È un gatto che si mangia la coda.
«Se non affrontiamo i problemi alla radice con serie politiche estere e con un impegno molto maggiore nella solidarietà internazionale, la situazione sfuggirà da ogni controllo e non servirà più dire prima i trentini. Prima di che?
«Innsbruck impiega un budget 10 volte superiore al nostro per i profughi. La Germania ne ha 10 volte più dell’Italia…»
Dottoressa Beltrami, cosa fa adesso esattamente?
«Faccio il mio mestiere di regista e manager di un’impresa, Aurora Vision, che si dedica a dare voce a chi non ha voce e diffondere messaggi di speranza.»
È lo stesso lavoro che faceva prima di entrare in politica?
«Ho iniziato nel 1991 con le prime produzioni di documentari e da lì, tolti i 5 anni di politica, non ho mai smesso. L’anno prossimo festeggerò i 25 anni di carriera…»
Sappiamo che ultimamente ha fatto un lavoro importante per la Santa Sede. Ce ne può parlare?
«L’anno scorso il Pontificio Consiglio Cor Unum mi ha affidato l’ideazione la direzione artistica e la regia degli allestimenti foto e film del Padiglione della Santa sede a Expo Milano 2015. Un lavoro importantissimo.
«Abbiamo realizzato una grande mostra fotografica, un’onda di 177 scatti dal titolo I VOLTI DELLA FAME, FERITE DEL CUORE FERITE DEL PIANETA, con la collaborazione di fotografi trentini come Guido de Mozzi, Giorgia Plinio, e Marco Pontoni.
«E tre film d’autore in Iraq, Ecuador e Burkina Faso con il montaggio di Simona Paggi, montatrice de La Vita è bella, e la fotografia di Ferran Rubio Paredes, dop di Zoran.
«Già dai primi giorni di Expo, abbiamo dei feed back estremamente positivi.»
Dottoressa, cosa le manca di più dell’assessorato alla Solidarietà internazionale?
«La collaborazione di persone straordinarie che in ufficio ogni giorni portano avanti gli ideali in cui crediamo.»
Cosa le manca di meno?
«Il rapporto con certa stampa. L’ansia di vedere pubblicate bugie su bugie ogni giorno. E l’avere ricuperato la mia vita personale, che avevo completamente perso lavorando una media di 14\15 ore al giorno.»
Può lasciarci una battuta sulla necessità di aiutare il prossimo che sta peggio di noi?
«Aiutare e condividere fa bene prima di tutto a noi stessi. Ci allarga gli orizzonti, ci risana dalle ferite più profonde. Ci permettere di correre e volare per orizzonti infiniti, a testa alta.»
Nadia Clementi - [email protected]
dott.ssa Lia Beltrami - [email protected]