Matteo Boato a Lugano con le sue «Case danzanti»

La mostra, ospitata dalla prestigiosa galleria «Il Raggio» presso la Cornice, verrà inaugurata il 7 maggio e durerà fino al 7 giugno 2014

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La mostra intitolata «Le case danzanti» di Matteo Boato, ospitata nella galleria Il Raggio, uno spazio espositivo di grande interesse nella città di Lugano, verrà inaugurata il 7 maggio e durerà fino al 7 giugno 2014.
Sarà proprio Boato a introdurre musicalmente l’evento che avrà inizio alle ore 18.00.
Pittore affermato (dal 2001 numerose le mostre al suo attivo, sia in Italia che in Europa e perfino in Giappone; qui in Trentino fra le varie esperienze artistiche ha partecipato a conferenze artistico/scientifiche presso il MUSE dove sono esposti alcuni suoi lavori; svolto attività didattiche al MART, è stato peraltro presente nel 2011 anche alla Biennale di Venezia), Matteo Boato è anche musicista per passione (laureato in Ingegneria civile è inoltre diplomato in chitarra classica e ha vissuto prima di trasferirsi a Trento nelle città di Bruxelles, Londra e Barcellona).
 

 
Dopo il successo della recente mostra svoltasi in febbraio 2014 a Losanna, che è stata molto apprezzata da un folto pubblico svizzero, ora l’artista trentino presenta a breve nuovamente in terra svizzera una quarantina di opere sue, tutti oli su tela, dipinte appositamente per l'evento e adatte per dimensione all’ampiezza dell’ambiente che le accoglie, la galleria Il Raggio a Lugano, uno spazio espositivo contenuto ma fulcro di ottime proposte espositive nella città ticinese.
I lavori presentati sono dedicati a diverse città italiane e in particolare a Lugano, città che il pittore ha già conosciuto, avendo esposto l’anno scorso alcuni lavori, in occasione di tre collettive nella galleria Reverberi Arte.
 
Parlando della piazza, come lui la definisce «il cuore visibile della città», essa rappresenta per lui un tema centrale che racchiude più significati: è innanzitutto un luogo di transito, detto con le sue stesse parole «dove chiunque passi lascia un frammento di vita, uno sguardo, un pensiero, un istante, un’emozione».
La ama definire anche «un contenitore di umani umori» e ancora «il luogo dove la città si incontra». Esiste in ogni città questo punto di scambio, dove transitano le persone e le loro storie.
Le piazze di Matteo Boato, lavori tra disegno e pittura, «attraverso l’uso di grafite e colore a olio materico e tridimensionale, indagano l’umano vivere e la necessità di comunicazione, attenzione verso gli uomini e verso gli altri esseri viventi». Così ama definirle. Per lui «la piazza simboleggia il mondo fisico, reale, la terra dove siamo ed esistiamo. Le persone sono l’umanità tutta».
Secondo lui la presenza delle ombre suggerisce un incontro tra sogno e realtà, come se ci si trovasse in una terra di mezzo non ben collocabile. Il suo dipingere, come lui stesso lo definisce, «vuole sovrapporre tempo passato e presente, il fluire inevitabile della vita e della morte, il succedersi di generazioni che una sull’altra e, nello spazio pittorico, una accanto all’altra, dialogano», sottolineando che «alcune macchie di colore, frammenti, alludono a particolari e unici momenti di intuizione vitale, ma raccontano anche un rapporto d’amore, una attenzione speciale, una ragione di vita o un momento di “verità”, un’idea universale ed esterna che sopravvive nel tempo».
 
Un artista, Matteo Boato, che così descrive il suo lavoro, la sua grande passione per la pittura: «Vivo il dipingere come fosse un diario, un continuo raccontare la mia vita. Dipingo prevalentemente su tela o legno e ultimamente su ceramica, quello che amo, come un’autobiografia. Per rincorrere sogni, per dare vita alle persone o agli ambienti che desidero toccare, con i quali voglio interagire. Una semplice e primaria necessità di espressione; un’esigenza di raccontarsi e di raccontare. La serie sui centri storici e sui paesaggi rurali presenta un’altra caratteristica: la presenza-assenza dell’uomo nelle varie tele; in parte dovuta al fatto che le umane storie sono espresse esclusivamente attraverso il colore; in parte dovuta alla speranza che nel futuro l’uomo si meriti davvero uno spazio sulla terra e si crei un mondo più felice, operoso, pulito, rispettoso e colorato».
 
D. L.