Storie di donne, letteratura di genere/ 46 – Di Luciana Grillo

Angela Scarparo, «Disturbando famiglie felici» – Il titolo trae in inganno, ma a lettura ultimata ci si rende conto che «famiglie felici» non ce ne sono!

Titolo: Disturbando famiglie felici
Autrice: Scarparo Angela 
 
Editore: Pequod 2005
Collana: Pequod
 
Pagine: 127, copertina flessibile
Prezzo di copertina: € 12,00
 
Il titolo trae in inganno, ma a lettura ultimata ci si rende conto che «famiglie felici» non ce ne sono!
C’è invece un rifugio di montagna, isolato - come usa dire - da Dio e dagli uomini, che è stato comprato da una famiglia facoltosa, gli Aurigemma, per aiutare la nuora a realizzare il sogno di diventare una imprenditrice di successo.
Il rifugio deve essere praticamente trasformato in un hotel di lusso: anche il nome scelto è tutto un programma: «Hotel delle donne!»
In realtà, era un altro il nome a cui Anna aveva pensato, «Shining, come il film di Kubrick…», ma si era detta subito di no.
Le era parso che non portasse bene citare quel film.
Era così angosciante
Anna, in un primo momento, aveva pensato a un hotel dedicato esclusivamente alle donne in cerca di silenzio e riposo, così isolato com’era, raggiungibile solo da chi conosceva i luoghi.
Ma il suocero aveva immediatamente minacciato di toglierle la garanzia bancaria!
 
Tutto, nel lussuoso Hotel delle donne, sembra essere quasi pronto, ma a un mese dall’inaugurazione le prospettive cambiano: ci sono strani e oscuri messaggi, lavori non conclusi, sospetti, ambiguità e… tanta neve, che obbliga l’imprenditrice, il marito, l’architetto, l’assistente, la cameriera, ecc. a rimanere chiusi in un luogo claustrofobico, in un tempo sospeso.
I personaggi sembrano ombre sul palcoscenico…si muovono osservandosi reciprocamente, come se ciascuno avesse qualcosa da nascondere agli altri, o si sentisse spiato.
Di pagina in pagina si infittiscono dubbi e supposizioni, scompaiono donne e cartoncini di invito, mentre una cagnetta, anzi una «canina», ribattezzata «Pinguina» si intrufola provvidenzialmente nel gruppo.
 
Quando vide la testina bicolore della canina avanzare timorosa dietro al gruppo, Anna le fece subito segno di avvicinarsi.
Sorrise.
La strinse forte.
Pensava che qualcosa, qualcosa di positivo, di caldo, una sensazione come di acqua fresca quando uno ha sete, succeda a tutti, prima o poi.
Deve per forza.
Lei aveva Diego per marito.
Ma lei, e solo lei, aveva trovato quella morbida canina.
 
Così, come su un palcoscenico, si susseguono e si sovrappongono quadri diversi: il gruppo-hotel, il paese con le donne che chiacchierano e il commissario che indaga, le due tedesche misteriose, gli Aurigemma capeggiati dalla matriarca Adua, autoritaria come una vecchia badessa.
Quando arrivarono su trovarono la suocera che aveva cominciato a mettere assieme la roba del figlio.
Il marito stava leggendo il giornale seduto su un divano del salotto.
E’ strano come in certe famiglie le suocere si assomiglino: lo stesso modo di impartire ordini al personale, di raccogliere la roba dei figli, persino di vestirsi e  di truccarsi.
 
È Adua a decidere per tutti, a distruggere il sogno di Anna, ma ciò che alla fine del romanzo domina è «sempre quel silenzio della montagna».
Persino la neve che si scioglieva, si sarebbe potuta sentire, con un po’ di attenzione.
Eppure anche un rumore così, senza lo sfondo di altri rumori, diventava triste.
 
Luciana Grillo
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