La poesia generativa di Annachiara Marangoni – Di D. Larentis
«Il corpo folle», ultima raccolta poetica dell’autrice presentata il 7 dicembre alla Biblioteca Civica G. Tartarotti di Rovereto, innanzi a un attento e folto pubblico
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Sabato 7 dicembre 2019 è stato presentato presso la Biblioteca G. Tartarotti di Rovereto, Trento, l’ultimo libro di Annachiara Marangoni dal titolo «Il corpo folle», edizioni Montedit.
A impreziosire l’evento, sostenuto da Lions Club Rovereto Fortunato Depero, l’intervento critico del prof. Paolo Toniolatti e l’accompagnamento musicale dell’arpista Flora Vedovelli.
Come abbiamo in più occasioni ricordato, Annachiara Marangoni è un’apprezzata poetessa e una pedagogista veronese che vive e lavora a Trento da circa 20 anni; attualmente dirige una cooperativa sociale che si occupa di disabilità intellettiva.
Primariamente di formazione scientifica, poi umanistica, da anni si dedica al componimento poetico.
Questa è la sua seconda raccolta di poesie, segue a Nerooro (2013), pubblicato da Montedit, così come ad altre pubblicazioni in diverse raccolte.
La presentazione di ieri al folto pubblico presente in sala è stata emozionante e l’ora e venti trascorsa ad ascoltare le interessanti osservazioni del prof. Paolo Toniolatti, nonché i versi di alcune fra le più belle poesie del volume recitati direttamente dall’autrice, è letteralmente volata, regalando momenti di intensa partecipazione emotiva.
Annachiara Marangoni nel commentare il titolo del libro ha ricordato che Platone ne La Repubblica condanna la poesia, mettendo in guardia i Greci dai poeti definendoli dei folli. Ha Sottolineato che la poesia è dei folli perché l’uso oscillante del linguaggio toglie e mette un senso a seconda di come si utilizzano le parole.
La sua è una poesia colta, mai banale, ogni parola sembra assumere una precisa finalità. I suoi versi sono espressione di una lunga e continua ricerca sul linguaggio, attraverso la loro bellezza e la loro potenza viene trasmessa un’idea lacaniana secondo cui l’esperienza dell’amore presupporrebbe una separazione: assumendo questa prospettiva la richiesta d’amore nascerebbe quindi da una mancanza.
L’amore implicherebbe l’esistenza di un muro, il muro del linguaggio, essendo il linguaggio una struttura di separazione, di conseguenza il cercare nel rapporto di coppia una relazione dove a contare non è più l’altro con la sua identità distinta, vorrebbe dire sostanzialmente rincorrere un amore illusorio.
Arpa per l'inaugurazione.
Quella di Annachiara Marangoni è una poesia autobiografica, attraverso la quale viene data voce a vari personaggi (come ama sottolineare, non è mai lei la destinataria del pensiero), una «poesia generativa» in continuo mutamento, capace di creare nuove significazioni.
L’autrice si pone l’obiettivo di come possa fare la parola a veicolare un preciso significato, visto che l’esperienza descritta non è vissuta dal lettore; si interroga su quale immagine scegliere per trasmettere la sua esperienza, è lei a decidere la modalità attraverso la quale è possibile accedere al suo mondo e al suo «giardino segreto».
Fra gli splendidi componimenti poetici che hanno catturato la nostra attenzione, ve n’è uno che ci ha colpiti perché sembra rimandare all’uomo e a quel destino che lui stesso contribuisce a tracciare, senza esserne consapevole, attraverso le sue scelte non sempre felici.
C’è un processo di relativizzazione in atto, nella nostra epoca nulla sembra essere stabile e definito, tutto è relativo e in perenne trasformazione.
«Destino» di Annachiara Marangoni
Nascosto
come il volto tra le mani
senza nome alcuno.
Daniela Larentis – [email protected]