Un laboratorio trentino è nello spazio – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con il prof. Lorenzo Pavesi, direttore del Dipartimento di fisica e responsabile del Laboratorio di Nanoscienze dell’Università di Trento
Quanto alcuni mesi fa andammo a una conferenza stampa al MUSE di Trento per la presentazione di uno spazio dedicato allo Spazio, nacque un breve ma intenso dialogo su uno degli aspetti più dibattuti non solo dalla scienza ma anche dall’uomo comune: cosa accadde un secondo dopo il Big Bang, la nascita dell’Universo. Noi, che apparteniamo alla categoria dell’Uomo comune, eravamo andati più in là: cosa c’era prima del Big Bang? Ed è qui che intervenne il direttore del Dipartimento di Fisica, spiegando che il concetto di tempo applicato alle origini è totalmente diverso, così come erano diversi i concetti delle altre dimensioni. Inutile dire che un’affermazione del genere, pronunciata da uno scienziato, ci aveva colpiti, al punto che concordammo un appuntamento con il prof. Pavesi, alla ricerca – per giocare sul tema di Proust – del «tempo cambiato». Di qui la nascita di questa intervista, che ci auguriamo possa aiutare i nostri lettori a comprendere che cosa significhi almeno in parte la voce «Ricerca» in Trentino, anzi a Povo. GdM |
Il Dipartimento di Fisica a Trento si occupa di ricerca in settori chiave che spaziano dalla ricerca teorica alle interazioni fondamentali, fisica e cosmologia gravitazionale, fisica nucleare e sub-nucleare, gas ultrafreddi e condensazione di Bose Einstein; gravitazione sperimentale fisica molecolare e atomica, biofisica, biochimica, energetica, ricerca relativa alla formazione; scienze dei materiali e nanoscienze, fotonica e sistemi complessi.
Collabora efficacemente con numerosi centri di ricerca e università e specificamente con l’Agenzia Spaziale Italiana ed Europea (ASI ed ESA), il Consiglio Nazionale per la Ricerca (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN); a livello locale condivide progetti e programmi di ricerca con la Fondazione Bruno Kessler (FBK), la Fondazione Edmund Mach (FEM) e le Aziende di Sanità Locale (APSS).
Il Dipartimento ospita inoltre il Trento Institute for Fundamental Physics and Applications (TIFPA), un’iniziativa congiunta che coinvolge l’INFN, l’Università, l’FBK e l’APSS e le sezioni trentine dell’INO-CNR e dell’IFN-CNR.
Il Dipartimento di Fisica ha come obiettivo spostare la frontiera della conoscenza rispetto al sapere consolidato: esplorare le frontiere del conosciuto alla ricerca di nuove fenomenologie e nuove teorie. Insegna agli studenti il metodo scientifico e la fisica compreso quello che ogni giorno contribuisce a scoprire.
Collabora con le imprese in progetti comuni di ampio respiro su temi di loro interesse come per esempio simulazioni di processi industriali, sviluppo di sensori innovativi, studi delle interazioni radiazione-materia.
I successi del Dipartimento sono supportati e favoriti da un intenso lavoro sperimentale, che trova le sue radici anche nella collaborazione tra la ricerca accademica e il lavoro dei tecnici.
Per riflettere sull'importanza di questo Dipartimento e in particolare delle risorse dedicate alla ricerca, abbiamo incontrato il professor Lorenzo Pavesi responsabile del Dipartimento di Fisica presso l'Università di Trento al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Chi è il Professor Lorenzo Pavesi Laureato in Fisica con 110/110 e lode all’Università di Trento, ha completato la sua formazione con il titolo di Docteur dès Sciences dell'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne. Rientrato a Trento nel 1990, dirige da tre anni il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi. Negli ultimi anni, si è concentrato sulla «fotonica su silicio» dove cerca la convergenza tra l'elettronica e la fotonica, attraverso lo sviluppo delle scienze e tecnologie quantistiche. I suoi interessi comprendono anche sensori ottici, biosensori e celle fotovoltaiche. In fotonica sul silicio è uno dei massimi esperti riconosciuti a livello mondiale, ha organizzato numerose conferenze internazionali, workshop e scuole ed è un oratore frequentemente invitato. Gestisce numerosi progetti di ricerca, sia nazionali sia internazionali. È spesso invitato revisore, monitor o valutatore per progetti di fotonica da diverse agenzie di finanziamento. È autore o co-autore di oltre 350 pubblicazioni, autore di diverse capitoli in libri, editore di oltre 10 libri, autore di 2 libri e detiene sei brevetti. Nel 2001 è stato insignito del titolo di Cavaliere dal Presidente della Repubblica Italiana per meriti scientifici. Nel 2010 e nel 2011 è stato distinguished speaker della IEEE-Photonics society. |
Professor Pavesi, cominciamo dalle origini dell’Universo. Perché lei ha affermato che dapprincipio il concetto tempo - come le altre dimensioni - è completamente diverso da quello che conosciamo oggi?
«Quest’anno festeggiamo il centenario della relatività generale, la teoria con la quale Einstein ha riconciliato lo spazio e il tempo in un unico concetto: essi sono intimamente legati. Non esiste più il tempo come quantità immutabile che scorre sempre con la stessa velocità.
«Il tempo è strettamente legato con lo spazio. Intervalli tra due eventi hanno durata diversa a seconda di come li osserviamo. E’ il paradosso dei gemelli: uno rimane sulla terra e un altro è messo in orbita con velocità prossima a quella della luce. Il gemello a terra invecchia con il nostro orologio mentre quello in orbita molto più lentamente. Come l’universo prima non c’era ed ora c’è, la stessa cosa possiamo pensarla del tempo.
«La teoria che appare più accettata al giorno d’oggi sulla cosmogenesi prevede infatti che l'universo abbia avuto origine da un singolo big bang primordiale. Osservazioni sul moto delle galassie confermano una tale previsione.
«Al momento del big bang tempo e spazio erano concentrate in un singolo punto e da esso hanno avuto origine. Da questo inizio è originato lo scorrere del nostro tempo e quindi non ha senso parlare di un tempo prima.»
Professor Pavesi, quali sono le principali attività di ricerca del Dipartimento di Fisica?
«Il Dipartimento di Fisica è una struttura dell’Ateneo di Trento, che coordina la didattica e la ricerca in fisica su varie tematiche. È composto da 40 tra professori e ricercatori, circa 30 tecnici di laboratorio e dei servizi e di segreteria e circa 45 studenti di dottorato.
«Inoltre collabora in importanti progetti e iniziative con il TIFPA – iniziativa congiunta dell’INFN, UniTN, FBK e APSS.
«Ospita ed ha attività di ricerca congiunta anche con le Unità di ricerca dell'Istituto Nazionale di Ottica, l'Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR e in convenzione con altri istituti del CNR.
«Nello specifico le attività di ricerca sono molteplici e condotte in nove laboratori quali:
• Gravitazione sperimentale
• Biofisica e biosegnali
• Chimica biorganica
• Comunicazione delle scienze fisiche
• Fisica atomica e molecolare
• IdEA (Idrogeno, Energia, Ambiente)
• Struttura e dinamica dei sistemi complessi
• Nanoscienze
• Fisica teorica e computazionale
Vorrebbe spiegarci in poche parole come si svolge e in che cosa consiste l'attività nei vostri laboratori?
«Il Laboratorio Gravitazione Sperimentale si occupa principalmente di rilevazione di onde gravitazionali sia a terra che spaziali. In questo momento è protagonista della missione spaziale LISA Pathfinder (foto seguente) partita lo scorso 3 dicembre dalla base ESA di Korou nella Guiana francese.
«Il satellite farà da precursore tecnologico al primo osservatorio spaziale di onde gravitazionali pianificato dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea), in collaborazione con le agenzie spaziali di diversi Paesi europei, tra cui, in prima linea l’Italia.
«Ciò sarà utile per aprire la strada a un nuovo tipo di astronomia: l’astronomia gravitazionale. Nella missione, il gruppo di tale laboratorio, coordinato dal professor Stefano Vitale, il principale investigatore di LISA Pathfinder, è impegnato da più di dieci anni nella realizzazione di sensori inerziali in grado di cogliere la propagazione delle onde gravitazionali nell’universo.
«Inoltre, tra le sue molteplici attività, si occupa di attività della fisica dello spazio e la fisica dei raggi cosmici e in particolare l'esperimento AMS (spettrometro di antimateria) sulla ISS stazione spaziale orbitante.
«Quest’esperimento ha come obiettivo di chiarire la natura della materia ed energia oscura che sommano a più del 90% di tutta l’energia e la materia dell’universo. Di questa materia ed energia oscura non sappiamo quasi nulla e per questo che la chiamiamo oscura.
«Il laboratorio di Biofisica e Biosegnali si occupa di interpretazione e rilevazioni di segnali delle specie viventi , seguendo due linee di ricerca:
1. Biosegnali cardiaci per mettere appunto metodologie per interpretare in modo più ricco segnali derivanti da elettrocardiogrammi. Altre tipi di analisi strumentali di questo tipo vengono condotte dal punto di vista medico (attività di interazione con l'ospedale di Santa Chiara di Trento nel reparto di cardiologia);
2. Attività nel laboratorio di neurofisica con l'obiettivo di verificare come i segnali dell'olfatto si formano all'interno del cervello (attività di neuroscienza e scienza cognitiva). Si cerca di capire come i processi celebrali siano influenzati da stimoli esterni. In proposito tale laboratorio è in contatto con il CIMEC e la fondazione MAC dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige.
«La ricerca è stata applicata su insetti, più in particolare sull'olfatto delle api per studiare come avviene la ricezione di odori e vedere la fattibilità di una lotta biologica agli insetti infestanti le coltivazioni.
«Le api vengono studiate perché è ancora incognito come la moria delle stesse sia influenzata dai prodotti chimici usati in agricoltura. Inoltre è un modello semplice dell'olfatto e lo studio delle api permette di capire come il cervello interpreta lo stimolo odoroso.
«Il laboratorio di Chimica Biorganica rappresenta una specificità del nostro dipartimento che è assente in altri dipartimenti di fisica. Noi abbiamo chimici che interagiscono strettamente con i colleghi fisici e quindi affrontano i problemi con un approccio interdisciplinare che tende a superare la rigida separazione tra la chimica e la fisica che oggi non ha più molto senso.
«In questo laboratorio con tecniche di spettroscopia e spettrometria si cerca di capire la struttura di composti nuovi che possono avere applicazioni in campo farmaceutico ispirandosi alla natura. Infatti le nuove formulazioni vengono ricercate da prodotti naturali, come per esempio i funghi. Si cerca di trovare una corrispondenza tra la struttura e la funzione esercitata dalla molecola specifica.
«Un esempio di utilizzo e impiego di prodotti naturali sono le molecole presenti nel vino rosso chiamate polifenoli, che sono degli ottimi antiossidanti e spiegano il cosiddetto paradosso francese. In questo laboratorio, è anche in corso un'attività di ricerca, finanziata dalla fondazione Caritro, con una azienda locale che ha come obiettivo di ricavare oli ad alto contenuto di Omega3 dalle trote.
«Gli omega 3 sono una categoria di acidi grassi essenziali per il mantenimento dell'integrità delle membrane cellulari e quindi per la riduzione del colesterolo.»
«Il laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche si occupa della terza missione dell’Università che è trasferire alla comunità le conoscenze sviluppate in ateneo. Riguarda gli aspetti di comunicazione della fisica che viene resa più chiara e comprensibile per il pubblico.
«Particolarmente interessante è la ricerca svolta che mette a punto strumenti e strategie di comunicazione per rendere chiari i concetti senza trascurare il rigore scientifico. Inoltre il laboratorio coadiuva i professori dei licei trentini nello sviluppare nuovi percorsi didattici sulla fisica.
«A tal proposito vengono organizzati dei percorsi didattici su tematiche specifiche quali la gravitazione universale, la meccanica quantistica, la meccanica delle molle ecc. Vengono programmate giornate con porte aperte al pubblico, cicli di seminari o mostre realizzate anche all'interno del Muse di Trento o in collaborazione con il Museo della Scienza di Rovereto.
«Un importante esempio è l’attività di un dottorando di ricerca in comunicazione della fisica, che ha effettuato uno stage annuale in Antartico per svolgere degli studi di climatologia, curandone la comunicazione con le scuole attraverso un blog, per trasmettere la sua esperienza e i limiti incontrati nel lavorare a temperature estreme direttamente dal Polo Sud.»
«Il laboratorio di Fisica Atomica e Molecolare concerne la fisica dei plasmi in due campi: il campo delle stelle e dei processi al loro interno, sintesi delle molecole gassose, e quello ambientale per riuscire a estrarre energia dalle biomasse.
«Con esperimenti sulla terra e in laboratorio si studia una fisica molto simile a quella che avviene sulle stelle nel processo di sintesi di molecole complesse. Si fanno reagire tra di loro dei gas (argon, azoto, metano) e si guardano i prodotti di reazione.
« Si studia quindi come immagazzinare l'energia per mezzo di una reazione sottoforma di una molecola più complessa partendo da molecole più semplici.
Per meglio comprendere le applicazioni pratiche di tale laboratorio si pensi ai pannelli solari che assorbono l'energia solare. Quest'ultima invece che essere immagazzinata in una batteria, si può usare per sintetizzare una molecola complessa che ha bisogno viene rotta liberando energia. In questo caso si parla di combustibile solare.»
«Il laboratorio IdEA (Idrogeno, Energia, Ambiente) studia la metodologia per immagazzinare l'idrogeno, utile come vettore di energia in varie applicazioni per esempio come carburante per automobili. L'obiettivo è mettere a punto nuovi materiali per immagazzinare l'idrogeno in maniera sicura ed efficiente, per sviluppare metodi sempre più sostenibili e quindi abilitare l’idrogeno come vettore energetico a zero impatto ambientale
«A tal proposito nel nord Europa sono già presenti automobili ibride a idrogeno, che presentano però per la loro produzione ancora molti problemi di costi e di economia di spazi.»
Altra attività riguarda la fotocatalisi, ovverossia processi chimici attivati dall’illuminazione. Anche in questo settore le applicazioni sono essenzialmente nel campo dell’energia perché si utilizza per permettere le reazioni chimiche la luce del sole.
Infine in questo laboratorio c’è attiva una linea di ricerca che sviluppo la tecnologia atta a produrre, rivelare ed utilizzare l’antimateria. Si tratta dell’attività in fasci di positroni che sono l’antiparticella dell’elettrone. Avendo carica positiva interagiscono fortemente con la materia e possono essere utilizzati per fare accurati studi dei vari materiali.»
«Il laboratorio di Struttura e dinamica dei sistemi complessi effettua la ricerca in materia soffice con materiali come il vetro e cioè che non hanno una struttura cristallina ben fissa e duratura nel tempo. Infatti il vetro, se riscaldato, si può filare e forgiarlo nelle forme più interessanti- si pensi ai vetrai veneziani.
«La ricerca viene effettuata tramite l'utilizzo anche dei grandi laboratori europei a Grenoble o a Trieste dove sono disponibili sorgenti di luce a Sincrotrone che permettono lo studio della struttura e della dinamiche della materia su scale che non si possono raggiungere in laboratorio.
«Particolarmente impegnativa è l’attività che sviluppa nuove sorgenti di luce, come il laser ad elettroni liberi, o nuove particelle al posto dei fotoni come gli esperimenti che usano neutroni.
«Su questi aspetti il laboratorio è fortemente coinvolto sia nella fase di costruzione delle macchine che nella fase del loro utilizzo.»
«Il laboratorio di Nanoscienze studia sia le nanotecnologie con applicazioni per la biologia che la fotonica o la nanofotonica. E’ molto attivo con progetti europei che coinvolgono vari attori. Per gli aspetti più orientati alla biologia ci occupiamo di sviluppare sistemi per il rilascio di farmaci localizzato in modo da orientare la terapia su bersagli ben definiti. A tal fine si sviluppano nanospugne che possano essere impregnate dai farmaci e che possano essere dirette in un comparto ben definito all’interno del corpo umano.
«Nel campo della fotonica sviluppiamo varie cose. Per esempio abbiamo due progetti in corso che hanno l’obiettivo da una parte di relaizzare una rete di comunicazioni ottiche in un piccolo chip di silicio (assieme alle multinazionali come Ericsson o ST-Microelectronics) il secondo vuole sviluppare biosensori in grado di rilevare tossine nel latte. Quest’ultimo progetto lo svolgiamo assieme alla fondazione Bruno Kessler e al Consorzio Grana Trentino.»
La nostra frontiera però è di applicare le scienze e tecnologie quantistiche alle comunicazioni ottiche in modo da poter realizzare comunicazioni ottiche sicure e, chissà mai se riusciremo, un computer quantistico. Questo progetto è finanziato dalla Provincia.»
«Il laboratorio di Fisica teorica e computazionale conduce ricerche fondamentali a livello teorico basandosi su domande come che cos'è il tempo? Cosa succede alla materia quando entra in un regime molto freddo? Come è fatto un nucleo? Ecc. Inoltre vengono studiate le strutture delle proteine e vengono svolte attività con l'obiettivo di conciliare la teoria quantistica con la teoria gravitazionale.
«Le aree di ricerca sono molto diversificate e non riusciamo a riassumerle qua. A tal fine rimando alla consultazione della pagina del Dipartimento dove possono trovarsi tutti i dettagli.
Il Dipartimento ha depositato parecchi brevetti nati dai vostri laboratori. Ce ne può indicare qualcuno, magari spiegando se sono nati su commissione o spontaneamente? A chi appartengono i diritti dei brevetti?
«Come detto sono in corso diverse collaborazioni a livello locale e internazionale, alcune legate a progetti finanziati dall'Unione Europea.
«La legge dello stato prevede che la proprietà dei brevetti derivati da attività di ricerca sia dei singoli ricercatori. Però la prassi è di cedere questa proprietà all’ateneo visto che il deposito e mantenimento di un brevetto ha costi elevati.
«In tal modo, l’ateneo riesce a mettere in atto strategie di valorizzazione del trovato in modo da promuovere nuova imprenditoria o di innovare le aziende. Nel caso un brevetto venga licenziato, all’inventore spetta un giusto premio che viene riconosciuto dall’Universita.
«Normalmente, detratti i costi di brevettazione e le spese di valorizzazione, si tende a riconoscere il guadagno agli inventori.»
«Sul trasferimento industriale e sulla collaborazione con il mondo imprenditoriale, abbiamo molte attività in atto sia a livello di commesse di ricerca che a livello di iniziative di formazione congiunta.
«Al momento è attiva la collaborazione di un nostro dottorando con una azienda di Riva del Garda per effettuare degli studi su di un problema di interesse industriale.»
Quali competenze fornisce ai laureati e con quali sbocchi lavorativi?
«Il fisico è una figura molto apprezzata dalle aziende perché utilizza una metodologia ben definito, il metodo sperimentale, per la risoluzione dei problemi. Ha una preparazione rigorosa, la capacità di schematizzare un problema in una formulazione analitica e matematica, particolari competenze nel campo del problem solving, della modellazione, della misurazione, della elaborazione di soluzioni. Tutti aspetti che interessano aziende che vogliano promuovere innnovazione nei propri prodotti o processi.
«Al Dipartimento arrivano più di 160-170 domande di iscrizione all'anno e per mantenere alta la qualità della didattica abbiamo introdotto a partire dal settembre 2015 il numero programmato. Si accettano quindi 90 studenti all'anno con due esami di ammissione (aprile, maggio e l'altro a fine estate).
«La motivazione principale è che la capienza dei nostri laboratori didattici è limitata e noi vogliamo dare a tutti gli studenti la possibilità di fare esperienza diretta, una formazione hands.-on che necessita necessariamente un numero ridotto di studenti»
A Trento si parla di un uso diversificato dell’impianto di Protonterapia per studiare gli effetti delle radiazioni dello spazio. Il suo dipartimento è della partita?
«Fisici hanno contribuito a costruire la macchina della Protonterapia, abbiamo assieme ad INFN, FBK e APSS fondato il centro TIFPA, siamo principal investigators di due dei più onerosi e ambiziosi esperimenti di fisica nello spazio in campo europeo, un nostro collega è presidente dell’agenzia spaziale italiana. Vede quindi che queste ricerche ci vedono profondamente coinvolti ed anzi sono stati dei colleghi del Dipartimento a promuovere queste iniziative.»
All'inizio ci ha accennato alla sonda spaziale Lisa Pathfinder, che fa parte di un progetto cui ha partecipato in maniera sostanziale anche l'Università di Trento. Direttore, cosa c'è nella sonda del Dipartimento di Fisica?
«Molto. Nel senso che il gruppo di lavoro internazionale è coordinato dal prof. Stefano Vitale del Dipartimento.
«In particolare in Dipartimento hanno curato il progetto del rivelatore inerziale che è stato fabbricato da un'azienda italiana e messo sulla sonda spaziale.
«Chiaramente per arrivare al progetto sono state fatte tutte una serie di misure e di simulazioni che hanno permesso di finalizzare i dettagli progettuali.
È da tempo che studiate la realizzazione di un osservatorio spaziale «a onde gravitazionali». Potrebbe dirci in cosa consiste?
«Il LISA Pathfinder è il precursore tecnologico dell’osservatorio spaziale di onde gravitazionali pianificato dall’ESA come terza grande missione nel suo programma scientifico Cosmic Vision.
«In particolare, la sonda intende mettere alla prova il concetto di rivelazione di onde gravitazionali dallo spazio dimostrando che è possibile controllare e misurare con una precisione altissima il movimento di due masse di prova (in lega d’oro e platino) in una caduta libera gravitazionale quasi perfetta, che verrà monitorata da un complesso sistema laser.
«Quindi nell'osservatorio spaziale saranno messe delle versioni 2.0 di queste masse ma ad una distanza di milioni di km e non di qualche centimetro come in LISA Pathfinder.
«Lo spostamento relativo di queste masse distanti milioni di chilometri misurato tramite un interferometro laser permetterà quindi di osservare le onde gravitazionali.
«In pratica sarà una triangolazione fatta con satelliti molto distanti nello spazio. Molti più dettagli si possono trovare sul sito del laboratorio onde gravitazionali del dipartimento.»
Nadia Clementi – [email protected] – www.ladigetto.it
prof. Lorenzo Pavesi - e [email protected] - www.unitin.it