Storie di donne, letteratura di genere/ 144 – Di Luciana Grillo
Emilia Bersabea Cirillo, Non smetto di aver freddo – Bella prova per la Cirillo che con questo romanzo manifesta una piena maturità di scrittrice
Titolo: Non smetto di aver freddo
Autrice: Emilia Bersabea Cirillo
Editore: L'Iguana 2016
Collana: Verde
Pagine: 348, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
La copertina è di una semplicità esemplare: su carta ruvida color panna spiccano due gambe magre di ragazzina, calze a righe e ginocchio sbucciato.
L’autrice, Emilia Bersabea Cirillo, architetta di professione e abile costruttrice di storie, ci presenta in parallelo la vita di due donne, Dorina, «alta e sottile, i capelli biondi lunghi trattenuti da due fermagli di osso, aveva varcato la soglia reggendo un fascio di margherite colorate… Bella, ma ha gli occhi tristi…» e Angela «crudele!... bruttina, con quell’espressione da ranocchia miope, gli occhiali troppo grandi per il suo viso e il mento che finiva ad angolo acuto.»
Vissute in orfanotrofio sotto il controllo di suor Vittoria, si attraggono e si respingono.
Angela ammette senza incertezze: «La odiai subito perché era di una bellezza inconsapevole, latte e miele. Mi si avvicinò, disse il suo nome e mi invitò a giocare… era talmente ingenua che ascoltava tutte le mie storie a bocca aperta».
Dorina, «dopo la partenza di Angela… non aveva più giocato a mosca cieca. Al tramonto, con qualunque tempo, saliva sul terrazzo e correva tutt’intorno finché aveva fiato. Non era nemmeno più entrata in cucina.»
La vita le divide, il caso le fa ritrovare in carcere, dove Dorina è cuoca e Angela è detenuta.
Di capitolo in capitolo, in ciascuna di loro affiorano ricordi e sensazioni, mentre per Dorina la vita familiare si complica e per Angela la detenzione è sprofondare in un baratro senza fondo, in un silenzio assordante.
«Io non parlo. Tacere è un’arma solida, si diventa impenetrabili.»
Dorina è stanca del marito Walter, brusco e scontento, in crisi perché teme di perdere il lavoro, affaticata dal grigiore della routine «bambina, casa, lavoro, ecc», ha nostalgia di tenerezza, di calore, «non ama l’inverno, il freddo che si attorciglia alle ossa, la condensa che si rapprende sui vetri.
«Non si è mai abituata al clima di quella città nebbiosa, a certi giorni bui di novembre, alle nevicate che congelano le case e i gesti.»
Aver ritrovato Angela è ritornare al passato, all’infanzia senza famiglia, al freddo che penetrava nelle ossa.
La sua gioia è cucinare, replicando le ricette di suor Ermelinda. Ha conservato con cura «i quaderni…nel cassetto della credenza, in soggiorno. Neri, col bordo rosso e una targhetta sulla copertina…» e realizza con piacere piatti saporiti, anche «’e mulegnane c’a ciucculata» per la detenuta Angela che da bambina le mangiava avidamente.
Con le aiutanti, che collaborano con lei parlando incessantemente di amiche comuni, di amori infelici, di soldi, di gravidanze non desiderate, Dorina sembra estraniarsi, soprattutto nell’«ora degli odori, dello sfrigolio, dell’attesa… È l’ora di un lavoro ordinato e paziente, che più di tutto le ricorda il convento, la cucina col soffitto a volta e la luce che entrava attraverso la finestra sul chiostro, suor Ermelinda che imburrava le placche su cui stendeva le crostate di marmellata.»
Altra vita per Angela, orfana testimone di violenza familiare, ospite dell’orfanotrofio, adottata da una nuova famiglia e comunque sola, sempre sola e disperata, innamorata forse di un uomo per il quale diventa assassina: «Vent’anni di reclusione, vent’anni, per sempre… Le ore avranno profumo di lavanda, i minuti odore di canfora… Una pillola bianca, un’altra e un’altra, come se infilassi perline in una collana dentro il mio corpo.»
Solo per Dorina c’è la speranza di un cambiamento, ma questa speranza non rende il romanzo meno forte e terribile.
È come se il male avesse permeato luoghi e persone, senza possibilità di redenzione o riscossa.
Bella prova per la Cirillo che con questo romanzo manifesta una piena maturità di scrittrice che, alternando la voce dell’una e dell’altra, il passato e il presente, ci porta nel mondo senza tempo delle fabbriche che chiudono e degli uomini che emigrano.
Luciana Grillo
(Recensioni precedenti)
P.S. In questa rubrica è stato recensito il romanzo «Una terra spaccata» della stessa autrice,(vedi) citata anche nel saggio «Costruire Letteratura con mani di donna – Scrittrici italiane del ’900 e oltre» (Curcu&Genovese).