L’Egitto in rivolta contro se stesso – Di Miryam Scandola
Continua nel paese la lotta dell'anima laica contro quella religiosa dopo i decreti assolutistici del presidente Morsi
Si tolgono e lanciano le scarpe, gli egiziani infuriati: non c'è offesa più grande nel mondo arabo.
La patria delle piramidi aveva sfilato i suoi calzari anche il 10 febbraio 2011, nel pieno dei livori rivoluzionari, quando Mubarak tentennava circa le sue dimissioni.
E ora l'indignazione torna a scivolare nelle piazze e a precisarsi nelle grida e nei volti arrabbiati della gente che ha creduto alla rivoluzione.
L'Egitto giovane, laico, liberale urla forte e non accetta di farsi tiranneggiare dai decreti, pericolosamente autoreferenziali, del neoeletto Morsi.
Dopo solo un giorno dagli elogi internazionali per il ruolo svolto nella mediazione Hamas-Israele, infatti, il presidente gioca d'azzardo e con una dichiarazione costituzionale si attribuisce poteri illimitati, esautorando il diritto di veto dell'opposizione e sottomettendo la magistratura al suo volere.
«Temporaneamente», ci tiene a precisare il nuovo faraone, che pone l'esito del referendum popolare circa la nuova costituzione, come termine ufficiale per la fine del suo «assolutismo temporaneo».
Ma in attesa del 15 dicembre, giorno fissato per il referendum, nessuna istituzione può cancellare i decreti promulgati dal presidente dall'inizio del suo mandato.
Così facendo, oggi, nella terra del Nilo, si assiste a un tirannico accumulo di poteri nell'unica figura di Mohamed Morsi che ha il monopolio dell'esecutivo, del legislativo (offertogli con la gentile concessione dei militari del Consiglio supremo delle Forze armate “Scaf”, in assenza del parlamento) e ora anche del giudiziario.
I lavori costituzionali, intanto, sono andati avanti e hanno portato all'approvazione, dopo un tour de force notturno, del nuovo testo costituzionale, nella giornata del 30 novembre.
Nonostante le defezioni dell'ala liberale e dei rappresentanti delle altre chiese, gli articoli sono stati discussi e votati in modo frettoloso.
Forse troppo frettoloso.
La nuova costituzione, che avrebbe dovuto scrivere e sancire la rivoluzione, assomiglia infatti pericolosamente a quella del passato, dove i diritti erano spesso confinati, ridimensionati e talvolta negati dalle leggi parlamentari.
Preoccupa soprattutto la formulazione islamica del secondo articolo in cui si elegge la Sharia a principio primo della legislazione.
Ma la variegata galassia dell'opposizione, consapevole del consenso notevole di cui gode il compatto partito dei Fratelli musulmani, si oppone fieramente al referendum costituzionale.
La roccaforte laica teme infatti che lo scenario dell'Egitto del futuro possa essere deciso, oltre che da una maggioranza islamica e da un presidente sfacciatamente religioso, anche da una costituzione eccessivamente permeabile all'Islam.
I nebulosi e vaghi contorni di alcuni articoli, come nel 'capitolo donne' dove si riconosce genericamente «l'uguaglianza tra tutti gli egiziani», lasciano ampio margine di fraintendimento.
E così, mentre la rabbia del Cairo liberale incendia il quartiere generale dei Fratelli Musulmani nella serata di giovedì 6 dicembre, i fedelissimi di Morsi infiammano le piazze con urla e cartelli.
Una tenzone, quella tra i due volti dell'Egitto, che inizia ad avere toni sempre più violenti, con un bilancio ad oggi di 7 morti e oltre trecento arresti.
A nulla sono valsi gli appelli al dialogo del presidente, liquidati dalle dichiarazioni lapidarie di Elbaradei, membro di spicco dell'opposizione, che ha invece sottolineato come i 17 cortei che muoveranno verso il palazzo presidenziale venerdì pomeriggio, saranno «una sorta di ultimatum finale»contro le assurdità teocratiche di Morsi.
Si è parlato di difendere gli ideali della rivoluzione, di sfuggire la transizione, di assicurare la stabilità, della Sharia sì, della Sharia no.
Ma la democrazia è forse l'unica cosa che tutti si sono scordati di accennare, dimentichi forse che essa diventa possibile solo se a parlare si è in due.
I monologhi, mai come adesso, sono pericolosi.
Miryam Scandola