Papa Francesco, «Fratelli tutti» – Di Daniela Larentis

L’Enciclica su fraternità e amicizia sociale del Santo Padre ispirata al Santo di Assisi, raccolta in un volume fresco di stampa, è un invito a vivere un Natale più autentico

>
Forse il senso del Natale lo si può trovare anche in un libro, soprattutto se a scriverlo è il Papa.
Stiamo parlando di Papa Francesco e di un volume fresco di stampa, il testo della terza Lettera Enciclica di Papa Francesco sulla fraternità e l'amicizia sociale firmata ad Assisi il 3 ottobre 2020.
«Fratelli tutti - Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale» (Libreria Editrice Vaticana, 2020, Edizioni san Paolo, 2020) è accompagnato da una tanto preziosa quanto esaustiva guida alla lettura di Alessandra Smerilli, docente di Economia politica presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium», Consigliere dello Stato della Città del Vaticano (indici a cura di Giuliano Vigini).
 
Articolata in otto capitoli, si ispira al santo di Assisi e ruota attorno a due concetti chiave, la fraternità e l’amicizia sociale, indicando le vie per costruire un mondo più giusto, più fraterno, una fraternità, quella promossa, fatta non solo di parole. Il titolo si ispira allo scritto di San Francesco: «Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce» (Ammonizioni, 6, 1: FF 155) ed è uno dei punti cardine del magistero di Francesco.
Come viene spiegato, traendo spunto da una citazione del santo rinvia al concetto di fratellanza universale, il cui significato è il cuore dell’Enciclica stessa.
Leggiamo nella prefazione: «La pubblicazione di questo titolo, ancor prima che si potesse leggere il contenuto dell’intero testo, ha suscitato non poche reazioni di perplessità sull’utilizzo del maschile, che soprattutto in alcune culture è sembrato escludere le donne. Il testo è in realtà equilibrato e presenta molte aperture ed esortazioni ad andare proprio in senso opposto […]».
 
Quale significato attribuire all’espressione «amicizia sociale» che salta agli occhi leggendo il sottotitolo?
È la stessa Alessandra Smerilli a spiegarlo: «Di solito, quando parliamo di amicizia, intendiamo una forma di amore elettiva: gli amici si scelgono, i fratelli no. Viene spontaneo dunque chiedersi come si possono mettere insieme i due termini amicizia e sociale e accostarli poi alla fraternità. Credo che questo sia il cuore del messaggio che Papa Francesco vuole fare arrivare a tutti gli uomini di buona volontà, a cui è rivolta l’Enciclica. Portare nel cuore della fraternità universale il TU dell’amico ed eleggere come amici i fratelli vicini e lontani.
«Questo rende l’amicizia non una faccenda privata, ma una categoria sociale. Nello stesso tempo rende concreta la fraternità e le dà il sapore dell’elezione: non scegliamo di essere fratelli, ma se lo assumiamo possiamo rendere amici i fratelli. Questo accade solo se abbiamo il coraggio di baciare e abbracciare i lebbrosi che incontriamo lungo le nostre strade […].»
L’amicizia sociale, sottolinea Smerilli, è quindi una forma di amore, «frutto di quell’amore che ci spinge ad uscire da noi stessi per andare incontro all’Altro».
 
Un altro argomento toccato da Papa Francesco è quello relativo alla guerra, «negazione di tutti i diritti», lui la condanna, ritenendola non più pensabile nemmeno nei termini ipotetici di guerra giusta.
Scrive in un interessante passaggio sul tema della pace: «oggi i processi di pace sono fortemente minacciati dalle disuguaglianze di opportunità, di accesso al cibo, di diritti, in altre parole dalla mancanza di uno sviluppo umano integrale. La pandemia ha accelerato e aggravato questi problemi: non è per niente semplice vivere in pace quando si ha lo stomaco vuoto».
 
«A cosa servono arsenali per essere più sicuri, se poi basta una manciata di persone infette per far dilagare l’epidemia e provocare tante vittime?»
È l’interrogativo sollevato da Smerilli nella guida alla lettura dell’Enciclica, evidenziando la proposta del Papa: «Papa Francesco propone che con le risorse che si libereranno dagli acquisti di armi sia costruito un fondo mondiale per risolvere il problema della fame nel mondo.».
Potrà sembrare un’utopia, del resto le grandi trasformazioni implicano sempre un andare oltre.
Ribadisce Smerilli a tal proposito: «Le grandi trasformazioni non avverranno mai se non c’è qualcuno che inizia ad andare oltre, che provi ad allargare gli orizzonti rispetto agli interessi particolari di ciascuno. Ce lo ricorda il Papa stesso che bisogna andare verso un oltre utopico, in cui l’utopia è critica della realtà che ispira la ricerca di nuove strade».
 
Particolarmente interessante, anche per l’attualità dell’argomento, sono le parole di Papa Francesco contenute nel capitolo primo «Le ombre di un mondo chiuso», a proposito di Le pandemie e altri flagelli della storia. Leggiamo a pag. 53 (32): «Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti.
«Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme. Per questo ho detto che “la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità […]. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ego sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.»
 
Un pensiero particolarmente interessante, sempre afferente al capitolo primo, è quello riportato in «Sottomissioni e disprezzo di sé».
Leggiamo a pag. 66 del volume (51): «Alcuni Paesi forti dal punto di vista economico vengono presentati come modelli culturali per i Paesi poco sviluppati, invece di fare in modo che ognuno cresca con lo stile che gli è peculiare, sviluppando le proprie capacità di innovare a partire dai valori della propria cultura.
«Questa nostalgia superficiale e triste, che induce a copiare e comprare piuttosto che creare, dà luogo a un’autostima nazionale molto bassa. Nei settori benestanti di molti Paesi poveri, e a volte in coloro che sono riusciti a uscire dalla povertà, si riscontra l’incapacità di accettare caratteristiche e processi propri, cadendo in un disprezzo della propria identità culturale, come se fosse la causa di tutti i mali.»
 
E ancora (52): «Demolire l’autostima di qualcuno è un modo facile di dominarlo. Dietro le tendenze che mirano ad omogeneizzare il mondo, affiorano interessi di potere che beneficiano della scarsa stima di sé, nel momento stesso in cui, attraverso i media e le reti, si cerca di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti.
«Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono. D’altra parte, ignorare la cultura di un popolo fa sì che molti leader politici non siano in grado di promuovere un progetto efficace che possa essere liberamente assunto e sostenuto nel tempo.»
 
Papa Francesco dà ampio spazio alla speranza, leggiamo infatti, a conclusione del primo capitolo: (54): «Malgrado queste dense ombre, che non vanno ignorate, nelle pagine seguenti desidero dare voce a tanti percorsi di speranza. Dio infatti continua a seminare nell’umanità semi di bene. La recente pandemia ci ha permesso di recuperare e apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita.
«Siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa: medici, infermieri e infermiere, farmacisti, addetti ai supermercati, personale delle pulizie, badanti, trasportatori, uomini e donne che lavorano per fornire servizi essenziali e sicurezza, volontari, sacerdoti, religiose…, hanno capito che nessuno si salva da solo.»
 
Una società fraterna è, afferma il Papa, quella che promuove il dialogo e abbatte i ponti, non li costruisce. Dal sesto capitolo, in particolare, emerge l’idea di vita come «arte dell’incontro» (il capitolo è intitolato Dialogo e amicizia sociale, pag. 185).
L’Enciclica è, naturalmente, da leggere nella sua interezza, ma già questi pensieri meritano una profonda riflessione, sono un po’ un invito a vivere un Natale più autentico e profondamente sentito.

Daniela Larentis - [email protected]