Storie di donne, letteratura di genere/ 255 – Di Luciana Grillo
Maria Rosa Franzoi Del Dot: «Due passi più in là - La vera storia del procuratore K. e del suo ignaro lettore – Una nuova ricognizione sull'opera Kafkiana
Titolo: Due passi più in là - La vera storia del
procuratore K. e del suo ignaro lettore
Autrice: Maria Rosa Franzoi Del Dot
Editore: Erickson 2018
Pagine: 76, brossura
Prezzo di copertina: € 11
Maria Rosa Franzoi Del Dot è da tempo una appassionata studiosa di Kafka.
Ha già pubblicato tre interessanti saggi dal 1981 a oggi, uno dei quali - Kafka. Nella metafora kafkiana il processo alla parola - è entrato nella cinquina finale del Premio Viareggio.
Dunque ci troviamo di fronte a una studiosa attenta e competente, incoraggiata a proseguire i suoi approfondimenti anche da Primo Levi che nel 1983 apprezzò la limpidezza del linguaggio e l’originalità della tesi, a proposito del testo appena citato.
Nel secondo saggio, Franzoi Del Dot avvicina Kafka a Manzoni (I sottintesi di un uomo di garbo. Da Kafka a Manzoni – 1992/2015), nel terzo si concentra ancora su Kafka, esaminando Le carte truccate di Franz Kafka. Le maschere del doppio. Correva l’anno 2012.
«Due passi più in là» è il saggio che consente alle lettrici e ai lettori di compiere un nuovo e significativo approfondimento dell’opera e del pensiero di Kafka: l’autrice parte dalla considerazione che la lingua di Kafka è solo apparentemente la lingua materna, per la quale il Nostro provava antipatia già da bambino: «Diventa insofferenza e rifiuto quando scopre lo yiddish, la lingua dei padri».
A questa lingua nuova, che lo riporta alle origini della sua famiglia, Kafka dedica nel 1912 un «Discorso sulla lingua yiddish e lo fa in modo chiaro, deciso e appassionato», pur rendendosi conto che «lo yiddish è una lingua da emarginati, per un ebreo di un certo rango è una lingua tutta da dimenticare».
Per i romanzi e i racconti, continua a servirsi della lingua tedesca per scrivere storie che imprigionano chi legge e lo chiudono in una sorta di labirinto per uscire dal quale «il lettore deve disobbedire allo scrittore, negare credibilità alla sua scrittura», scoprire insomma un linguaggio diverso, nascosto, clandestino…
Kafka lascia a chi legge questa libertà che invece toglie ai suoi protagonisti: «Carlo Rossmann, il protagonista del romanzo America, non avrebbe mai disobbedito al maestro… Carlo non solo rispetta le regole, ma le ama».
E anche qui Franzoi Del Dot riprende il discorso sul doppio linguaggio: «C’è il linguaggio del capo cameriere, dove la violenza è mascherata dietro il regolamento, e c’è il linguaggio del capo portiere Teodoro, nella cui brutalità la violenza è ben visibile, è in presa diretta sotto gli occhi del lettore».
Inganno, dovere, ordine sono le parole di Kafka, come bugia, che «governa il mondo». Non per niente, il cappellano sottolinea che «Non bisogna credere che tutto sia vero… ma che tutto è necessario».
Kafka scrive, racconta, pubblica, anche se sostiene che gli ebrei tedeschi, aspiranti scrittori, si trovano ad affrontare tre difficoltà: «l’impossibilità di non scrivere, l’impossibilità di scrivere in tedesco, l’impossibilità di scrivere diversamente» per arrivare a realizzare «una letteratura zingara che aveva rubato dalla culla il bambino tedesco».
E dunque usa un linguaggio per così dire «istituzionale» che chi legge comprende con semplicità ed uno visivo che «si esprime per immagini e gestualità». Compito di chi legge è pertanto riflettere e analizzare il testo per capire il linguaggio numero 2.
Né deve sfuggire la presenza dell’ideologia sempre presente - sotto varie forme - nell’universo kafkiano, intesa come regola, ordine, rifugio, tana, castello, regolamento di cui sono custodi inflessibili i padri, come nel notissimo racconto La metamorfosi, quelli che «cacciano il figlio di casa… lo condannano a morire…».
I lettori e le lettrici sono coinvolti in storie di cui riconoscono l’assurdità, eppure non riescono a liberarsene, sono come prigionieri di un incantesimo, bloccati in un campo magnetico, avviluppati nei mille sotterfugi della tecnica narrativa.
Sempre ritorna nelle pagine di Kafka l’ombra del ghetto.
Luciana Grillo – [email protected]
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