Di quale famiglia parliamo? – Di Giuseppe Maiolo

Ci sono famiglie tradizionali, famiglie allargate, famiglie corte e famiglie di fatto... Famiglie aperte, famiglie chiuse, famiglie vuote e famiglie violente...

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Le luci dei riflettori del Sinodo dei Vescovi si sono accese da ieri sulla famiglia che ormai da tempo e da più parti è oggetto di studi, ricerche e riflessioni.
Di sicuro c’è una grande enfatizzazione di quella che è un’istituzione per certi versi naturale e per altri frutto di un processo culturale e quindi sottoposto a continue trasformazioni.
La Chiesa se ne occupa, come recita il sottotitolo, in un contesto di Evangelizzazione, mentre a ciascuno di noi è dato, molto più umilmente, provare a cercare di capire dove si trova la famiglia del terzo millennio e quali fisionomie riflette.
Le grandi mutazioni della struttura sociale ed economica hanno trasformato e stanno trasformando il fare famiglia al punto tale che le tipologie familiari sono talmente tante da rendere difficile una elencazione.
 
Per quanto riguarda le strutture familiari che oggi ritroviamo nella nostra società, accanto alla famiglia tradizionale, quella composta da due genitori e da uno o due figli che è quasi scomparsa, vi è in misura sempre crescente la famiglia allargata, cioè quella dei separati in cui i figli si trovano a confrontarsi con nuovi parenti e nuovi fratelli.
Ma è in aumento anche la famiglia corta, monoparentale, che per motivi diversi (il divorzio o la morte di un genitore) è costituta da un solo genitore con i figli.
Poi c’è la famiglia di fatto quella la cui convivenza non è determinata da vincoli matrimoniali e dove la legislazione italiana, pur riconoscendo i diritti dei figli, non offre ancora adeguate tutele ai partner.
E da qualche tempo, si parla di famiglie arcobaleno quelle che, composte da coppie omosessuali, hanno figli nati da precedenti relazioni eterosessuali, o hanno assunto la genitorialità secondo diverse modalità e scelto deliberatamente di fondare una famiglia sulla responsabilità condivisa, l’amore e il rispetto reciproco.
 
Qualunque sia, comunque, la struttura di famiglia in cui si vive, ad essere fondamentali per la crescita degli individui che la compongono e in particolare per i figli, sono le relazioni.
Corte, lunghe o colorate le famiglie si caratterizzano per come si vive dentro, per i rapporti che si instaurano e si sviluppano all’interno.
Così, non c’è un modo specifico di essere famiglia, ma vi sono diverse tipologie che si possono ritrovare in ogni struttura familiare le cui caratteristiche peculiari determinano nei membri che la compongono, reazioni e comportamenti specifici e soprattutto producono benessere o disagio.
Le tipologie che si incontrano sono tante, ma almeno quattro sono le più significative e possono essere sinteticamente descritte.
 
C’è ad esempio la famiglia aperta, quella che offre ampi spazi di confronto tra i componenti dove prevale la disponibilità al confronto, la flessibilità del pensiero e la tolleranza delle posizioni altrui.
Non c’è chi comanda e chi obbedisce, perché le interazioni sono di tipo cooperativo, anche se le regole esistono e si cerca la mediazione delle diverse posizioni.
C’è la sufficiente “apertura mentale” utile a trovare accordi sulle cose fondamentali e i ruoli genitoriali sono elastici perché si adeguano alle necessità dei figli e alle esigenze della vita familiare.
L’apertura è anche rivolta alle relazioni sociali che in questa famiglia sono curate ed estese.
 
Ma c’è anche la famiglia chiusa quella che, al contrario, ha spazi relazionali ristretti in quanto l’organizzazione interna è rigida e dove scarsi sono anche i rapporti sociali.
I ruoli sono solitamente ben definiti in quanto c’è chi fa questo e chi fa quello.
Di solito la madre è delegata ad occuparsi dell’educazione, dei rapporti affettivi, della scuola, mentre il padre è colui che stabilisce detta le regole e la disciplina, controlla e sanziona.
Il clima in cui si sviluppano le relazioni in questa famiglia è gerarchico.
La discussione e il confronto non sono molto accettate e le richieste dei figli sono interpretate come capricci o pretese.
Prevalgono come valore l’obbedienza, l’ordine e la compostezza del comportamento e sono scoraggiate le richieste di autonomia dei figli.
 
Poi possiamo incontrare la famiglia vuota la cui nota più significativa è quella di non avere al suo interno evidenti figure di riferimento.
Il vuoto è rappresentato dall’assenza di autorevolezza e di normatività dei genitori.
Non c’è nessuno che dia regole o metta confini e, soprattutto, nessuno che rappresenta per i figli un modello da seguire o imitare.
È un ambiente povero di relazioni affettive, dove lo scambio delle manifestazioni è assai limitato: ci si abbraccia poco o niente, ci si saluta appena e molti contatti fisici sono appena formali, certamente privi di partecipazione.
In questa famiglia non è raro che vi sia paura di esprimere i sentimenti perché c’è il timore di non riuscire a controllarli. Il che genera tra i membri rigidezza e freddezza.
 
Infine ci si imbatte anche nella famiglia violenta che è un tipo di famiglia nella quale non necessariamente si fa uso di violenza fisica. A volte la violenza è rappresentata dalla mancanza di una vera e propria protezione oppure dalla tendenza alla trascuratezza sia essa materiale o affettiva.
Ci si occupa poco dei bisogni dei figli, se ne trascura l’ascolto delle loro necessità e, a leggere il rapporto sulla violenza ai minori di Terre des Hommes e Cismai*** del 2014, questi comportamenti purtroppo sono in drammatico aumento.
In questo contesto familiare la violenza allora è sottile, invisibile, nascosta tra le pieghe di relazioni problematiche ma sotterranee e si esprime attraverso forme di maltrattamento che, ad esempio, possono essere anche semplicemente quello di non accettare il bambino per quello che è e per quello che prova.
Insomma questa rapida e sintetica rappresentazione delle varie forme di famiglia, mette in evidenza quanto attiene alla dimensione relazionale, cioè al modo con cui si coniuga la comunicazione interna e a come si vivono o si espongono gli affetti.
È di questo che ci si dovrebbe maggiormente occupare ma non solo di fronte al disagio, quanto piuttosto per prevenire le risposte disfunzionali che lo stare insieme può produrre.
 
Giuseppe Maiolo - [email protected] - Precedenti
Psicoanalista di formazione junghiana, scrittore e giornalista, specialista in clinica dell’adolescente.

 
*** Terre des hommes, CISMAI, Maltrattamento sui bambini: quante vittime in Italia?